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TRASFERIMENTI DALL’ESTERO: IL CONSIGLIO DI STATO INVERTIRA’ LA ROTTA?

Ad oggi ben quarantaquattromila studenti si recano all’estero a causa del “numero chiuso”. Ci siamo più volte occupati di questo tema in un nostro editoriale di apertura della rivista con particolare riferimento al caso dell’università albanese convenzionata con l’Ateneo di Tor Vergata.

Numerosi atenei nostrani che “chiudono” in Italia si convenzionano a pagamento con nuovi poli universitari in Albania, Romania, Macedonia, Bulgaria ecc.; ciò dà vita ad un mercato fiorente che genera l’impoverimento culturale del nostro Paese.

Molti di questi ragazzi richiedono di rientrare in Italia ad anni successivi al primo: sul punto la giurisprudenza non è univoca. Molti T.A.R. accolgono, così come la sezione consultiva del Consiglio di Stato. Diversamente, il C.d.s. in sede giudiziaria rigetta anche dopo che gli studenti si sono immatricolati o hanno studiato per anni e anni.

E’ per questo motivo che abbiamo deciso di spiegare un formale intervento alla prossima Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, proveniente dal Consiglio della Giustizia amministrativa, che ci riferirà se i nostri ragazzi possano o meno ritornare a casa venendo ammessi almeno ad anni successivi al primo.

E’ decisivo che codesta A.P. chiarisca la possibilità del trasferimento dall’estero con ammissione ad anno successivo al primo senza rifare il c.d. test d’ingresso.

Riteniamo che non vi sia ragione per negare la concessione del trasferimento e che sia assolutamente illogico ed inconferente (rispetto alla richiesta di trasferimento ad anni successivi) subordinare il vaglio dell’istanza di trasferimento al “superamento” (con collocazione in posizione utile, si intende) del test di ammissione nazionale per l’ammissione al I anno, requisito che non poche Università richiedono come obbligo nei casi di trasferimento da altro Ateneo.

Non esiste, infatti, una fonte legislativa che onera gli studenti provenienti da Atenei esteri a sostenere il test di ammissione. Manca, del resto, una regolamentazione che neghi espressamente il trasferimento ed è, anzi, da ritenersi illegittimo ogni diniego frapposto perché in contrasto con “gli artt. 10 e 12 del r.d. n. 1269/1938, del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270 e della legge 2 agosto 1999 n. 264, in materia di accesso ai corsi universitari nonché con gli articoli artt. 3, 14, 17-21 anche in rapporto all’art. 165 del Trattato CE”.

Dunque, se un ricorrente richiede di rientrare da uno Stato ad accesso programmato (quale ad es. la Francia) ad un altro Stato sempre ad accesso programmato (come l’Italia), stante la presenza di un posto resosi vacante e non richiedibile da nessuno, non vi dovrebbero essere problemi di sorta dal punto di vista giuridico.

Nei nostri ricorsi facciamo sempre l’esempio, paradossale ma in realtà intervenuto, del ricorrente che richiede di trasferirsi dalla Sorbona (una delle più rinomate istituzioni accademiche d’Europa) al quarto anno ed al quale, dopo anni e anni di conoscenze specialistiche, è richiesto di sottoporsi ad un test d’ingresso sulle conoscenze ormai dimenticate del liceo.

Ciò nonostante, come già detto, la posizione della giurisprudenza non è univoca, ma a breve sarà chiarita e di fatto sarà per tutti vincolante dopo la prossima Adunanza Plenaria.

Nelle more, abbiamo impugnato una sentenza negativa del TAR Cagliari dove, in primo grado, era stata accolta la richiesta di sospensiva, ma, allo scioglimento della riserva nel merito, dopo un biennio, si verificava il rigetto della domanda del ricorrente.

Sul punto, giova evidenziare che L’art. 4, comma 2 bis, L. 17 agosto 2005 n. 168 prevede espressamente che: “conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito dei provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”.           

In altre parole, la norma appena citata sancisce a nostro avviso l’intangibilità, a qualunque livello ed in qualsiasi sede (“Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione…), del titolo conseguito, anche quando le prove scritte ed orali delle procedure selettive siano state effettuate (e, naturalmente, superate) a seguito di una misura cautelare, ossia di una “sospensiva”.

L’ammissione al corso di laurea a numero chiuso, d’altra parte, non equivale affatto alla “certezza” di ottenere il “titolo” di laurea in questione: l’accesso è inerente solo al I° anno ed il superamento degli esami previsti in tale piano di studi, specie se in perfetta regola con i tempi accademici dettati dall’Ateneo e con ottime votazioni, rappresenta quelle prove scritte e orali cui fa riferimento la legge.

Per questo e altri motivi, nonostante l’orientamento sfavorevole del Consiglio di Stato, abbiamo ritenuto di impugnare la sentenza di primo grado e con ordinanza depositata l’8 ottobre u.s. il Consiglio di Stato ha accolto, difatti, l’istanza cautelare del nostro ricorrente.

Nell’accogliere l’istanza cautelare, il C.d.s. ha menzionato proprio la prossima Adunanza Plenaria dove vi potrebbe essere un epocale cambio di rotta che, unitamente ai ricorsi del test, potrebbe far sgretolare il muro del numero chiuso, accompagnandosi nel frattempo ad una riforma con un primo anno con semestre aperto a tutti in grado di evitare critiche e sperequazioni tra chi ha fatto ricorso e non.