Da ultimo se ne sono occupate le Sezioni Unite della Cassazione, con la ordinanza n. 17586 del 04/09/2015.
La questione del riparto di giurisdizione è, in generale, stata sempre piuttosto spinosa, poiché condizionata dalla qualificazione della situazione soggettiva fatta valere. Tra l’altro, l’intrecciarsi di situazioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo ha spesso acuito il problema.
Sull’aspetto oggetto di riflessione, è bene ricordare che già nel 2011 la Cassazione aveva optato per la giurisdizione ordinaria.
Con le tre ordinanze gemelle nn. 6594, 6595 e 6596, le Sezioni Unite hanno argomentato che il danno deriva al privato non direttamente dal provvedimento della P.A., ma dall’agere scorretto dell’apparato pubblico, consistente nell’aver prima adottato un atto favorevole all’istante e poi averlo rimosso nell’esercizio dell’autotutela amministrativa. La situazione soggettiva pregiudicata sarebbe stata il legittimo ed incolpevole affidamento del privato nella validità ed efficacia del provvedimento amministrativo.
Posto che la P.A. ha tenuto una condotta integrante gli estremi dell’illecito aquiliano, ledendo il diritto soggettivo del privato a conservare un atto su cui aveva riposto un affidamento incolpevole, le Sezioni Unite concludono perché la giurisdizione spetti al giudice ordinario in qualità di giudice naturale del diritto soggettivo.
I giudici amministrativi, al contrario, hanno ritenuto che la domanda risarcitoria in casi come quello prospettato vada correttamente proposta dinanzi al T.A.R.
Negano, in particolare, la consistenza di diritto soggettivo della situazione lamentata, sostenendo che il legittimo affidamento non è una situazione giuridica soggettiva autonoma, ma risente della qualifica del rapporto giuridico cui inerisce.
L’espressione legittimo affidamento sottende, infatti, il dovere delle parti di una relazione giuridica di non creare reciprocamente false aspettative, di non approfittare dell’altrui errore; di osservare il canone di lealtà e correttezza per evitare di ingenerare falsi affidamenti nella controparte in buona fede.
Considerato che nel rapporto tra P.A. e privati il rapporto si impernia sul binomio potere autoritativo-interesse legittimo, la lesione dell’affidamento che il privato nutre nella legittimità ed efficacia dell’atto amministrativo significa lesione di un interesse legittimo, che radica la giurisdizione amministrativa.
Le Sezioni Unite, con la sopracitata ordinanza n. 17586/2015, tornano ad occuparsi della questione, ribadendo l’orientamento espresso qualche anno prima e respingendo le opinioni dei giudici amministrativi.
Quando il privato chiede un provvedimento alla P.A., è interessato ad ampliare la propria sfera giuridica, quindi non aspira tanto ad un atto legittimo, quanto ad un atto a sé favorevole. La legittimità del provvedimento amministrativo secondo le Sezioni Unite è estranea al contenuto dell’interesse legittimo pretensivo. A dimostrazione di ciò, si osserva che fin quando l’atto non è annullato dal giudice o rimosso in autotutela, l’istante è soddisfatto, e patisce una lesione solo dopo la sua rimozione.
La doglianza del privato risiede, in definitiva, nel pregiudizio arrecato alla sua integrità patrimoniale: l’istante, che aveva confidato su una attività pubblicistica per sé vantaggiosa, si trova poi nella condizione di aver inutilmente (e talvolta rovinosamente) sostenuto costi e/o rinunciato ad opportunità appetibili per aver riposto le proprie aspettative in un atto poi eliminato.
La lesione del diritto soggettivo alla conservazione della propria integrità patrimoniale giustifica la giurisdizione ordinaria.
Conclude il Collegio avvertendo che non basta che il ricorrente provi l’adozione dell’atto amministrativo e poi il suo annullamento o ritiro per ottenere tutela risarcitoria, poiché l’emissione dell’atto è solo un elemento della fattispecie; occorre altresì che siano indicate le ragioni per cui la condotta della P.A. aveva creato un affidamento.