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TRASFERIMENTI DALL’ESTERO

Da molti anni l’Unione degli Universitari, per il tramite dello Studio legale Avvocato Michele Bonetti & Partners, patrocina le cause sui trasferimenti dall’estero, materia che coinvolge oltre quarantaquattromila giovani costretti a fuggire fuori dall’Italia per poter studiare

, materia sempre più attuale, scenario di diversi orientamenti che vedono "protagonisti" il Consiglio di Stato ed i Tribunali amministrativi regionali.

Prima facie, è doveroso evidenziare come il recente ed autorevole orientamento giurisprudenziale sia ormai del tutto favorevole alla possibilità dei trasferimenti dall’estero, precisandosi, segnatamente, come quasi tutti i TAR, nonostante l’oscillante orientamento del Consiglio di Stato sulla questione, stiano costantemente pronunciando sentenze di accoglimento.

Certo, non può ignorarsi l’indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato in suddetta materia, tuttavia, del pari, si ritiene opportuno segnalare la posizione emersa sia in sede consultiva (Consiglio di Stato, Adunanza di Sezione del 12 gennaio 2011, II sezione, numero affare 03286/2010) sia in sede giurisdizionale (Cons. Stato, Sez. II, par. 20 aprile 2011, n. 1555), dove è stato chiarito che la mancata concessione del trasferimento non può affatto dipendere dal mancato superamento del test di ammissione in Italia, ma deve necessariamente passare per la verifica in concreto del curriculum accademico del richiedente. Sul punto infatti il Consiglio in sede consultiva ha affermato che "la vigente normativa europea, in particolare l’articolo 2 della legge n. 148 del 2002, che ratifica e dà esecuzione alla convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella regione europea, stabilisce la competenza delle università, nell’ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, in merito alle valutazioni di equivalenza per il riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all’estero e dei titoli di studio stranieri. Ciò ai fini dell’accesso all’istruzione superiore, del proseguimento degli studi universitari e del conseguimento dei titoli universitari italiani. Il ministero non avrebbe quindi potuto sollecitare l’università a rinunciare all’esercizio di una sua potestà e l’università ha quindi motivato, in maniera illegittima, il provvedimento impugnato, non avendo peraltro fatto riferimento a nessun altro ostacolo all’accoglimento dell’istanza di trasferimento se non all’invito ricevuto dal ministero" (Cons. Stato, Sez. II, par. 20 aprile 2011, n. 1555).

Seppur in sede cautelare, sulla stessa scia, è d’altronde la posizione del C.G.A., già cristallizzata in subiecta materia ed in ipotesi di trasferimento da un Ateneo rumeno (C.G.A., 21 febbraio 2008, n. 166). "La normativa introdotta dal legislatore nazionale con il D. Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 "Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania" all’art. 31 pone espressamente il "Principio di riconoscimento automatico" per i titoli di formazione di medico (oltre che di altre figure professionali), affermando che:

- "sono riconosciuti dalle autorità di cui all'articolo 5 con gli stessi effetti dei titoli rilasciati in Italia per l'accesso, rispettivamente, all'attività di medico chirurgo,…." (1 comma);

-"sono riconosciuti con gli stessi effetti dei diplomi rilasciati in Italia per l'accesso all'attività di medico,…."(4 comma).

Se dunque "i percorsi" esteri universitari (di paesi comunitari) vengono sostanzialmente riconosciuti "equipollenti" ai fini dell’esercizio dell’attività di medico, analogamente il "periodo" di formazione svolto all’estero, presso le medesime Università, deve poter essere anch’esso considerato (in questo senso, in sede cautelare, si poneva la clausola "salva la verifica da parte dell’Amministrazione della congruità del percorso di studi svolto dalla ricorrente in Belgio rispetto agli obiettivi formativi italiani"). Una "frazione" svolta di quel percorso non può essere considerata inesistente o irrilevante per il sistema italiano, pena una contraddittorietà inaccettabile del sistema.

Né a priori può essere negata l’iscrizione per il sol fatto che la prova di ammissione superata non fu quella prevista nell’ordinamento italiano" (T.A.R. Cagliari, Sez. I, 23 maggio 2012, n. 507).

Ancora. Non è certo sfuggita la questione attinente la sussistenza dei posti disponibili, attorno alla quale può dirsi ormai consolidato tale principio: i posti disponibili, quando vi sono, vanno sempre distribuiti ai candidati collocatisi in posizione utile (sulla questione vedi ordd. Cons. Stato, Sez. VI, nn. 1791/2012, 1034/2012, 1074/2012, 647/2012) ed inoltre, il sistema selettivo attuale (che, per quanto ci occupa, è quello che regola la situazione di parte ricorrente) "non dipende in definitiva dal merito del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo e dal numero di concorrenti presso ciascun Ateneo, ossia fattori non ponderabili ex ante" (Cons. Stato, Sez. HYPERLINK "http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%206/2008/200805472/Provvedimenti/201203541_18.XML"VIHYPERLINK "http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%206/2008/200805472/Provvedimenti/201203541_18.XML", HYPERLINK "http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%206/2008/200805472/Provvedimenti/201203541_18.XML"ordHYPERLINK "http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%206/2008/200805472/Provvedimenti/201203541_18.XML". 18 giugno 2012, n. 3541), perché, trattandosi nella specie di un’ammissione ad anni successivi, possibile solo in ipotesi di posti vacanti ed eventualmente in competizione con altri soggetti provenienti da altri Atenei (ad esempio in base a criteri anagrafici, al numero di materie date e alla media voti, etc..), insistere sull’esito di un test che nulla ha a che fare con il merito?

Guardando alle pronunce, anche recentissime, dei vari Tribunali amministrativi regionali, il favor agli accoglimenti dei trasferimenti dall’estero non muta.

Sul punto, si evidenzia in primis l’orientamento del Tar Campania secondo il quale "non sussiste un espresso divieto normativo per i trasferimenti degli studenti iscritti ad Università appartenenti ad altri Stati, sia perchè, prima facie, il rispetto del numero programmato nazionale va rapportato al primo anno del corso di laurea e non a quelli successivi, laddove per questi ultimi si sia verificata una diminuzione del numero degli iscritti (come accaduto nel caso di specie, alla luce di quanto risulta dal D.R. n. x) e quindi sussista una disponibilità di posti (che altrimenti verrebbe illogicamente persa)" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 10 dicembre 2010, n. 2157; in tal senso anche ord. 18 marzo 2010, n. 613).

Alla base di tali pronunce vi è l’illegittimità dei criteri di sbarramento alla circolazione dei beni e delle persone all’interno dell’Unione Europea, trattandosi di provvedimenti di diniego, quasi sempre carenti di idonea ed esaustiva motivazione, illogici e contraddittori.

"Secchi" dinieghi che interrompono i sogni di una vita di un bene costituzionalmente garantito di migliaia di giovani studenti.

Al riguardo si rappresenta come sia ormai comunemente affermato che la comunicazione prevista dall’art. 10 bis per i procedimenti ad istanza di parte "ha lo scopo di garantire un’effettiva partecipazione al procedimento amministrativo (T.A.R. Lazio, Sez. II bis, 18 maggio 2005, n. 3921; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 13 gennaio 2006, n. 651), ponendo l’interessato in condizione di confutare le ragioni che l’Amministrazione considera ostative all’accoglimento dell’istanza" (T.A.R. Campania–Napoli, Sez. IV, 21 febbraio 2006, n. 2196, in motivazione; nello stesso senso anche Sez. I, 20 luglio 2007, n. 6910). La ratio di tale norma "va ravvisata nella sua natura di atto endo-procedimentale, poiché tale norma impone all'amministrazione, prima di adottare un provvedimento sfavorevole nei confronti del richiedente, di comunicargli le ragioni ostative all'accoglimento della sua istanza, sì da rendere possibile l'instaurazione di un vero e proprio contraddittorio endo-procedimentale, a carattere necessario, ed aumentare così le ‘chances’ del cittadino di ottenere dalla stessa p.a. ciò che gli interessa" (Cons. Stato, Sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828).

Le stesse memorie di cui all’art. 10 bis consentirebbero di spiegare le peculiarità delle relative situazioni ed è per questo che, in mancanza di tale comunicazione, si ravvisa una violazione delle garanzie fondamentali preposte alla tutela del diritto del cittadino richiedente alle Amministrazioni la concessione del provvedimento. Ed è proprio tale violazione, ad essere alla base degli accoglimenti provenienti, primo tra tutti, dal Tar Lombardia (da ultimo Sez. VIII, ordd. 4 settembre 2013, n. 1338; 26 settembre 2013, n. 1478).

Guardando al T.A.R. Lazio, l’orientamento non cambia.

Sempre in riferimento ai più recenti indirizzi giurisprudenziali in materia, si segnalano pronunce di accoglimento in senso favorevole sul tema dei trasferimenti dall’estero: ordinanza 150/14 del 13/1/2014, sul ricorso r.g. 12346/13 nonché ordinanza 149/14, del 13/01/2014, sul ricorso r.g. 12345/13 nelle quali il Collegio ha testualmente ritenuto "di ribadire il proprio orientamento già espresso in sede cautelare e di merito, secondo cui il test di accesso alla facoltà di medicina e chirurgia non è normativamente previsto per gli anni successivi al primo, atteso oltretutto che le disposizioni di cui all’art. 4 della l. 264/99 nulla stabiliscono in ordine all’ipotesi del trasferimento di studenti universitari da un Ateneo straniero ad uno nazionale". Su tale presupposto, in entrambi i casi, il Tar ha poi accolto l’istanza cautelare e ha sospeso il provvedimento di diniego impugnato ai fini dell’ammissione con riserva del ricorrente già eseguito dall’Amministrazione.

La risposta è sempre la stessa, anche quando i dinieghi impugnati provengano fuori dai confini comunitari: il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III bis, ha accolto i ricorsi, continuando a tenere la posizione diffusamente esposta con la sentenza n. 256/13, ordinanza n. 13 gennaio 2014, n. 150, Pres. Est. Calveri, non mancando di considerare oltretutto che talvolta, il piano di studio seguito, i docenti con cui i ricorrenti affrontano gli esami, superandoli con profitti anche brillantissimi, addirittura sono perfettamente coincidenti con quelli degli Atenei italiani! Circostanza questa che del resto è stata riconosciuta anche dall’autorevole pronuncia già citata del Tar Lazio, il quale, nell’accogliere il ricorso, ha rilevato proprio "che nel caso specifico il piano di studi seguito e i docenti con cui sono stati sostenuti gli esami (…), appaiono addirittura in tali casi perfettamente coincidenti con quelli dell’Università di Tor Vergata", On.le Tar Lazio, sezione III bis, sentenza 885/2014 su ricorso R.G. n. 12937/2013 Cons. Est. Pisano.

Si rende a questo punto necessario effettuare una breve precisazione sul processo di Bologna.

Il 25 maggio 1998, i Ministri dell'Università di Italia, Francia, Germania e Regno Unito, riuniti per la celebrazione dell'ottavo centenario della fondazione dell'Università di Parigi, hanno sottoscritto la Dichiarazione congiunta sull'armonizzazione dell'architettura dei sistemi di istruzione superiore in Europa (c.d. Dichiarazione della Sorbona). Tale Dichiarazione afferma l'importanza della creazione di uno spazio aperto dell'istruzione superiore, attraverso la rimozione delle barriere e lo sviluppo di un quadro per l'insegnamento e l'apprendimento che rafforzi la mobilità ed una sempre più stretta cooperazione. Secondo la Dichiarazione, il riconoscimento internazionale e il potenziale d’attrazione dei sistemi universitari europei sono direttamente connessi alla loro trasparenza esterna ed interna. Viene indicato un sistema armonizzato, in cui due cicli universitari principali, uno di primo ed uno di secondo livello, saranno riconosciuti ai fini dell'equiparazione e dell'equivalenza in ambito internazionale: "gran parte dell'originalità, e della flessibilità, usando questo sistema, sarà ottenuta attraverso l'utilizzazione dei crediti (così come propone ECTS) e dei semestri. Ciò consentirà di convalidare i crediti acquisiti per coloro che scelgono di iniziare o continuare la propria formazione in Università europee differenti o che desiderano acquisire titoli accademici in qualsiasi momento della loro vita. Gli studenti dovranno poter entrare nel circuito universitario in qualsiasi momento della loro vita professionale e provenendo dagli ambiti più diversi".

Il 19 giugno 1999, i Ministri dell'Università di 27 Paesi europei, riuniti a Bologna, hanno adottato una dichiarazione congiunta (la c.d. Dichiarazione di Bologna) con la quale si sono impegnati a coordinare le proprie politiche per conseguire in tempi brevi, e comunque entro il primo decennio del 2000, alcuni obiettivi, ritenuti di primaria importanza per l'affermazione e la promozione internazionale di uno Spazio europeo dell'istruzione superiore. Tra questi, per quanto qui interessa:

"- adozione di un sistema di titoli di semplice leggibilità e comparabilità, anche tramite l'implementazione del Diploma Supplement, al fine di favorire l'"occupabilità" dei cittadini europei e la competitività internazionale del sistema europeo dell'istruzione superiore;

- adozione di un sistema essenzialmente fondato su due cicli principali, rispettivamente di primo e di secondo livello. L'accesso al secondo ciclo richiederà il completamento del primo ciclo di studi, di durata almeno triennale. Il titolo rilasciato al termine del primo ciclo sarà anche spendibile quale idonea qualificazione nel mercato del lavoro europeo. Il secondo ciclo dovrebbe condurre ad un titolo di master e/o dottorato, come avviene in diversi Paesi Europei;

- consolidamento di un sistema di crediti didattici - sul modello dell'ECTS - acquisibili anche in contesti diversi, compresi quelli di formazione continua e permanente, purché riconosciuti dalle università di accoglienza, quale strumento atto ad assicurare la più ampia e diffusa mobilità degli studenti;

- promozione della mobilità mediante la rimozione degli ostacoli al pieno esercizio della libera circolazione con particolare attenzione: per gli studenti, all'accesso alle opportunità di studio e formazione ed ai correlati servizi; per docenti, ricercatori e personale tecnico amministrativo, al riconoscimento e alla valorizzazione dei periodi di ricerca, didattica e tirocinio svolti in contesto europeo, senza pregiudizio per i diritti acquisiti".

Tale obiettivo, come è a tutti noto stante l’attuale sistema universitario basato su crediti e semestri, è stato raggiunto già prima del decennio ipotizzato.

È proprio in ragione di tali fonti normative (L.n. 148/2002, sui R.D. 31 agosto 1933 n. 1592 e n. 1269/1938 vigenti in materia) e sul processo di Bologna che nessuna restrizione alla richiesta di trasferimento del ricorrente può essere imposta.

Alla luce di tutto ciò, grazie a tali pronunce e agli orientamenti che vanno sempre più unitamente delineandosi, molti studenti, fuggiti all’estero per le storture del numero chiuso e di un sistema sbagliato, potranno ritornare in Italia ed affrontare, nel loro Paese, il loro percorso di studi.

Dott.ssa Elisa Miotti

 

Ultima modifica il 03 Febbraio 2014