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Pubblicato in Altri diritti

LA SORTE DEL CONTRATTO CONCLUSO IN DIFETTO DI POTERE RAPPRESENTATIVO

by Dott.ssa Dalila Dell'Italia on03 Giugno 2016

I diversi poteri del giudice a seconda della posizione e della richiesta dell'attore. RIFLESSIONI A MARGINE DELLA SENTENZA N.11377/2015 DELLE SEZIONI UNITE

Il contratto è l’accordo tra due o più parti, recita l’art. 1321 c.c., volto alla costituzione, modifica o estinzione di un rapporto giuridico patrimoniale. È imprescindibile, nell’esame della tematica in oggetto, porre l’accento sulla nozione di parte, quale centro di interessi che manifesta all’esterno la volontà di acquistare i diritti ed assumere gli obblighi derivanti dalla stipulazione.

Se è vero che il contratto ha forza di legge tra le parti e che produce effetti nella sfera giuridica dei terzi solo nei casi previsti dalla legge, giusta il disposto dell’art. 1372 c.c., allora appare coerente che l’ordinamento ripudi il coinvolgimento in una negoziazione tanto di un soggetto che non abbia in alcun modo manifestato l’intenzione di autovincolarsi, quanto di colui che sia caduto in errore scusabile in relazione alla sua controparte. Evidentemente il riferimento è, rispettivamente, al falso rappresentato e al terzo contraente ignaro del difetto di potere rappresentativo.

Il codice civile, pur disciplinando analiticamente il fenomeno della rappresentanza volontaria ed in genere la sostituzione nell’attività giuridica, non indica quale sia la sorte del contratto stipulato dal falsus procurator, limitandosi a sancire la sua responsabilità per il danno patito dal terzo contraente che in buona fede ha confidato nella validità del contratto.

Il silenzio legislativo ha alimentato il dibattito in dottrina e giurisprudenza, fino ad arrivare alla sentenza n. 11377 del 3 giugno 2015, che ha aderito all’orientamento giurisprudenziale per vero minoritario.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha concluso per l’inefficacia del contratto concluso dallo pseudo-rappresentante e per la sua rilevabilità ope judicis nell’ipotesi in cui ad agire in giudizio sia il terzo contraente, allorché intenzionato ad ottenere tutela della posizione giuridica che gli deriva da quella stipulazione.

Al contrario, se è lo pseudo rappresentato ad agire proponendo una domanda compatibile con il riconoscimento dell’efficacia del contratto, sarebbe illogico che il giudice rilevasse di propria iniziativa l’inefficacia, quella domanda equivalendo ad una implicita ratifica dell’operato del falsus procurator.

IL COMMENTO

L’istituto della rappresentanza volontaria è posto a tutela di soggetti che, per ragioni di opportunità, autorizzano altri a sostituirli nel compimento di attività giuridiche. La spendita del nome del rappresentato ha l’effetto di ricondurre gli effetti del negozio direttamente nella sfera giuridica di quest’ultimo, in quanto parte sostanziale del rapporto.

Il rappresentante, parte formale, resta quindi estraneo al rapporto con i terzi contraenti, essendo semplice esecutore dell’altrui volontà.

In mancanza di procura, tuttavia, il rappresentante è invero solo un falso rappresentante, avendo stipulato negozi giuridici o comunque esercitato diritti per conto altrui senza essere stato investito del relativo potere.

In tale contesto si inserisce la tematica delineata, oggetto, anche prima dell’intervento del Supremo Consesso, di costante attenzione giurisprudenziale e dottrinaria.

 

Sulla sorte del contratto stipulato in difetto di potere rappresentativo le tesi emerse nel tempo oscillano tra la nullità, l’annullabilità, l’incompletezza e l’inefficacia.

La tesi della nullità è stata sostenuta valorizzando almeno due argomenti: la mancata previsione di un termine di prescrizione dell’azione e il mancato espresso riferimento alla sanzione della annullabilità, che viene comminata in casi tassativi. L’annullabilità, inoltre, presiede ad ipotesi di incapacità e vizi della volontà, che non si riscontrano nell’ipotesi de quo.

Altra parte della dottrina ha optato per la annullabilità, ragionando sulla possibilità, prevista dal comma 3 dell’art. 1399 c.c., che il terzo ed falsus procurator si accordino per sciogliersi dal contratto prima che il falso rappresentato lo ratifichi. Se il contratto fosse nullo, si è sostenuto, nessun valore avrebbe tale accordo, poiché la sanzione opererebbe ex lege.

Parlano di contratto in formazione quegli Autori che evidenziano un deficit genetico in questo negozio, dato dal mancato rilascio della procura. La procura è stata valutata, infatti, alla stregua degli elementi costitutivi del contratto concluso dal rappresentante, di talché solo la ratifica successiva dello pseudo-rappresentato potrebbe completare la fattispecie, seppur a posteriori.

Infine, buona parte della dottrina e la giurisprudenza prevalente optano per la teoria della inefficacia. Il contratto concluso dal falso rappresentante non produce effetti né nella sfera di quest’ultimo, che non era legittimato ad agire, né nella sfera del falso rappresentato, il quale non può essere vincolato ad un negozio per la cui conclusione non ha autorizzato alla spendita del proprio nome. Solo l’esercizio del potere di ratifica è idoneo a conferire efficacia ex tunc a detto contratto.

La giurisprudenza ha avuto cura di riflettere sulla questione della rilevazione della inefficacia del contratto concluso in difetto di potere rappresentativo.

Fino alla pronuncia sopracitata delle Sezioni Unite civili dello scorso anno, l’opinione dominante era nel senso che solo il falso rappresentato potesse eccepire la inefficacia del contratto per difetto del potere di rappresentanza. Qualora il giudice avesse rilevato sua sponte l’inefficacia del contratto, sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione, trattandosi di eccezione in senso stretto e come tale sollevabile solo dalla parte.

Pur sostenuta ma minoritaria era la tesi della rilevabilità ope judicis. I suoi fautori ritenevano che qualsiasi fatto modificativo, estintivo o impeditivo potesse ricadere nella valutazione giudiziaria pur prescindendo da un’apposita istanza di parte.

Il Supremo Collegio, come accennato, risolve il contrasto prendendo in considerazione il tipo di pretesa fatta valere in giudizio dall’attore, concludendo diversamente a seconda che ad agire in giudizio sia lo pseudo rappresentato o il terzo contraente.

Se lo pseudo rappresentato propone una domanda compatibile con il riconoscimento dell’efficacia del contratto, implicitamente lo ratifica, ne vuole gli effetti, seppur manifestando tale intenzione successivamente. Di fronte ad una sanatoria a posteriori, sarebbe incongruo che il giudice rilevasse di propria iniziativa l’inefficacia.

Se, al contrario, agisce in giudizio il terzo contraente per ottenere riconoscimento e tutela della posizione giuridica che gli deriva da quella stipulazione, ad esempio proponendo domanda di adempimento, il difetto di potere rappresentativo va inquadrato alla stregua della mancanza di un elemento costitutivo del contratto. La mancanza della procura, quindi della legittimazione del procurator, è fatto impeditivo della pretesa che al terzo deriverebbe dal contratto; come tale, essa è rilevabile dal giudice d’ufficio.

 

Ultima modifica il 03 Giugno 2016