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SSM: il Consiglio di Stato riammette in via definitiva i medici illegittimamente decaduti

by Michele Bonetti e Nicoletta Menichelli on17 Febbraio 2017

Il Consiglio di Stato, con sentenza pubblicata in data 16 febbraio 2017, si è definitivamente pronunciato sulla nota vicenda della decadenza dalle graduatorie del più che discusso concorso degli aspiranti specializzandi del 2014.

  
Nel giudizio si impugnavano i provvedimenti attraverso cui il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca non consentiva, ad oltre quindici medici che ricorrevano collettivamente, di iscriversi alla Scuola di specializzazione realmente ambita nonostante il punteggio ottenuto, all’esito degli scorrimenti intervenuti, fosse tale da consentire una utile collocazione nelle graduatorie. 
I ricorrenti, una volta iscritti nella Scuola di specializzazione a loro assegnata apprendevano di aver un punteggio idoneo per l’accesso alla Scuola di specializzazione realmente ambita. La possibilità di iscriversi, tuttavia, veniva loro preclusa in quanto già iscritti ad altra Scuola di specializzazione, cui erano stati obbligati a pena della decadenza dalla graduatoria.
I difensori dei medici del ricorso collettivo avallato dall’organizzazione di categoria della CGIL ritenevano illegittimo, difatti, il bando pubblicato con un formale decreto ministeriale nella parte in cui prevedeva che se il candidato era in posizione utile su graduatorie di più scuole doveva optare per una sola graduatoria decadendo da tutte le altre, in cui nel frattempo avrebbe potuto essere collocato in posizione utile grazie agli scorrimenti.  
Il bando era ritenuto dunque illegittimo nella parte in cui la lex specialis precludeva agli specializzandi di avvalersi di scorrimenti successivi e di potersi collocare nella graduatoria di “prima” opzione.    
In poche e semplici parole la decadenza dalla scuola e dalla sede preferita veniva decretata unicamente perchè lo scorrimento era stato più rapido in una scuola anzichè in un’altra ed in questo modo si perdeva la possibilità di conseguire l’ammissione alla scuola di prima scelta, mentre erano ancora in corso gli scorrimenti della graduatoria.   
Il Consiglio di Stato, nella sua sentenza oggetto di questa breve notizia, prende atto dell’intervenuto passaggio in giudicato di una sentenza del Tar Lazio risalente al 20 giugno 2016 che, accogliendo un ricorso similare, riteneva irragionevole e non ancorata ad alcun parametro normativo la disposizione del bando ministeriale.      
Secondo il Consiglio di Stato l’intervenuta pronuncia del Tar con successivo passaggio in giudicato annullava definitivamente il bando di cui si discuteva e, pertanto, detta decisione aveva efficacia erga omnes, annullando la specifica disposizione sulla decadenza automatica dalle graduatorie sulle Scuole di specializzazione per le quali l’aspirante aveva concorso, diverse da quelle di assegnazione.          
Il Consiglio di Stato richiamava nuovamente la pronuncia del Tar Lazio che statuiva come la decadenza avesse un effetto penalizzante eccessivo, non consentendo di sfruttare la chance di iscriversi nella Scuola di specializzazione ambita ed oltretutto dall’illegittimità della decadenza comminata non derivava un aggregamento del pubblico erario, perchè il “mero spostamento della borsa” di soggetti già assegnati a scuola e per i quali era già previsto il percepimento della borsa di studio.    
E’ notorio, difatti, che essendo la decadenza la sanzione più grave che si può infliggere al candidato, è necessario che questo ne conosca preventivamente le potenziali motivazioni e che oltretutto la sanzione sia posta a tutela di requisiti o elementi considerati essenziali per la procedura amministrativa (ex multiis Tar Lazio, Sez. II ter, 17 giugno 2009, n. 5748). “Va rilevato, infatti, che l’esclusione da una procedura selettiva per pubblico concorso è disposta sempre per la mancanza di uno dei requisiti generali o speciali da possedere per la partecipazione al concorso stesso, mentre ogni altra causa di esclusione deve essere precisamente motivata in ordine alla sua ragionevolezza in relazione, alla tutela di un preciso interesse pubblico, pena la sua illegittimità: ciò in quanto le disposizioni del bando di gara sono finalizzate esclusivamente alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 della Costituzione” (così Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6039 del 27 ottobre 2005). 
Il contenzioso si inseriva all’interno della stessa programmazione delle borse di studio degli specializzandi.
Il Consiglio di Stato rilevava altresì come a seguito dell’annullamento la disposizione caducata non comparisse più nei criteri di accesso del bando successivo; le pronuncie di annullamento degli atti generali ad effetti iscindibili eliminano gli effetti con portata erga omnes.
La scelta del Ministero dell’istruzione, dell’università e ricerca era infatti a nostro avviso in conflitto con ogni criterio di proporzionalità e ragionevolezza anche con riguardo all’art. 2, par. 1, del protocollo addizionale alla CEDU, e per l’effetto dell’art. 117, comma 1, Cost. (ciolazione da parte dello Stato italiano degli obblighi internazionali). Dispone la citata previsione della CEDU che “No personshall be denied the right to education” (il diritto di istruzione non può essere rifiutato a nessuno). Secondo l’interpretazione fornita dalla Corte CEDU le restrizioni devono perseguire uno “scopo legittimo”; non esiste un catalogo chiuso e predefinito di “scopi legittimi”, tuttavia le limitazioni, ad avviso della Corte, sono compatibili con l’art. 2, par. 1 citato solo se c’è una ragionevole relazione di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Nel caso che ci occupa, l’interpretazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca del bando censurato dal Consiglio di Stato, in base alla quale in luogo di graduatorie plurime nazionali se ne forma una unica dalla quale si decade ottenuta l’ammissione in una qualsiasi delle scelte, vanifica il criterio meritocratico prescelto dallo stesso legislatore, e rappresenta una restrizione non proporzionata rispetto alla scopo perseguito (selezione dei migliori per accedere ad un numero limitato di vorse) e che vanifica nella sua assenza e nella sua effettività il diritto fondamentale allo studio universitario (Cons. Stato, Sez. VI, ord. 18 giugno 2012, n. 3541) ed alla formazione professionale. 
La comminatoria di decadenza da tutte le graduatorie una volta ammessi in una scuola, è illegittima e tradisce lo spirito meritocratico fatto proprio dal Consiglio di Stato anche in una delibazione sulla legittimità della impostazione concorsule nazionale secondo cui il caso concerneva l’ammissione al Corso di Laurea in Medicina.           
Pertanto si legge letteralmente che “l’ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo e dal numero di concorrenti presso ciascun corso di laurea, ossia fattori non ponderabili ex ante. Infatti, ove in ipotesi il concorrente scegliesse un dato corso di laurea prechè ci sono più posti disponibili e dunque maggiori speranzi di vittoria, la stessa scelta potrebbero farla un numero indeterminato di candidati, e per converso in una sede con pochi posti potrebbero esservi pochissime domande” (Cons. Stato, Sez. VI, ord. 18 giugno 2012, n. 3541). Identica casualità, anzi forse più accentuata, si ha nel caso che ci occupa ove è solo la velocità di scorrimento della graduatoria a farla “da padrone”. Essendo ogni graduatoria autonoma, a prescindere dal punteggio ottenuto, si assisteva a scorrimenti totalmente differenti in qualità e quantità, ragion per cui, esattamente come capitato ai quindici medici, si erano ritrovati ammessi in una scelta, ma senza potersi più iscrivere.        
In questo come in quel caso, l’irrazionalità ed il non riconoscimento del “merito secco” trova evidenza nel diverso punteggio sufficiente per accedere alla medesima scuola all’esito della medesima prova.
“Va poi evidenziato che, svolgendosi la prova unica nazionale nello stesso giorno presso tutti gli Atenei, a ciascun candidato è data una unica possibilità di concorrere, in una sola università, per una sola graduatoria (oneshot), con l’effetto pratico che coloro che conseguono in un dato Ateneo un punteggio più elevato di quello conseguito da altri in un altro Ateneo, rischiano di essere scartati, e dunque posposti, solo in virtù del dato casuale del numero di posti e di concorrenti in ciascun Ateneo.
Questo è del tutto contrario alla logica del concorso unico nazionale.”     
Ritornando alla sentenza del Consiglio di Stato del 16 febbraio 2017 al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, non resta che prendere atto dell’annullamento con efficacia erga omnes della disposizione del bando sulla decadenza delle graduatorie, avente natura di atto generale ad effetto inscindibile.
L’annullamento determinava il Consiglio di Stato a dichiarare l’appello improcedibile per difetto sopravvenuto di interesse, essendo già intervenuta la caducazione della disposizione con efficacia erga omnes.          
La sentenza del Consiglio di Stato conclude così un triste epilogo di un concorso per la prima volta nazionale ma pieno di critiche, nato per una presunta tutela del merito quando poi il punteggio non veniva preservato tra le varie graduatorie, lasciando anche posti disponibili e vacanti.
Appare opportuno a chi scrive far proprie le parole del Tar Puglia, Bari, n. 3051/06, secondo il quale “ogni diversa opzione, essendo fondata sulla base del mero dato casuale, risulta illegittima nonchè suscettibile di poter determinare effetti aberranti, quali quello subito dalla ricorrente, postergata rispetto a candidati che, all’esito dell’unica prova, hanno conseguito punteggi inferiori.”.

Ultima modifica il 19 Febbraio 2017