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Notifiche a mezzo pec degli Avvocati: (forse) tanto rumore per nulla

by Avv. Santi Delia on20 Febbraio 2015

Nota a Tar Lazio, Sez. III ter, 13 gennaio 2015, n. 396; T.A.R. Pescara, Sez. I, 3 febbraio 2015, n. 49; T.A.R. Napoli, Sez. VII, 6 febbraio 2015, n. 923; T.A.R. Milano, Sez. III, ord. 13 febbraio 2015, n. 468

1. Nonostante talune oscillazioni giurisprudenziali, il disposto dell'art. 16-quater del D.L. n. 179/2012 era stato largamente ritenuto fonte autorizzativa, a decorrere dal 1° gennaio 2013, della possibilità per gli avvocati di procedere alle notificazioni a mezzo Pec - anche nel processo amministrativo - nei confronti di qualunque destinatario di indirizzo Pec risultante dai pubblici elenchi (amministrazioni comprese). 



L'art. 3-bis inserito nella legge 21 gennaio 1994 n. 53, tuttavia, rinviò l’applicabilità concreta del regime all'adeguamento delle regole tecniche del Pct (processo civile telematico), avvenuto con l'art. 18 del D.M. n. 48/2013 (in vigore dal 26 maggio 2013).

A parere di chi scrive, sin d’allora, anche nel Pat (processo amministrativo telematico) sono ammesse le notifiche degli atti amministrativi a mezzo Pec, con le modalità descritte nel richiamato art. 18[1].


Vero è che l'art. 13 delle “norme tecniche di attuazione del processo amministrativo” demanda espressamente a un D.P.C.M. il compito di stabilire le regole tecnico-operative per “la sperimentazione, la graduale applicazione, l'aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali”, ma non paiono esservi elementi positivi che, categoricamente, nelle more di tale emanazione, ostino all’applicazione analogica delle richiamate norme del Pct. Al contrario, vedremo in seguito, è proprio l’art. 17 del D.P.C.M. 13 novembre 2014, in G.U. del 12 gennaio 2015 e quindi dal giorno prima del deposito della sentenza annotata, a disporre che “le pubbliche amministrazioni adeguano i propri sistemi di gestione informatica dei documenti entro e non oltre 18 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. Fino al completamento di tale processo possono essere applicate le previgenti regole tecniche. Decorso tale termine si applicano le presenti regole tecniche”.

Oggi, decorso il termine del 30 novembre, invece, appare poco rilevante l’ulteriore questione circa l'applicabilità al Pat dell'art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012, che prevede la costituzione, in seno al Ministero della Giustizia, di uno "speciale" elenco pubblico, consultabile dai difensori e dagli uffici giudiziari, contenente gli indirizzi Pec ai quali le pubbliche amministrazioni intendono ricevere le comunicazioni e notificazioni di atti processuali. 



2. Il T.A.R. Lazio[2], con la prima delle sentenze annotate, si sofferma sulle notificazioni a mezzo Pec e, attraverso la nostra analisi, proveremo a comprendere se la ritenuta inapplicabilità delle “regole tecniche del processo civile” sia possibile sin d’ora o, viceversa, lo sarà solo una volta che saranno entrate in vigore le regole tecniche del P.a.t.

Secondo il T.A.R., in ragione del disposto dell’art. 46, comma 2, D.L. n. 90/2014, a mente del quale “le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa”, nel processo amministrativo non sarebbe possibile “asseverare” secondo “le inerenti regole tecniche” le “copie per immagine” così da dare loro “la medesima efficacia probatoria dell’originale”.

La tesi esposta in sentenza non convince.

In primisin quanto non si dà atto della pubblicazione in G.U. 12 gennaio 2015 del nominato D.P.C.M. 13 novembre 2014 (“Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonche' di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005”).

Ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M., “il documento informatico assume la caratteristica di immodificabilita' se formato in modo che forma e contenuto non siano alterabili durante le fasi di tenuta e accesso e ne sia garantita la staticita' nella fase di conservazione”. Di fatto tale caratteristica è ottenibile con varie operazioni tra cui l’uso di appositi redattori software (come nel Pct) cui seguirà la sottoscrizione con firma digitale o, tra gli altri metodi, l’apposizione di una validazione temporale, o il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa, etc. (cfr. art. 3 comma 4).

L’alternativa all’uso del redattore - ove il documento informatico sia formato con l’acquisizione per via telematica o su supporto informatico, oppure mediante l’acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico (scansionato per capirci) -, è data dall’operazione di memorizzazione in un sistema di gestione informatica dei documenti che garantisca l’inalterabilità del documento o in un sistema di conservazione (cfr. art. 3, comma 5).

Allo stato, tuttavia, come accennato, non essendo possibile provvedere nè con l’uno nè con l’altro metodo, può ben trovare applicazione il disposto dell’art. 17 del D.P.C.M. a mente del quale “fino al completamento di tale processo possono essere applicate le previgenti regole tecniche”.

In secondo luogo, anche prescindendo dal “nuovo” D.P.C.M., a parere di chi scrive, è preferibile l'opzione ermeneutica secondo cui la notificazione a mezzo pec deve essere reputata ammissibile giusto l’art. 1 L. n. 53/1994, a tenore del quale l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata”.

Non si spiegherebbe, altrimenti, perché l’art. 16-ter, commi 1 e 1-bis, D.L. n. 179/2012, inerente i “pubblici elenchi”, disciplini anche le notificazioni in materia amministrativa nè la portata del precedente art. 16, comma 17-bis (parimenti introdotto dall’art. 42, del D.L. n. 90/2014, rubricato “comunicazioni e notificazioni per via telematica nel processo amministrativo”), che estende al processo amministrativo le disposizioni dello stesso art. 16 sulle comunicazioni e notificazioni di cancelleria (in particolare, i commi 4, 6, 7, 8, 12 e 13).

La distinzione, tra "comunicazioni" e "notificazioni", in punto di differenza relativa alla mancanza di regole tecniche ex art. 71 CAD, su cui la sentenza fonda il proprio convincimento, non pare rilevante e sembra provare troppo.

Se, come indicato dal T.A.R., il nodo cruciale è "la mancanza di regole tecniche ex art. 71 CAD", tale vulnus dovrebbe essere decisivo tanto per "le comunicazioni" (che non potrebbero essere validamente formate senza regole tecniche), quanto per le notificazioni.
L'intero e attuale processo di digitalizzazione (ci riferiamo all'invio della scansione degli atti che vengono caricati nel portale riservato), inoltre, andrebbe ripensato giacchè, anche sul punto e pur non essendovi per tale attività ("richiesta atto digitale" ex art. 136, comma 2, c.p.a.) decadenze, non si comprende perchè "addossare" alle parti tale onere di digitalizzazione in mancanza di regole tecniche che sembrano presupposto "primordiale" anche di tale attività.

Non può dimenticarsi, inoltre, che l'art. 136, comma 2-bis, c.p.a., con il quale si prevede la facoltatività della sottoscrizione con firma digitale degli atti di parte, del giudice e dei suoi ausiliari, in mancanza delle regole tecniche, sarebbe, di fatto, inoperante, così come, in parte qua, il nuovo portale della giustizia amministrativa. È stato recentemente ricordato[3], peraltro, che “presupposto imprescindibile della «firma digitale», ad esempio, appare la regolamentazione del fascicolo elettronico, già da tempo prevista per il Pct, in mancanza del quale non ha senso parlare di un deposito di atti telematici, con piena validità giuridica; analogamente, dovrà essere prevista a quale/i modalità di deposito "telematico", si intende riconoscere piena validità giuridica nel processo amministrativo telematico oltre, naturalmente, alle specifiche regole tecniche che, una volta effettuata la notificazione degli atti processuali, consentano al difensore di fornirne la prova in giudizio”.

Insomma, a parere di chi scrive, non è possibile, allo stato, salvare la disciplina delle comunicazioni disconoscendo quella delle notificazioni. Delle due l’una: o le regole tecniche non sono fondamentali e, nelle more della loro emanazione, è a quelle civili che ci si può riferire o l’intera telematizzazione del processo amministrativo è, allo stato, “abusiva”.

Di fatto, tuttavia, per gli avvocati e, più direttamente, per le parti coinvolte nei processi ove potrebbero essere maturate decadenze, crediamo che i principi statuiti in sentenza abbiano ben pochi concreti effetti.

Ci spieghiamo meglio.

Non crediamo che nessuno possa dubitare che l'attuale incertezza interpretativa porti alla rimessione in termini ed al rinnovo della notificazione: sul punto anche la sentenza annotata è chiara, com’è chiara nell'accogliere la tesi (ormai pacifica in giurisprudenza:  tra le pronunce più argomentate, T.A.R. Lazio, Sez. III bis, dec. 12 novembre 2013, n. 23921, a firma del compianto Pres. Massimo Luciano Calveri), sulla possibilità di accedere alla notifica a mezzo pec, previo esperimento della richiesta ex art. 52 c.p.a.

Ritiene il T.A.R. che "la finalità perseguita dai difensori possa essere raggiunta ai sensi dell'art. 52, comma 2, c.p.a, in virtù del quale ‘Il presidente può autorizzare la notificazione del ricorso o di provvedimenti anche direttamente dal difensore con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o fax, ai sensi dell'articolo 151 del codice di procedura civile’[…]. "Tale norma, in combinato disposto con l'art. 3, comma 3 bis, della legge n.53 del 21 gennaio 1994, come modificato dall'art. 16 ter della legge n.228/2012, consenta senz'altro al Presidente di autorizzare la notificazione del ricorso a mezzo PEC, secondo le modalità di seguito specificate, nelle more dell'emanazione delle regole tecniche del processo amministrativo di cui all'art.13 delle norme tecniche di attuazione, all. 2, del cpa".
Dunque, a seguito della rimessione in termini con contestuale richiesta del ricorrente di essere autorizzato a (ri)provvedere alla notificazione ex art. 52 c.p.a., questa volta con il sigillo del T.A.R. (recte del Presidente), non si farebbe altro che rinnovare la medesima notifica a mezzo pec.

Insomma, se, come pare chiaro a tutti, la digitalizzazione del processo amministrativo non deve e non può arrestarsi in un momento così delicato (è ancora recente il passaggio al nuovo sito istituzionale e sempre in crescita sono i depositi digitali degli avvocati), a parere di chi scrive, è proprio questa la strada da percorrere evitando nuovamente (il riferimento è all'atteso termine del 30 novembre 2014 per la pubblicazione degli elenchi) di dover tornare alle notifiche postali "vecchia maniera".

E allora, forse, è il caso di dire .... tanto rumore per nulla.

3. Tale tesi, da ultimo, è stata sposata anche dal T.A.R. Napoli[4] secondo cui "nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico (PAT; cfr. ex pluris, il DPCM 13 novembre 2014)" e, "sul piano della economicità delle forme, va ancora rilevato che l’autorizzazione, a seguito di innegabile rinnovabilità della notifica, non comporterebbe altro che una nuova notifica (verisimilmente) a mezzo PEC".

Secondo il T.A.R. campano, più in dettaglio, "la notifica per mezzo di posta elettronica certificata (PEC) deve ritenersi valida ed efficacemente effettuata: ad avviso del Tribunale, la mancata autorizzazione ex art. 52 CPA non può ritenersi ostativa atteso che la predetta norma si relazione a forme “speciali” di notificazione, laddove il processo amministrativo, nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico (PAT; cfr. ex pluris, il DPCM 13 novembre 2014); sul piano della economicità delle forme, va ancora rilevato che l’autorizzazione, a seguito di innegabile rinnovabilità della notifica, non comporterebbe altro che una nuova notifica (verisimilmente) a mezzo PEC; che, in particolare, la legittimità della predetta notifica è comunque recuperabile ex art. 1 L. n. 53 del 21 gennaio1994 secondo cui 1. L'avvocato o il procuratore legale (4), munito di procura alle liti a norma dell'articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto a norma dell'articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l'autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. Quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente, fatta eccezione per l'autorizzazione del consiglio dell'ordine, la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata".

Il dibattito, tuttavia, è tutt’altro che chiuso se solo si pensa che, appena qualche giorno fa, il T.A.R. Milano[5], pur ordinando adempimenti istruttori all’Amministrazione resistente non costituita, ha imposto a parte ricorrentedi depositare “la ricevuta della notificazione del ricorso in via ordinaria, pena possibile inammissibilità del ricorso”.

Ora, in disparte la invero poco usuale adozione di un provvedimento di carattere istruttorio in una fase in cui si dubita dell’ammissibilità del ricorso, potremmo cominciare ad interrogarci su cosa potrebbe accadere in ipotesi di avvenuto adempimento da parte dell’Amministrazione intimata.

Di fatto, pur se a seguito dell’ordine istruttorio, l’Amministrazione che, sino ad oggi, era rimasta contumace, verrebbe inequivocabilmente a conoscere dell’esistenza del processo e, di fatto, stante la conseguente necessità di prendere atto di un processo “intentato” nei propri confronti in virtù di una notifica ricevuta a mezzo pec, della notifica stessa. A parere di chi scrive, dunque, anche in tal caso l’originaria notifica ha certamente conseguito lo scopo per a cui era diretta con effetto sanante ex tunc. E ciò a prescindere dalla formale costituzione in giudizio dell’Amministrazione giacchè il raggiungimento della scopo della notifica è rappresentato dall’effettiva conoscenza dell’atto notificato alla controparte e non già al sollecito verso una sua effettiva costituzione nel processo.

In ipotesi di mancato adempimento all’O.C.I., viceversa, al ricorrente non resterebbe che la richiesta di rimessione in termini in virtù dell’errore scusabile dovuto all’ondivaga giurisprudenza.


[1] In termini TAR Lazio, sez. III, 25.11.2014, n. 11808, in www.giustizia-amministrativa.it

[2] Tar Lazio, Sez. III ter, 13 gennaio 2015, n. 396, in www.giustizia-amministrativa.it cui ha in seguito acriticamente aderito T.A.R. Pescara, Sez. I, 3 febbraio 2015, n. 49.

[3]I. Pisano, Processo amministrativo telematico: un via senza norme tecniche e risorse, in Quotidiano del diritto, Sole 24 ore, giugno 2014.

[4] T.A.R. Napoli, Sez. VII, 6 febbraio 2015, n. 923

[5]T.A.R. Milano, Sez. III, 13 febbraio 2015, n. 468

Ultima modifica il 28 Febbraio 2015