Il precedente. Nel 2012 con una storica pronuncia del T.A.R. de L’Aquila venne decretata la definitiva ammissione di uno studente che, ammesso in via cautelare alla frequenza di un corso di laurea a numero chiuso, aveva nel frattempo superato gli esami utili per il passaggio al secondo anno di corso. Secondo i giudici amministrativi abruzzesi il superamento delle prove scritte e orali previste per il passaggio al secondo anno di corso era idoneo a dimostrare il possesso da parte dello studente/ricorrente di quelle attitudini e qualità che il test di ammissione avrebbe dovuto certificare.
La questione verteva nel caso di specie intorno alla stabilizzazione degli effetti giuridici scaturenti dall’accoglimento in primo grado dell’istanza sospensiva del provvedimento di esclusione del ricorrente dall’immatricolazione al corso di laurea a numero chiuso. Venne così individuato in questa prima sentenza un intrinseco ed innovativo raccordo fra la detta misura cautelare ed il disposto dell’art. 4, comma 2 bis del d.l. 30 giugno 2005, n. 115 introdotto dalla legge di conversione 14 agosto 2005, n. 168, a tenore del quale "conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono, i candidati in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte e orali previste dal bando, anche se l'ammissione o la ripetizione della valutazione da parte della Commissione sia stata operata a seguito dei provvedimenti giurisdizionali o di autotutela".
La sanatoria, in altre parole, traeva la sua ragion d’essere da una situazione di fatto incontestabile, ovvero il superamento delle prove d’esame del primo anno. Tale risultato, anche laddove fosse stato consentito da un provvedimento giurisdizionale cautelare che avesse determinato il superamento dell’originaria preclusione partecipativa, era idoneo ai sensi della menzionata disposizione a consolidare gli effetti del conseguimento del titolo (nel caso di specie lo status di studente universitario) in capo al candidato in possesso dei titoli per partecipare al concorso.
La soddisfazione fu grande per il coraggio dimostrato dai ricorrenti, dai loro Avvocati e dagli stessi Giudici. Contro ogni previsione erano riusciti a creare un precedente aprendo una breccia fino a quel momento impensabile. Una vittoria, tuttavia, seppur significativa, non è mai di per sé sufficiente a segnare in via definitiva una strada, sicchè il cammino intrapreso non poteva essere interrotto. Pur essendo passata in giudicato, la sentenza in questione era espressione di una giurisprudenza pretoria che non aveva trovato in quel momento seguito in altri T.A.R.
Ma quegli spunti erano davvero interessanti e non potevano rimanere isolati. “Ritiene il collegio”, scriveva il T.A.R. de L’Aquila,“di condividere l’attenta difesa delle ricorrenti in ordine all’improcedibilità del gravame, per avvenuta stabilizzazione delle posizioni giuridiche scaturite a seguito dell’accolta sospensiva. Quanto alla prova circa l’avvenuto superamento degli esami del primo anno di corso da parte dei ricorrenti, tale circostanza può darsi per acquisita in giudizio, atteso che la formale dichiarazione resa agli atti dalla parte interessata non è stata in alcun modo confutata dalla PA resistente; pertanto trova applicazione nella specie l’art. 64 CPA comma 2, secondo cui il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite.
Premesso quanto sopra, ai sensi del citato art. 4 comma 2 bis del d.l. 115/2005, è la legge stessa a consentire in capo al ricorrente lo stabile conseguimento del titolo per il quale concorre, a seguito del superamento delle relative prove, anche allorché tale traguardo scaturisca in virtù – come nella specie - di provvedimenti giurisdizionali cautelari che hanno determinato il superamento dell’originaria preclusione partecipativa. Ed il titolo in questione per le ricorrenti era proprio quello lo status di matricola e di studente, titolo in concreto raggiunto mediante il proficuo superamento degli esami del primo anno di corso. Come esattamente osservato nella memoria del 28.5.2012, infatti, “[…]l’ammissione del corso di laurea a numero chiuso, d’altra parte, non dà affatto la certezza di ottenere il titolo di laurea, ragion per cui sarebbe errato pensare che la legge sia applicabile solo ove il ricorrente acquisisca la laurea (poiché) l’accesso, come detto, è inerente solo al primo anno”; pertanto, il superamento degli esami previsti in tale piano di studi equivale senza dubbio a quelle prove scritte e orali a cui la legge fa riferimento.
In conclusione, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 4 comma 2 bis del dl. 115/05 introdotto dalla legge di conversione 168/2005, con gli effetti di stabilizzazione appena precisati". Veniva così consentita la definitiva ammissione dei ricorrenti ai corsi di laurea che già con profitto frequentavano.
Il sigillo del Consiglio di Stato. Come già anticipato poc’anzi, il Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 2298/2014) ha messo il sigillo definitivo a questo iterstabilendo nella innovativa sentenza in commento che “è applicabile il dettato di cui al richiamato articolo 4, comma 2 bis, del d.l. n. 115/2005 convertito dalla legge, n. 168/2005. Nè potrebbe essere diversamente, dal momento che l'appellato, con il superamento degli esami del primo anno, ha dimostrato di essere in grado di frequentare il corso per l'ammissione al quale aveva sostenuto il concorso, consolidando, come detto, l’effettività del titolo alla cui acquisizione erano volte le prove oggetto di controversia”.
Il fatto. I Giudici di Palazzo Spada, si sono pronunciati su un ricorso presentato dal MIUR e dall’Università di Milano avverso la sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III bis, n. 2885/2012.
Il T.A.R. con la menzionata sentenza aveva decretato l’ammissione di uno studente/ricorrente al primo anno del corso di laurea in Medicina e chirurgia a causa dell’illegittimo annullamento di un quesito recante due risposte esatte. Ove tali domande non fossero state annullate, sosteneva il ricorrente, egli avrebbe conseguito un punteggio utile ai fini dell'accesso al corso.
Avverso tale sentenza proponevano appello il MIUR e l’Università di Milano.
Si costituivano in giudizio gli originari ricorrenti i quali, fra le varie censure, eccepivano l'improcedibilità del ricorso avversario per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi di quanto previsto dall'articolo 4, comma 2 bis, della legge n. 168/2005, avendo l’appellato superato gli esami di profitto per il primo anno del corso di studi, al cui accesso era stato preordinato il test, con la conseguente acquisizione dello “status” di studente del corso di laurea in medicina e chirurgia.
Secondo il ricorrente elemento discretivo e fondante del giudizio rimesso al supremo organo della giurisdizione amministrativa doveva essere la dimostrazione per cui il ricorrente non era ormai più una matricola iscritta al primo anno di medicina e chirurgia avendo superato con profitto i relativi esami.
I Giudici, prendendo le mosse dal su citato art. 4comma 2 bis, statuiscono che: “…dalla documentazione acquisita agli atti, risulta evidente che l'appellato sia stato ammesso a frequentare il primo anno del corso di laurea in medicina e chirurgia in forza della sentenza impugnata che gli ha riconosciuto un punteggio utile ai fini dell'accesso al citato corso di laurea.
Avendo lo stesso appellato superato gli esami di profitto previsti per il primo anno cui il test era preordinato ad accedere, ottenendo una valutazione positiva in ognuno di essi (e ciò non è stato smentito o contestato dalla parte appellante), egli ha conseguito il titolo per il quale aveva concorso; ciò in quanto ha esercitato con effettività, sul campo, frequentando i corsi e superando gli esami positivamente, il titolo cui fa riferimento la norma sopra riportata: nel caso, cioè, lo status di studente attestato e confermato dal superamento con profitto del primo anno di corso di laurea.
Nè potrebbe essere diversamente, dal momento che l'appellato, con il superamento degli esami del primo anno, ha dimostrato di essere in grado di frequentare il corso per l'ammissione al quale aveva sostenuto il concorso, consolidando, come detto, l’effettività del titolo alla cui acquisizione erano volte le prove oggetto di controversia.
Nella specifica situazione va, quindi, affermato il criterio sostanzialista per il suo effetto di raccordo dimostrativo del dato formale. Ciò attraverso una legittima interpretazione estensiva ispirata ai canoni della ragionevolezza e della logicità”.
Ragionevolezza e logicità appunto. Criteri utilizzati nel caso in questione con sapienza dal Consiglio di Stato e grazie ai quali l’intuizione di qualche anno addietro del Tar de L’Aquila può essere oggi ritenuta jus receptum aprendo la via al consolidamento di tante legittime aspettative di studenti che attendono ancora la parola fine nella loro battaglia per il diritto allo studio.