Stampa questa pagina
Pubblicato in Interviste

Diplomati magistrali e precari di terza fascia: dalla speranza alla realtà di un diritto. Storia di un’importante vittoria nella dura battaglia per l’abilitazione. Intervista a Francesca Bertolini dell’associazione sindacale “La Voce dei Giusti”

by Dott.ssa Roberta Nardi e Dott. Riccardo Aiello on31 Marzo 2014

L’ennesima discriminazione stava per compiersi nel silenzio della maggior parte della pubblica opinione e tra le tante contraddizioni del legislatore.

Molti insegnanti rischiavano di non poter più accedere alle supplenze annuali, sorpassati dai neolaureati in Scienze della formazione in virtù di una norma sconosciuta ai più e contenuta nella L. 53 del 2003. Una strada che avrebbe condotto ad un triste epilogo professionale tutti quei docenti in possesso del diploma magistrale che erano stati relegati in fondo alle graduatorie, bloccati nella possibilità di carriera malgrado l’esperienza accumulata.

Da qui la necessità d’intraprendere una lunga battaglia di ricorsi e mobilitazioni allo scopo di rivendicare i diritti di quei docenti che avevano conseguito il diploma abilitante magistrale entro il 2002.

Uno sbocco risolutivo sulla vicenda lo ha fornito il parere reso recentemente dal Consiglio di Stato (parere n. 03813/2013) il quale ha riconosciuto il valore abilitante del Diploma magistrale per tutti quei docenti diplomati entro l’anno scolastico 2001/2002 nonché il loro diritto di inserimento in II fascia, confermando quanto annunciato già dalla Commissione europea lo scorso 31 gennaio.

L’auspicio di tutti i diplomati magistrali penalizzati negli anni da troppi dinieghi e vittime di ingiustizie perenni è che finalmente il MIUR definisca in un decreto o in una norma adeguata la possibilità concreta di un loro inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. 

Oggi i docenti magistrali si trovano quindi aggrappati alla speranza di un nuovo orizzonte, di uno scenario migliore che potrà delinearsi compiutamente quando sarà finalmente concesso loro un piano di stabilizzazione lavorativa.

A darci una panoramica sulle questioni sottese al riconoscimento dell’abilitazione per i docenti in possesso di diploma magistrale e sulle battaglie in corso per tutti gli insegnanti che si trovino in III fascia ci troviamo oggi in compagnia della Prof.ssa Francesca Bertolini, presidente dell’Associazione sindacale “La Voce dei Giusti”, da sempre in prima linea nella battaglia per il riconoscimento dei diritti dei docenti precari di III fascia e del valore abilitante delle qualifiche che danno accesso a tali graduatorie.

Il Decreto Ministeriale del MIUR del 13 luglio 2011, n. 62 non parifica ai docenti abilitati coloro che abbiano conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002 la c.d. abilitazione magistrale. Con un’importante pronuncia il Consiglio di Stato ha valutato illegittimo questo D.M. proprio nella parte in cui non permette ai diplomati magistrali di accedere alla II° fascia delle graduatorie di istituto. Tale decisione è stata recentemente seguita da un'importante sentenza del Tar Piemonte.

A suo parere, questi recentissimi arresti giurisprudenziali rappresentano il primo passo verso il valore abilitante del titolo magistrale o rappresentano l’ennesima conferma di un suo carattere intrinseco?        
Quando verso la fine del 2010 venni a sapere, su segnalazione di un collega, che i diplomati magistrali, a differenza dei docenti di III fascia d’Istituto che operano nelle scuole secondarie, potevano accedere all’insegnamento presso le scuole Paritarie (il cui funzionamento era regolato dalla Legge di Parità, L. 62/2000, che imponeva a questi enti l’assunzione di personale docente ritenuto abilitato) e decisi di avviare un’indagine conoscitiva per meglio comprendere questo fenomeno, rimasi sbalordita dallo strabiliante numero di leggi, decreti, circolari, note ecc.. che attestavano il valore di tale titolo.Tra questi figuravano il decreto legislativo n. 297 del 1994, meglio noto come Testo Unico della Pubblica Istruzione, il Regio decreto 6 Maggio n. 1054, la Legge 18 marzo 1968, n. 444 e la Legge n. 239 del 30/07/1991; insomma per intenderci, non solo fonti secondarie del diritto, ma anche leggi emanate e approvate dal Parlamento, le quali tutte riconoscevano e concordavano sul punto che tale diploma dovesse ritenersi a tutti gli effetti abilitante.

Ma non era tutto perché in realtà il valore abilitante di tale qualifica era riportato anche su numerosi diplomi. Trovai inoltre significativa una nota risalente al 1997 (n. 12588/BL) ed emanata dall’allora Ministro dell’Istruzione Berlinguer, il quale rispondendo ad un’interrogazione inviata da un diplomato magistrale, rassicurava che 'i diplomi di scuola e di istituto magistrale, conseguiti fino ad una data predeterminata, avrebbero conservato per sempre il valore abilitante'.

Agli inizi del 2011, ormai convinta di questa mia scoperta/intuizione e del fatto che per decenni la negazione di questa verità avesse portato al concretizzarsi di numerosi danni e ingiustizie, decisi non solo di segnalare e denunciare tutto questo, avviando una campagna di informazione e sensibilizzazione, ma fui anche promotrice di numerose azioni legali che hanno portato ad importanti conferme giurisprudenziali sul punto con risultati impensabili fino a pochi anni prima.

Con il parere n. 03813/2013 in particolare, il Consiglio di Stato ha riconosciuto definitivamente il valore abilitante del Diploma Magistrale ed il diritto di coloro che l’avessero conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 ad inserirsi nelle graduatorie di circolo e d’Istituto di II fascia.

Questa importante pronuncia si aggiunge ad un altro rilevante parere espresso dalle Commissioni Parlamentari Europee a seguito di una petizione/denuncia alla cui stesura collaborai insieme ad alcuni ex coordinatori Adida e che ha dichiarato la piena abilitazione e qualificazione del personale scolastico in possesso di diploma magistrale.

Dello stesso avviso si sono inoltre dimostrati i magistrati del TAR Piemonte, i quali in una recente sentenza hanno ribadito che “La previsione di una preferenza, nella forma dell’automatica anteposizione in graduatoria, per i candidati laureati ovvero in possesso dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola dell’infanzia conseguita mediante concorso, risulta immediatamente lesiva e finisce, di fatto, per estromettere dagli incarichi di insegnamento soggetti quali le odierne ricorrenti, che hanno conseguito il diploma abilitante ed hanno iniziato l’attività di insegnamento in un periodo nel quale non era richiesto altro titolo per l’accesso alle selezioni”.

Per tali ragioni ritengo che il parere del Consiglio di Stato non può considerarsi un semplice primo passo ma piuttosto la definitiva e ultima conferma del valore abilitante intrinseco dei titoli e diplomi magistrali.

Per quale ragione tale parere non può essere però letto in modo del tutto positivo? 

Seppure ritengo che il riconoscimento da parte del Consiglio di Stato del valore abilitante dei diplomi magistrali debba ritenersi certamente positivo e di buon auspicio, altrettanto non posso dire della sentenza nel suo complesso.

Non va infatti dimenticato che l’obiettivo principale del ricorso in questione era quello di censurare i decreti mediante cui era stata disciplinata la riapertura e il riaggiornamento delle Graduatorie Permanenti ad Esaurimento nel punto in cui prevedevano l’impossibilità per i docenti precari di III fascia d’Istituto di potervi accedere.

Tali richieste si basavano essenzialmente sulle seguenti constatazioni e considerazioni:

·         Il Diploma Magistrale è abilitante;

·         Anche i diplomi e le lauree che danno accesso alla III fascia d’Istituto nelle scuole secondarie devono ritenersi tali, in quanto i loro possessori sono definiti dalla vigente normativa possessori di titoli validi all’insegnamento e all’inserimento in ruolo, idonei e in alcuni casi anche abilitati;

·         In ogni caso, la direttiva 36/2005/CE prevede l’equiparazione a titolo formativo abilitante di qualsiasi esperienza almeno triennale;

·         Secondo il D.M. 27/2007, costituisce titolo valido di accesso alle Graduatorie Permanenti ad Esaurimento il possesso di una qualsiasi abilitazione o idoneità acquisita a seguito di esame o di concorso;

·         Per tali ragioni i docenti di III fascia d’Istituto, non solo devono ritenersi in possesso di validi titoli e qualifiche di accesso a tali graduatorie, ma l’esclusione dalle stesse provoca una violazione del principio di uguaglianza e una discriminazione degli stessi nei confronti dei docenti comunitari in possesso di medesimi titoli/qualifiche/servizi che diversamente ai colleghi italiani, hanno potuto accedervi;

·         In ogni caso, l’impossibilità per i docenti precari di III fascia di accedere alle Graduatorie Permanenti ad Esaurimento, e il conseguente impedimento per tali docenti di accedere alla stabilizzazione anche dopo molti anni di insegnamento e pur in presenza di posti disponibili per le immissioni in ruolo, genera una situazione di sfruttamento del lavoro precario ed una evidente e manifesta violazione della normativa comunitaria, ed in particolare della Direttiva 70/1999/CE, e del Trattato di Amsterdam;

Come è possibile constatare, appare evidente che il Consiglio di Stato ha solo parzialmente accolto le richieste contenute nel ricorso.

Più precisamente, da una lettura attenta del parere emanato, appare evidente come esso non abbia risposto ad alcune delle censure sollevate. Nulla ci dice infatti il Collegio circa la violazione delle direttive e delle norme comunitarie a tutela dei precari nonchè dello sfruttamento del lavoro precario che i docenti collocati in III fascia subiscono e continueranno a subire fin quando non avranno accesso alle graduatorie ad esaurimento.

Il Consiglio di Stato non chiarisce sostanzialmente il motivo per cui i docenti precari di III fascia delle secondarie debbano ritenersi non abilitati, nonostante il fatto che numerose norme dell’ordinamento nazionale ed attestazioni della stessa amministrazione vadano in direzione radicalmente opposta.

Sulla questione della direttiva 36/2005/CE e più precisamente del valore formativo/abilitante dell’esperienza il collegio afferma che “Tutti gli altri motivi di ricorso si risolvono in censura alle scelte discrezionali del legislatore e non deducono motivi che possano far dubitare della legittimità del combinato disposto dei DD.MM. n. 44 del 2011 e n. 62 del 2011, ad eccezione della supposta violazione (in connessione al principio di eguaglianza) del par. 3 dell’art. 3 della Direttiva del Parlamento europeo n. 36 del 2005; tuttavia, anche in questo caso, si tratta della parificazione ai docenti italiani dei docenti che abbiano titolo ad esercitare la professione in uno degli Stati dell’Unione conformemente all’ordinamento dello Stato stesso e non della parificazione tour court dell’esercizio di fatto con il titolo abilitante, come vorrebbero far intendere i ricorrenti”.

Eppure sappiamo che il MIUR ha riconosciuto più e più volte il valore formativo/abilitante dell’esperienza sia stabilendo in centinaia di decreti che essa integra e completa la formazione sia concedendo l’accesso alle suddette Graduatorie Permanenti ad Esaurimento a chiunque avesse esercitato per almeno un triennio la professione di insegnante in uno stato estero.

Ciò che in pratica intendo affermare è che le parole del Consiglio di Stato avrebbero avuto una loro coerenza se il MIUR non avesse mai permesso a docenti sprovvisti di valide qualifiche ma in possesso di pluriennale esperienza di accedere alle GAE, ma così non è.

Allo stato dei fatti appare palese e lampante la discriminazione basata sulla nazionalità che i docenti italiani si trovano a dover subire con la conseguente violazione del principio costituzionale che tutela ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 97 della Costituzione la parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici. L’esperienza professionale risulta essere riconosciuta allo stato attuale solo nei confronti dei docenti stranieri. Gli italiani a parità di titoli ed esperienza sono sempre considerati non abilitati e non qualificati.

La giustificazione con la quale il Consiglio di Stato disconosce ai Diplomati Magistrali il diritto di accedere alle Graduatorie Permanenti ad Esaurimento e che si fonda sulla presunta tardività dell’impugnazione, non appare a mio avviso condivisibile. Se da un lato è indubbio che la chiusura di tali graduatorie sia stata predisposta dalla L. 296/2006, dall’altro lato si dovrebbe osservare che l’impugnazione di atti normativi aventi valore di legge non è sottoposta alla decorrenza di termini. In ogni caso, l’impugnazione del d.m. del MIUR n. 44 del 12 maggio 2011, mediante cui è stata attuata la chiusura delle predette graduatorie, è avvenuta nei tempi e nei modi previsti per legge e, a mio avviso, non può considerarsi in alcun caso tardiva.

Insomma, nonostante possa dirmi soddisfatta del definitivo riconoscimento del valore Abilitante del Diploma Magistrale tale sentenza lascia ancora molto amaro in bocca.

Sono tutt’ora profondamente convinta che le istanze sollevate all’interno del ricorso, alla cui stesura collaborai insieme allo Studio Legale Bonetti & Partners, fossero quanto mai solide e fondate.

Quali effetti possono avere a suo giudizio le pronunce che hanno sancito il diritto dei diplomati magistrali ad accedere alle graduatorie di II fascia rispetto all’altra importantissima battaglia diretta al riconoscimento dell’abilitazione per gli storici precari della III fascia? 

Nel premettere che la battaglia per il riconoscimento dei diritti dei docenti precari di III fascia d’Istituto, siano essi in possesso o no di un Diploma Magistrale, va avanti e prosegue, mi preme innanzitutto sottolineare che la parziale ammissione del Consiglio di Stato in merito al Valore Formativo dell’Esperienza, e quindi della validità dei contenuti della Direttiva 36/2005/CE, di certo potrà esserci di aiuto per arrivare anche al riconoscimento delle qualifiche in possesso di quei docenti di III fascia d’Istituto che operano presso le scuole secondarie.

Più importante ancora sotto questo profilo risulta essere il parere emanato dalle Commissioni Europee, le quali, riconoscendo il valore abilitante del Diploma Magistrale, hanno inoltre contemporaneamente attestato il valore NON abilitante delle procedure concorsuali. Le Commissioni, ritenendo che tali procedure costituiscano dei semplici iter di reclutamento, sono giunte alla conclusione che esse non avrebbero requisiti e caratteristiche necessarie ad attribuire titoli o qualifiche ai soggetti considerati idonei all’esito del loro svolgimento. Tale affermazione, prova a nostro avviso indirettamente il valore delle qualifiche in possesso del personale docente di III fascia che opera nelle secondarie e che deve ritenersi, alla pari dei Diplomati Magistrali abilitato e qualificato.

Ma non è tutto. Avendo seguito personalmente l’iter di tale azione legale, sono dell’avviso che le ragioni espresse all’interno del parere emanato dalle Commissioni Parlamentari Europee, sebbene in linea con le conclusioni contenute nel recente parere emanato dal Consiglio di Stato e dal Tar Piemonte, secondo cui il Diploma Magistrale deve ritenersi abilitante, si basano in realtà su ragioni distinte e differenti.

Se per i Magistrati Italiani il Diploma Magistrale deve ritenersi abilitante sulla base delle fonti normative che attestano il valore di tale titolo, per le Commissioni e il Parlamento Europee così non è.

Nel corso della lunga corrispondenza/dibattito che ha preceduto il parere definitivo in oggetto le commissioni europee parvero infatti in un primo momento accogliere la linea difensiva del MIUR, secondo cui il termine ‘abilitante’, riferito al Diploma Magistrale e contenuto all’interno dei numerosi decreti, leggi ecc.. NON doveva essere inteso in senso assoluto. In altre parole, secondo l’amministrazione esso era solo un “nome”, ma non un dato di fatto. 

Decisive sotto questo punto di vista sono state alcune osservazioni che inviai alle commissioni circa le modalità con cui le Graduatorie di Circolo e d’Istituto venivano costituite e la definizione che esse davano dei titoli di accesso alla III fascia.

Alla luce di questi rilievi le Commissioni Parlamentari Europee si pronunciarono quindi nel senso di ritenere il Diploma Magistrale come idoneo a conferire l’abilitazione all’insegnamento. Esso tuttavia veniva considerato abilitante non perché definito tale dalla normativa nazionale, ma in ragione della sua spendibilità nel mondo del lavoro. Agli occhi del legislatore europeo il diploma magistrale è a tutti gli effetti una qualifica sia perché dà accesso all’insegnamento consentendo l’inserimento nelle Graduatorie d’Istituto di III fascia sia perché i decreti mediante cui tali graduatorie sono state costituite e aggiornate definiscono i titoli validi per l’insegnamento e per il successivo inserimento in ruolo del docente.

Appare evidente come tale principio sia applicabile in egual misura sia ai Diplomati Magistrali che ai docenti delle secondarie.

Una recente e molto discussa sentenza emessa dal Giudice del Lavoro di Ancona su un ricorso presentato da un docente precario di III fascia per sfruttamento del lavoro precario ha evidenziato come l'impossibilità per i docenti precari di III fascia di accedere alla stabilizzazione, anche dopo molti anni di precariato, provochi una violazione delle direttive comunitarie, dei diritti e delle aspettative di tale personale. L’Associazione da Lei presieduta è molto attiva sul fronte della sensibilizzazione del legislatore europeo verso le problematiche del precariato scolastico italiano.  Quanto pensa che il dibattito in sede comunitaria possa agevolare la battaglia per il riconoscimento del diritto alla stabilizzazione degli insegnanti precari? 

Mi ha fatto piacere leggere i contenuti della sentenza del Giudice di Ancona, la quale pur non mutando di fatto radicalmente la realtà che i precari di III fascia si trovano a vivere, conferma se non altro ancora una volta le nostre ragioni. Indipendentemente dalla valenza dei titoli e delle qualifiche dei docenti precari di III fascia, l’impossibilità per essi di essere stabilizzati viola le direttive comunitarie e le aspettative di tale personale.

Ciò detto, l’apertura mostrata a livello Europeo e Comunitario nei confronti dei precari di III fascia e non rispetto all’atteggiamento di tendenziale chiusura della magistratura italiana deve a mio avviso far riflettere.

A mio parere ci sono buone possibilità che la questione dei docenti precari di III fascia si risolva a patto che si abbia il coraggio e la forza di percorrere fino in fondo tutte le strade, in particolare quella Europea.

Per questa ragione l’associazione sindacale La Voce dei Giusti ha avviato nel 2013 ben sette denunce/petizioni per violazione del diritto comunitario al fine di chiedere il riconoscimento non solo delle qualifiche ma anche dei diritti di cui i precari di III fascia sono portatori in quanto lavoratori. Siamo in procinto inoltre di avviare anche due reclami al Comitato Sociale Europeo e non escludo inoltre l’avvio entro breve di nuove petizioni.

Tuttavia, nel precisare che l’eventuale accoglimento di tali azioni legali non ha valore vincolante per lo Stato Italiano (il quale potrebbe scegliere di ignorare deliberatamente il parere di tali organi pagando una salata multa) e nel ricordare la scarsa/insufficiente disponibilità mostrata finora dai magistrati italiani, non si può a questo punto che rivolgere il nostro sguardo verso quella che ritengo sia l’ultima e più importante meta del nostro viaggio: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

L’eventuale riconoscimento da parte un così autorevole organismo giudiziario sull’effettivo status e sui diritti dei docenti precari di III fascia d’Istituto avrebbe probabilmente il potere di dirimere definitivamente la nostra questione portandola ad una definitiva conclusione. Per tali motivi l’Associazione è orientata ad avviare nei prossimi mesi anche azioni legali volte ad interessare della questione direttamente la CEDU.

Alla luce di tutto questo chiediamo ai precari di III fascia che ci seguono o che leggeranno questo articolo di continuare a sostenerci anche nelle prossime sfide che ci apprestiamo a combattere.

 

Ultima modifica il 31 Marzo 2014