Nel caso di specie, vi era una graduatoria riservata agli studenti extracomunitari i cui posti non vennero coperti a causa di una soglia di punteggio troppo alta per ragazzi extracomunitari con problemi di lingua e che si acuivano per l’erronea formulazione di molti quesiti.
I detti posti inizialmente rimasero liberi, in quanto non coperti dagli studenti extracomunitari che non raggiungevano il punteggio di 20 e, poi, vennero distribuiti agli studenti comunitari ed agli italiani.
L’aver agito in giudizio con provvedimento d’urgenza, ex art. 55 c.p.a., ha consentito nell’immediato l’immatricolazione del ricorrente e a nulla è valsa la successiva attribuzione del posto ai comunitari. Difatti, l’illegittimità della soglia ha determinato, così, una duplicazione dei posti in favore degli studenti comunitari ed extracomunitari.
Un altro ricorso, ove la ricorrente italiana recriminava i posti liberi non assegnati agli extracomunitari, è stato definito sempre in data 7 dicembre 2014 con sentenza n° 1536 del 2014.
Per il T.A.R. <<deve essere sempre valorizzato il principio di ordine generale secondo cui, nell’ambito della programmazione dei posti accessibili per la formazione universitaria, ferma la legittimità dell’introduzione, anche sotto i profili del diritto comunitario, del c.d. “numero chiuso”, deve essere primariamente valorizzato il contingentamentodegli accessi in relazione al “fabbisogno” individuato relativamente alle strutture disponibili, proporzionato all’offerta formativa degli Atenei e non tanto al raggiungimento di un punteggio minimo in relazione alle specifiche domande formulate nei relativi “test”>>.
Pertanto, l’utilizzo integrale di posti disponibili deve essere, comunque, il fine ultimo della selezione per favorire il più possibile la domanda di formazione professionale, ex art. 33 e 34 Cost., e fornire alla collettività un numero di studenti adeguato alle strutture che impone la piena utilizzazione delle risorse con procedure legittime di selezione.