La nota procedura concorsuale indetta da Sapienza per il trasferimento ad anni successivi al primo per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia, a.a. 2022/2023, è stata annullata dal TAR del Lazio con sentenza emessa in data 14.12.2023 su di un ricorso patrocinato dall’Avv. Michele Bonetti.
Nel citato provvedimento si legge: “(…) rispetto alla domanda formulata in ricorso…consegua l’annullamento in parte qua del gravato avviso pubblico (quanto agli evidenziati profili inerenti alla predeterminazione dei criteri di valutazione ad opera della lex specialis della procedura) e, per l’effetto, l’annullamento dei conseguenti atti della procedura valutativa oggetto di impugnazione (in ragione delle ricadute in via derivata dei rilevati profili di illegittimità della lex specialis)”.
Il Collegio, accogliendo le censure avanzate con l’atto introduttivo, dichiara la procedura illegittima in relazione ai criteri di selezione indicati nel bando di concorso poiché assunti in violazione dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria (n. 1 del 2015).
La procedura de quo creava difatti delle postergazioni fra gli studenti che venivano selezionati non sulla base del merito, che postula un’accurata valutazione dei CFU conseguiti e degli esami sostenuti, ma unicamente sulla base dell’Ateneo di provenienza; di fatto, l’immatricolazione era quindi consentita ai soli candidati provenienti da Atenei pubblici a discapito di quanti diversamente provenissero da Atenei privati.
A distanza di più di un anno dall’instaurazione del contenzioso in parola il TAR ha dunque posto fine ad una vicenda che ha tenuto in sospeso centinai di studenti.
Secondo l’Avv. Michele Bonetti, dello Studio legale Bonetti-Delia, “ora per la prima volta deciderà il Consiglio di Stato se confermare la decisione assunta dal Giudice di prime cure; il Consiglio di Stato si è già pronunciato per ben due volte in sede di appello cautelare sui nostri ricorsi accogliendo ex art. 55 co. 10 c.p.a. deducendo: “Ritenuto che la suddetta questione merita l’opportuno approfondimento in sede di decisione di merito, dovendosi rimettere al giudizio del Tar la prudente valutazione circa la compatibilità dei succitati artt. 1, lettera a), e 5 del bando rispetto ai principi di diritto enunciati dalla Plenaria n. 1/2015, applicabile con riferimento ai trasferimenti degli studenti sia da Atenei stranieri, sia da quelli nazionali, profilandosi la possibilità che, sulla base delle previste distinzioni “in ordine di importanza” fondate su categorie di appartenenza fra i candidati, si vengano a creare postergazioni di fatto fra studenti che già hanno frequentato il primo anno di studi, sostenendo i relativi esami di cui chiedono il riconoscimento, malgrado il fatto che la suddetta aspirazione al riconoscimento di carriera parrebbe fondarsi, invece, sulla base di criteri oggettivi, positivamente apprezzabili, quali gli esami sostenuti e i crediti formativi conseguiti, e non più sulle esigenze organizzative e funzionali proprie della programmazione dei posti disponibili per l’accesso al primo anno, le quali, sole, invece, si fondano sui principi dell’effettuazione e superamento del test di ingresso”.
Il principio del c.d. consolidamento viene applicato anche dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato, che giudica sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica e che, sino ad ora, non aveva sempre applicato il suddetto principio ormai da anni affermato dinanzi alle sezioni giurisdizionali.
La determinazione in tal senso emerge dai recentissimi pareri definitivi pubblicati dalla I sezione consultiva del Consiglio di Stato in relazione ai ricorsi per l’ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria, nell’ambito dei quali il Collegio ha affermato la non necessarietà di una decisione di merito della controversia considerando che gli studenti hanno ormai raggiunto l’obiettivo (c.d. bene della vita) a cui aspiravano tramite la proposizione del ricorso.
Nei provvedimenti si legge che il superamento degli esami universitari dimostra il consolidamento del diritto alla frequenza universitaria e “comprova la realizzazione della esigenza formativa cui era preordinata l’iniziativa giudiziale intrapresa e, quindi, il soddisfacimento dell’interesse sostanziale azionato in giudizio, i cui effetti non potrebbero essere posti nel nulla, sul piano ontologico, neppure nel caso di reiezione delle domande azionate”.
Il Consiglio di Stato aggiunge poi che “deve in effetti ritenersi cessata la materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, comma 5, cod. proc. amm., avuto riguardo alla situazione venutasi a creare dopo la sospensiva ottenuta dal ricorrente, con la sua progressione nel corso di studi universitario al quale era stato originariamente ammesso con riserva, in esecuzione di un provvedimento di carattere interinale”.
“La I sezione consultiva del Consiglio di Stato ha dato finalmente continuità alla giurisprudenza maggioritaria della sezione giurisdizionale, superando le precedenti incertezze” commenta l’Avv Michele Bonetti dello Studio Legale Bonetti&Delia che ha patrocinato i ricorsi. “Il Collegio ha preso atto della circostanza che i ricorrenti hanno dimostrato nei fatti di poter frequentare i corsi di laurea a numero programmato, da cui erano stati esclusi per non aver superato un test a crocette, con il superamento degli esami del primo anno e con l’iscrizione al secondo anno di corso”.
Tale decisione è conforme anche ai principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2015 la quale ha confermato che lo svolgimento del percorso di studi utile all’ammissione al secondo anno ben può superare l’eventuale carenza di un punteggio utile al test di selezione. La suddetta pronuncia dell’A.P., dunque, non quantifica il numero di esami necessari per l’applicazione del principio del c.d. consolidamento, e tratteggia i contorni per l’applicazione di tale istituto quando lo studente abbia dimostrato il passaggio al secondo anno, anno in cui non è previsto il test. La Plenaria esamina i trasferimenti dall’estero al secondo anno, consentendo il trasferimento senza il test, per l’appunto previsto al primo anno, e la stessa Amministrazione ha recepito tali indicazioni nei bandi dei trasferimenti addirittura consentendoli da facoltà affini e sulla base dei soli crediti formativi universitari e dal secondo anno accademico in poi.
Il Consiglio di Stato ritiene così che, anche con il solo superamento degli esami del primo anno, si dimostri non solo il passaggio all’anno successivo, ma anche l’attitudine allo studio delle discipline oggetto del primo anno di corso.
Il principio dell’assorbimento, dunque, nasce per prendere atto degli effetti del percorso di studi. Superando lo stato di matricola si supera l’effetto stesso delle prove di accesso e, dunque, la posizione deve essere dichirata improcedibile per cessazione della materia del contendere o sopravvenuta carenza di interesse, stante la circostanza che il bene della vita a cui i ricorrenti aspiravano (ovverosia l’immatricolazione al corso di laurea) è ormai soddisfatto.
Sono centinaia di migliaia gli studenti che annualmente sostengono l’esame di Stato e sovente capita che fra questi, ve ne siano alcuni che lamentano l’erroneità della votazione finale conseguita.
L’Avv. Michele Bonetti, esperto anche del settore scolastico, ha ottenuto la rettifica del punteggio finale conseguito all’esame di Stato da due studentesse di un Liceo classico romano a seguito dell’inoltro ai competenti uffici di un apposito ricorso gerarchico ed in via di autotutela e con il quale si richiedeva che il punteggio fosse ricalcolato sulla base delle censure avanzate.
Nel caso de quo i due studenti lamentavano la mancata e dunque erronea attribuzione dei c.d. “punti bonus” che solitamente sono assegnati dalla commissione esaminatrice alla luce di alcuni parametri e linee guida precedentemente determinati in sede di consiglio di classe; sebbene in detto ambito l’Amministrazione goda di una cospicua discrezionalità occorre sottolineare come, una volta stabiliti i criteri di attribuzione del citato punteggio, questi non possano essere arbitrariamente ed immotivatamente disattesi.
Gli studenti dunque avanzavano inizialmente, per il tramite del nostro studio legale, una istanza di accesso agli atti all’Istituto Scolastico, in modo da poter avere contezza di come la Commissione esaminatrice avesse valutato le prove scritte ed il colloquio orale; dal riscontro pervenuto in merito, si aveva contezza della erronea valutazione perpetrata dai docenti ai danni delle studentesse.
Difatti, ad ambedue gli studenti, non erano stati attributi i richiamati punti bonus sebbene le stesse ne avessero diritto alla luce del raggiungimento degli obiettivi previsti per l’attribuzione degli stessi.
Le instanti procedevano quindi all’inoltro del citato ricorso deducendo l’illegittimità dell’agere dell’Amministrazione.
L’Istituto Scolastico a seguito della ricezione del ricorso gerarchico decideva di procedere alla rettifica del punteggio finale conseguito dalle studentesse, attribuendo alle stesse i c.d. punti bonus che avrebbero dovuto conseguire sin dall’inizio.
La vicenda in parola dimostra come l’azione amministrativa debba, in ogni caso, necessariamente conformarsi ai canoni legislativi nonché ai criteri che, la stessa, autonomamente si impone.
Entrambi gli studenti hanno avuto ed ottenuto in questo modo un punteggio ulteriore all’esame di maturità che porteranno con sé nella loro vita.
Peraltro, la pronuncia amministrativa è particolarmente innovativa in quanto considera che per le motivazioni dedotte nell’istanza i due interessati abbiano rappresentato un interesse concreto ed attuale con tanto di ammissibilità dell’autotutela stessa.