Nomine GPS. Algoritmo illegittimo. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito condannato al risarcimento del danno per oltre 10.000 euro
Come noto, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha affidato ad un algoritmo la gestione del conferimento degli incarichi di supplenza. Tale modalità di assegnazione è stato oggetto di numerosi contenziosi a causa della poca affidabilità del sistema di nomina.
Nel caso di specie il docente chiedeva che venisse dichiarato il suo diritto alla stipula del contratto annuale a tempo determinato in ragione della propria posizione in graduatoria e delle scelte effettuate. Il ricorrente veniva ingiustamente scavalcato in graduatoria da docenti immessi in fascia inferiore, con punteggio più basso rispetto al ricorrente per la medesima classe di concorso.
Il docente dunque subiva un pregiudizio in quanto concretamente privato della legittima attribuzione di un incarico di supplenza per il corrente a.s. 2022/23 pur avendone titolo.
Il Giudice del lavoro di Napoli con una recente sentenza, riconosce le ragioni del ricorrente, specificando come lo stesso abbia “analiticamente documentato che diversi incarichi a tempo determinato siano stati attribuiti a docenti con punteggi inferiori.”
Il Tribunale di Napoli oltre a riconoscere le ragioni del docente, condanna il Ministero a risarcire lo stesso, scavalcato nella graduatoria a causa della palese inaffidabilità del sistema informatizzato di nomina degli incarichi.
Sulla base di tali considerazioni il Giudice del Lavoro di Napoli ha accolto il ricorso proposto dall’Avv. Bonetti e ha condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito a risarcire il ricorrente per oltre 10.000 euro.
L’attuale sistema delle nomine previsto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito viola dunque il principio meritocratico,in applicazione del quale il conferimento degli incarichi di insegnamento deve avvenire garantendo la scelta del candidato in graduatoria che abbia maturato il punteggio più elevato.
“Quanto deciso dal Giudice del Lavoro rappresenta una grande vittoria sul tema delle nomine GPS”, commenta soddisfatto l’Avv. Michele Bonetti.“La sentenza conferma come la procedura informatizzata di nomina delle supplenze lungi dall’essere improntata ai principi di buona amministrazione e al principio meritocratico. Affidarsi ad un sistema di questo tipo non fa altro che generare discrasie e iniquità, a discapito dei docenti a cui dovrebbe essere riconosciuta la stipula del contratto a tempo determinato sulla base del punteggio ottenuto e correttamente dichiarato, ovvero: quello più elevato, e che il sistema, attribuisce, erroneamente, ai soggetti con i punteggi inferiori”
Irragionevolezza e contrarieta’ del decreto ministeriale: il tar del lazio dichiara l’ illegittimita’ del decreto sul tfa
Con sentenza n. 16280/2024 pubblicata in data 9 settembre 2024, il TAR del Lazio ha riconosciuto l’illegittimità della normativa ministeriale che obbligava gli insegnanti con tre anni di servizio a sostenere le prove scritte e orali per accedere al TFA Sostegno.
Si tratta di un’importante decisione, in quanto il TAR con tale pronuncia salvaguarda la posizione di tutti gli insegnanti che lavorano nella scuola e che hanno prestato servizio sul sostegno per almeno tre anni negli ultimi cinque e che ambiscono a prendere parte al T.F.A. per il conseguimento del titolo di specializzazione sul sostegno.
Tale provvedimento è in linea con quanto asserito nel ricorso proposto dal nostro studio legale, volto a sottolineare l’erronea interpretazione della norma propinata dal Ministero che ha dunque contraddetto la ratio dell’art. 18 bis, c. 2, del d.lgs. n. 59 del 2017, normativa di rango superiore.
L’articolo oggetto di discordia è difatti l’art. 18 bis al comma 2 del d.lgs. n. 59 del 2017, il quale prevede che “ai percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità accedono, nei limiti della riserva di posti e con le modalità stabilite con decreto del Ministero dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'istruzione, coloro, ivi compresi i docenti assunti a tempo indeterminato nei ruoli dello Stato, che abbiano prestato almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque su posto di sostegno nelle scuole del sistema nazionale di istruzione…”
Ebbene, ad avviso del TAR vi è stata la violazione del predetto articolo, “nella parte in cui prevede che coloro che si trovano nelle condizioni previste dal predetto art. 18 bis, comma 2, non accedono direttamente al percorso di specializzazione ma devono comunque sostenere le prove scritte e orali di accesso, essendo esentati solo dallo svolgimento della prova preselettiva”.
Il decreto impugnato prevedeva dunque che i precari storici non accedessero direttamente al corso di specializzazione ma solamente alle prove scritteche devono essere necessariamente superate, unitamente alle prove orali per l’accesso al percorso di specializzazione, al pari di quanto previsto per gli aspiranti non riservatari.
Sul punto si riporta quanto indicato in motivazione dal Collegio, che, in tutta evidenza, è concorde nel ritenere che “si tratta di una disposizione che ha, evidentemente, la finalità di agevolare il conseguimento del titolo di specializzazione da parte di coloro che, ancorché privi del titolo, hanno già svolto per un apprezzabile lasso di tempo attività lavorativa come insegnanti di sostegno, acquisendo una specifica esperienza professionale”.
L’agere del Ministero va dunque nella direzione opposta rispetto all’intento del legislatore, volto a consentire e agevolare l’accesso al percorso (e non alle prove) ai precari della scuola con almeno tre anni di servizio sul sostegno negli ultimi cinque.
Dunque, per il TAR, “l’irragionevolezza e contrarietà del decreto impugnato risulta peraltro indirettamente confermata dalla nuova disciplina attuativa dell’art. 18 bis dettata dal MUR per l’accesso al IX ciclo del TFA sostegno , Infatti, in base al decreto interministeriale n. 583 del 29 marzo 2024, i docenti accedono direttamente ai percorsi in parola, tuttavia, qualora le domande eccedano la quota di riserva dei posti autorizzati, la selezione dei candidati è effettuata dalle Università secondo i criteri indicati nell’allegato A, che costituisce parte integrante e sostanziale del presente decreto”.
La previsione di questa nuova disciplina, chiarisce quanto previsto dall’art 18 bis, in quanto rende effettiva la riserva dei posti disponibili in favore dei soggetti indicati dalla norma primaria, prevedendo modalità di selezione solo ove necessario e, cioè, quando gli aspiranti alla riserva siano in numero superiore ai posti disponibili.
Le argomentazioni del TAR, commenta l’Avv. Michele Bonetti, “chiariscono, ancora una volta, come sia di estrema importanza agevolare il percorso formativo dei docenti in possesso dei requisiti necessari per accedere al percorso di specializzazione sul sostegno. Tutto ciò che ostacola tale percorso danneggia non soltanto gli insegnanti precari, ma anche i ragazzi che necessitano di tale figura, e di cui, visto i posti vacanti, la nostra scuola ne ha estremamente bisogno.”
Decreto salva infrazioni, indennità precari passa da 12 a 24 mensilità.
In data 16 settembre 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il decreto legge n.131 che introduce disposizioni urgenti per la soluzione di procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano.
Il decreto-legge consentirà di agevolare la chiusura di 16 casi di infrazione e di un caso EU Pilot. Tra le altre il decreto interviene sull’infrazione n. 2014/24231, con la quale l’Unione Europea ha reputato non corretto il recepimento nell’ordinamento nazionale della direttiva 1999/70/CE del Consiglio; direttiva che vieta la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato e obbliga gli Stati membri a disporre di misure atte a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.
Secondo la Commissione europea, la normativa nazionale italiana non era tale da prevenire e sanzionare adeguatamente i casi di abuso di contratti a tempo determinato per i lavoratori del settore privato e pubblico.
Prima dell’intervento l’art. 28 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 prevedeva che, in caso di trasformazione del contratto da tempo determinato in uno a tempo indeterminato conseguente all’abuso della normativa sui contratti a termine, il giudice condannasse “il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto”.
L’articolo 11 del decreto Salva infrazioni (settore privato) ha aggiunto “la possibilità per il giudice di stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un maggior danno”.
Allo stesso tempo è stato abrogato il terzo comma dell’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2015, che prevedeva la riduzione alla metà della indennità massima di 12 mensilità “in presenza di contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie”.
Si è poi proceduto anche con la modifica dell’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, in materia di disciplina della responsabilità risarcitoria per l’abuso di utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato nella p.a.:
- All’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il terzo, il quarto e il quinto periodo sono sostituiti dal seguente: «Nella specifica ipotesi di danno conseguente all’abuso nell’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un’indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto.».
Ad oggi quindi tutti i precari della P.A. vedono aumentata, sino a 24 mensilità, l’indennità risarcitoria per la illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato.
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Parte il ricorso per gli esclusi dalle GSP EEEM in quanto ammessi alla prova orale per il concorso abilitante dopo la verificazione del TAR.
Come noto, a seguito della verificazione disposta dal TAR del Lazio per i quesiti errati nella prova scritta della procedura concorsuale abilitante per la classe di concorso EEEM, il TAR ha ammesso i nostri ricorrenti alla prova orale.
Difatti, in conseguenza del riconoscimento giudiziale di una terza risposta corretta rispetto a quella individuata dal MIM per il quesito sull’ormone GH, i ricorrenti hanno sostenuto e superato la prova orale e sono stati inseriti in graduatoria, seppur tardivamente (per informazioni in merito si rimette il relativo link https://www.avvocatomichelebonetti.it/scuola/precari-della-scuola/concorso-educazione-motoria-il-mim-torna-a-correggere-il-tiro-sul-quesito-dell-ormone-gh).
Dopo l’accoglimento giudiziale, inoltre, lo stesso Ministero ha agito in via di autotutela, abbonando il quesito e ammettendo alla prova orale quei candidati che hanno ottenuto la rettifica del punteggio a seguito della rivalutazione.
Tali docenti, che per errori causati esclusivamente dal MIM si sono trovati a completare la procedura concorsuale abilitante dopo il 30 giugno 2024, ora risultano totalmente esclusi dalle GPS per la classe di concorso in parola.
L’O.M. di aggiornamento delle GPS, difatti, da un lato, non istituiva la II fascia per la classe EEEM, dall’altro, disponeva che potessero inserirsi in graduatoria di I fascia solo i docenti abilitati su tale insegnamento, ovverosia i vincitori del concorso di cui al D.D. n. 1330/2023. Ciò in quanto condizione per l’inserimento nella I fascia delle GPS era rappresentata dal conseguimento del titolo abilitante entro il 30 giugno.
Per tale ragione, tutti coloro che hanno ottenuto l’abilitazione dopo tale data perché ammessi alla prova orale con provvedimento giudiziale o dopo il provvedimento in via di autotutela del MIM, non hanno potuto perfezionare la loro iscrizione in I fascia GPS.
I docenti, come anticipato, risultano doppiamente lesi in quanto, non essendo inseriti in I fascia e non potendo iscriversi in II fascia poiché non istituita, dovranno essere convocati dalla graduatoria di un diverso grado di istruzione, con dimezzamento del punteggio loro spettante (ordinariamente 12 punti per ogni anno scolastico, come previsto dalla tabella di valutazione dei titoli allegata all’O.M. di aggiornamento delle GPS) perché “aspecifico”.
Al fine di tutelare le posizioni di tali docenti, il nostro Studio legale propone un ricorso giudiziale volto all’immeditato inserimento in I fascia GPS rivendicando anche l’attribuzione dell’incarico non attribuito da I fascia.
Per maggiori informazioni contattate lo studio all’indirizzo email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il TAR annulla il provvedimento di diniego del riconoscimento del titolo estero
Con ordinanza n. 4155 pubblicata in data 7 settembre 2024, il Tar del Lazio, Sezione Terza Bis, disponeva la sospensione del provvedimento con cui il Ministero rigettava l’istanza di parte ricorrente intesa ad ottenere l’inserimento nelle GPS per le classi di concorso A060 – Tecnologia e A026 – Matematica.
Nel caso di specie, il ricorrente chiedeva all’Amministrazione di essere inserito in graduatoria con riserva del riconoscimento del titolo estero. L’Amministrazione inoltrava al ricorrente una richiesta, chiedendo il deposito di documenti e osservazioni tramite la piattaforma RPD e concedendo al ricorrente, come di consueto, un termine di 10 giorni.
In poche e semplici parole il Ministero ha rigettato la domanda di riconoscimento del titolo per la mancata ricezione di quei documenti che il ricorrente non ha potuto caricare sulla piattaforma RPD indicata dal Mistero, nonostante fosse in termini, perché la piattaforma era già chiusa e che, comunque, ha inoltrato a mezzo posta elettronica certificata.
Per tali ragioni il nostro studio ha provveduto a depositare dinanzi al TAR del Lazio un ricorso, nell’ambito del quale si chiedeva l’annullamento del rigetto previa l’emissione di un provvedimento cautelare. Vi è stata, dunque, una violazione della L. 241/1990 in quanto il Ministero non ha concesso il minimo di 10 giorni previsto tassativamente dalla legge per l’inoltro dei documenti e delle osservazioni.
Non sorprende infatti come la pronuncia del Tar sulla nostra richiesta dell’annullamento del rigetto abbia avuto esito positivo. In particolare il Tar del Lazio ha ritenuto “cheil rigetto impugnato, prevalentemente basato su carenze di tipo formale, non appare prima facie conforme ai principi dettati in materia dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (in particolare sentenza n. 18/2022), posta la necessità di una verifica in concreto dei livelli di competenza professionale sottesi ai certificati e ai diplomi conseguiti, allegati dall’istante (cfr. TAR Lazio, IV-bis, nn. 7304 e 89/2024 e ord. n. 1144/2024).
Il Collegio ha ritenuto dunque che “sia meritevole di apprezzamento il pregiudizio derivante al ricorrente dal diniego impugnato, in quanto suscettibile di riverberarsi sugli incarichi lavorativi in essere e potenziali”.
Pertanto la domanda cautelare veniva accolta, con conseguente sospensione del provvedimento con cui il Ministero intimato ha rigettato l’istanza di parte ricorrente intesa ad ottenere il riconoscimento in Italia dell’abilitazione all’esercizio della professione di docente acquisita all’estero.
“L’annosa questione del riconoscimento dei titoli esteri volti all’esercizio della professione di docente in Italia, impegna ormai da tempo il nostro studio, che, con esperienza e caparbietà tutela i diritti degli istanti”, commenta l’Avv. Michele Bonetti, founder dello studio legale Bonetti & Delia. “Ladecisione del Tar difatti conferma, così come accaduto in altre occasioni, la fondatezza delle nostre richieste sul tema del riconoscimento dei titoli esteri.”
Processo amministrativo: il ricorrente escluso e riammesso con riserva in graduatoria non ha l’onere di impugnarla
Una querelle processuale tra il T.A.R. Lazio e la nostra tesi che va avanti da qualche tempo. Talvolta si sopisce, talvolta riemerge nel tentativo, francamente poco aderente ai principi di giustizia sostanziale e del giusto processo, di definire contenziosi peculiari e complessi in rito anzichè nel merito.
Secondo il T.A.R. Lazio il ricorrente che subisce l’esclusione da un concorso ad una prova intermedia ha, correttamente, l’onere di impugnare tale esclusione. Fin qui, nulla questio. Appare pacifico tale onere così come, ove frattanto sopraggiunga la graduatoria finale, è ragionevole pretendere l’impugnazione di tale atto quale provvedimento ulteriormente finale e da impugnare.
Secondo il T.A.R., tuttavia, l’onere di impugnare la graduatoria persiste persino se il ricorrente, grazie all’azione giudiziale, aveva ottenuto la riammissione al concorso e la graduatoria da atto della sua presenza seppur con riserva all’esito dell’azione giudiziale non ancora definita.
Il T.A.R., in particolare, aveva sottolineato che la possibilità di impugnare gli atti preparatori non può tradursi in un esonero dall’onere di impugnare anche l’atto finale del procedimento, “in quanto la circostanza che detto atto possa essere affetto in via derivata dai vizi dell’atto preparatorio non esclude che tale invalidità derivata debba essere fatta valere con i rimedi tipici del procedimento impugnatorio, per cui, in mancanza, l’atto finale si consolida e non è più impugnabile» (citando precedenti anche del Consiglio di Stato non propriamente aderenti al caso che ci occupa – Cons. Stato, Sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4814; in termini analoghi, TAR Lazio, Roma, Sez. III, sent. n. 17219/2023).
In appello gli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia in fase cautelare, sono riusciti a ribaltare la sentenza del T.A.R.. Il Consiglio di Stato, valorizzando la tesi portata in appello e da sempre sostenuta dal nostro studio (anche al fine di evitare oneri di spesa importanti ai nostri assistiti) ha chiarito che “la dichiarazione in rito resa a definizione del giudizio di primo grado postula un interesse ad impugnare la graduatoria concorsuale in cui il ricorrente è inserito con riserva (per effetto della sospensiva ottenuta in primo grado contro la mancata ammissione alla prova orale) che ad una cognizione sommaria propria della presente fase non appare tuttavia ravvisabile, nella misura in cui le censure dedotte si concentrano sulla prova scritta ritualmente impugnata
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Il Consiglio di Stato dispone l’ammissione alla prova orale per la procedura concorsuale abilitante per l’assunzione di docenti per la classe di concorso EEEM.
Con ordinanza n. 3336 pubblicata in data 04.09.2024, per il giudizio avente n. 6418/2024 R.G., il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, accoglie l’appello e, in riforma dell’ordinanza impugnata n. 3275 resa dal T.A.R. Lazio Sez. III bis nel procedimento n. 6006/2024 r.g., consente all’appellante di sottoporsi alla prova orale della procedura concorsuale abilitante, bandita con D.D. n. 1330 del 4 agosto 2023 “per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente relativi all'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria” primo concorso in assoluto per l’assunzione di docenti per la classe di concorso EEEM che consente a coloro che risulteranno vincitori di essere convocati per le immissioni in ruolo già a partire dall’anno scolastico 2024/2025.
Parte appellante, che aveva sostenuto la prova scritta computer based conseguendo un punteggio di 66 punti, poi rettificato in 68/70 a seguito di un intervento in via di autotutela del MIM sul quesito relativo all’ormone GH, e che mancava dell’attribuzione del punteggio di una sola domanda per rientrare nei posti disponibili per la regione Lazio, riscontrava numerose illegittimità e faceva richiesta di disporre CTU sui quesiti contestati, compreso quello sul fair play.
A seguito dell’udienza in camera di consiglio del 16 luglio 2024, il TAR del Lazio si era pronunciato con il provvedimento gravato respingendo la domanda cautelare di parte appellante, prendendo in considerazione i dati emersi a seguito di verificazione disposta nell’ambito di un ulteriore procedimento sul quesito del fair play, senza tuttavia considerare le deduzioni da parte appellante avanzate.
Ad oggi, i Giudici di Palazzo Spada, reputando “apprezzabile favorevolmente l’interesse all’assegnazione di un incarico per l’imminente anno scolastico”, dispongono l’ammissione di parte appellante alla prova orale della procedura concorsuale, accogliendo il ricorso in appello da noi patrocinato anche nel fumus.
Il TAR Lazio annulla il provvedimento del diniego di riconoscimento del titolo conseguito in Spagna.
Il ricorrente, docente abilitato all’insegnamento sulla classe di concorso AAAA (infanzia) e EEEE (primaria), conseguiva il titolo di abilitazione all’insegnamento sulla classe di concorso ADAA ed ADEE in Spagna e ne chiedeva il riconoscimento al Ministero Italiano.
L’Amministrazione inizialmente inoltrava al ricorrente una richiesta di integrazione documentale non completa e poi rigettava la domanda avanzata dall’insegnante senza che lo stesso fosse messo nelle condizioni di proporre osservazioni o allegare documentazione come espressamente previsto dalla L. n. 241/1990 e senza nemmeno subordinare il riconoscimento a misure compensative.
Con Ordinanza n. 3920/2024 reg. prov. caut. Il TAR Lazio accoglieva la domanda del ricorrente ravvedendo la sussistenza non solo del periculum in mora– “atteso che il ricorrente, a causa del diniego di riconoscimento del titolo di specializzazione conseguito all’estero non può essere inserito con riserva nelle GPS e stipulare i relativi contratti di supplenza” – ma altresì del c.d. fumus boni iuris precisando e chiarendo: “l’amministrazione non ha correttamente applicato i principi affermati in materia dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in ordine alla necessità di una comparazione analitica tra il percorso svolto all’estero e quello previsto in Italia; in ragione di quanto dedotto in ricorso ed in assenza di contestazione da parte dell’amministrazione, la richiesta di integrazione documentale trasmessa dall’adozione del provvedimento era inidonea a consentire all’interessato di individuare i documenti mancanti”.
Di particolare rilevanza è che il TAR Lazio accoglie la domanda cautelare nonostante l’Amministrazione rilevava l’emanazione recente dell’art. 7 D.L. 71/2024, che prevede la possibilità per tutti coloro che sono in attesa del riconoscimento del titolo estero e per tutti coloro che hanno avuto un rigetto della richiesta di riconoscimento e lo abbiano impugnato, come il ricorrente, di poter partecipare ad appositi percorsi di formazione; il Collegio accoglie così la domanda cautelare precisando come ad oggi siamo ancora in attesa “dell’attivazione dei predetti percorsi”; difatti al ricorrente ad oggi era preclusa addirittura la possibilità di ottenere incarichi precari dalle GPS.
Il Consiglio di Stato dispone il riesame dell’istanza di visto per motivi di studio.
Il TAR Lazio rigettava la domanda della studentessa a cui l’Amministrazione aveva rifiutato il visto per motivi di studio in quanto considerava non applicabile al caso in concreto e alla materia del contendere il rimedio cautelare: “considerato che la eventuale sospensione dell’impugnato provvedimento di diniego non risulterebbe comunque suscettibile di determinare l’ingresso della parte ricorrente sul territorio nazionale, venendo in rilievo, nel caso di specie una utilità collegata all’esercizio di un potere amministrativo di carattere discrezionale”.
Il Consiglio di Stato (con provvedimento n. 3242/2024) analizzando il caso concreto della ricorrente che si era attivata per l’ottenimento del visto per motivi di studio, ma non era riuscita ad ottenerlo per fatti a lei non addebitabili, ne accoglieva le richieste ed in maniera diametralmente opposta al Giudice di primo grado disponeva: “dalla documentazione versata in atti risulta confermato che plurimi appuntamenti erano stati fissati e poi cancellati su iniziativa dell’Amministrazione, sicché la circostanza ostativa al rilascio del titolo (lo slittamento dell’appuntamento a data successiva al 30 novembre) non è in alcun modo riconducibile alla parte istante e determina un esito ingiusto e illegittimo del procedimento”; pertanto il Consiglio di stato reputava che “sussistono i presupposti per l’accoglimento dell’istanza si fini di un riesame da parte dell’Amministrazione (configurandosi questa misura come ammissibile sul piano processuale e satisfattiva dell’interesse azionato), con contestuale sospensione della esecutorietà dell’ordinanza appellata, in considerazione del pregiudizio grave ed irreparabile che, in difetto, potrebbe sortirne in danno della parte”.
Pertanto, i Giudici di Palazzo Spada hanno accolto l’appello cautelare ai fini di un riesame ad opera della P.A., con conseguente concessione della tutela interinale nei confronti del provvedimento di diniego impugnato.