E’ il caso del Concorso del Comune di Roma, di altri concorsi relativi all’esame di Stato e per funzionari pubblici, nonché di quello dei famigerati test di ingresso ai Corsi di Laurea universitari.
La parola “fine” e il sigillo finale su una battaglia iniziata nel 2006/07 è ad opera di una sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dove finalmente si afferma che il criterio dell’anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso, nonché in generale, in tutte le selezioni pubbliche, costituisce diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza nonché di buon andamento ed imparzialità della P.A., che deve sempre operare senza lasciare spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati.
Il detto criterio deve assumere una valenza generale ed incondizionata, mirando ad assumere la piena trasparenza di tutte le procedure pubbliche selettive, costituendone uno dei cardini portanti.
L’esigenza dell’anonimato deve però tradursi a livello normativo in “strette regole in grado di tipizzare rigidamente e compiutamente il comportamento della Pubblica Amministrazione, con una serie di minuziose cautele e accorgimenti prudenziali”.
Quando l’Amministrazione si discosta in modo percepibile da tali regole comportamentali si determina quindi una illegittimità rilevante e insanabile, venendo in rilievo una condotta offensiva, ovvero connotata dall’attitudine a porre in pericolo o minacciare il bene protetto.
Mutuando la terminologia penalistica, l’Adunanza Plenaria afferma che la violazione dell’anonimato nei concorsi pubblici comporta una illegittimità di “pericolo astratto”, cioè un vizio derivante da una violazione della norma presupposta, sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettività della lesione.
L’Adunanza Plenaria va poi oltre, spingendosi a valutare il caso in esame, ritenendo che la Commissione dell’Università non sia incorsa in irregolarità modeste o veniali, da risultare giustificabili alla stregua del principio di ragionevolezza e proporzionalità.
Il caso sottoposto riguarda i noti test di accesso ai Corsi di Laurea in Medicina e Odontoiatria, dove spesso avvengono plurime violazioni dell’anonimato. Molte commissioni sono solite richiedere ai candidati di esibire la carta di identità sul tavolo accanto alla griglia del test che contiene il c.d. codice segreto; in tal modo l’abbinamento tra codice segreto e nome è cosa fatta! Altre violazioni dell’anonimato verificatesi in questi anni sono stati: l’apposizione di una targhetta con nome, cognome e codice segreto sul petto, nonché la riconsegna dei compiti in ordine alfabetico.
Nel caso rimesso all’esame dell’Adunanza Plenaria, la commissione ha predisposto un elenco alfabetico dove accanto al codice segreto vi è una casella da riempire dove associare il nome del candidato; in questi anni le dette violazioni dell’anonimato sono state, nell’ordine, censurate dal Tar Cagliari (I Sez. Sent. n. 229 e n. 230 del 2013) Tar Molise (III Sez., Sent. n. 396/2013).
In tutti questi casi il comportamento delle Commissioni di Ateneo aveva superato la soglia di c.d. criticità, mettendo a rischio tutti gli accorgimenti prefissati a livello normativo generale e di settore al fine di assicurare l’anonimato nella fase di correzione.
Conclude l’Adunanza Plenaria con il principio di diritto secondo il quale: “Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle pubbliche selezioni di stampo comparativo, una violazione non irrilevante della regola dell’anonimato da parte della Commissione determina de iure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza la necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione”.
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Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato: Concorsi pubblici a rischio per violazione dell’anonimato
E’ un problema che rinveniamo in quasi tutti i concorsi pubblici italiani, in cui vengono spesso violati i principi di segretezza che devono essere sottesi ad ogni prova scritta concorsuale.
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