DIFETTO DI MOTIVAZIONE E GIUDIZI DI INIDONEITA’ ALL’ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE
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In data 03 gennaio 2020 il T.A.R. del Lazio pubblica un’importante sentenza di merito, ancora una volta, relativa al concorso nazionale per l’abilitazione a professori universitari.

La sentenza, tra i primissimi provvedimenti del nuovo anno, pone l’accento sulla necessarietà di un’adeguata motivazione del provvedimento adottato dalle Commissioni, dunque su uno dei requisiti dell’atto amministrativo, nei giudizi per conseguire l’abilitazione nazionale.

Secondo il Tribunale di Roma la valutazione adottata dal MIUR sarebbe stata viziata da una “palese parzialità”, avendo la Commissione giudicato solo su alcuni aspetti del curriculum scientifico della candidata in questione e senza una congrua motivazione imposta dalla legge.

La candidata, in possesso di tutti i requisiti previsti dal bando di selezione, aveva ottenuto un giudizio negativo frutto di un’apodittica comparazione tra il proprio curriculum scientifico- professionale e quello di un’altra candidata. Per i due candidati, di cui venivano posti a confronto i curricula, i medesimi lavori frutto della ricerca scientifica, anche svolta in collaborazione, venivano valutati in maniera opposta, concedendo l’abilitazione solo ad una delle due. La commissione di concorso non aveva opportunamente valutato parte delle pubblicazioni in cui era ricavabile il contributo personale della ricercatrice, fermandosi al solo confronto negativo su alcuni lavori.

La parzialità della motivazione resa comporta l’illegittimità del giudizio e l’annullabilità del provvedimento amministrativo, integrando la violazione di legge e, nello specifico, dell’art. 3 della legge n. 241/90.

Nel caso delle procedure abilitative in questione, ha sottolineato il Giudice Amministrativo, “occorre procedere sia ad una sintetica descrizione delle pubblicazioni presentate sia ad un sintetico esame delle stesse, che non tutte le Commissioni svolgono, ed individuare chiaramente le ragioni che hanno giustificato la formulazione del giudizio negativo”.

È evidente che quanto opportunamente evidenziato dall’Organo di Giustizia Amministrativa sia frutto di una molteplicità e varietà di problematiche riscontrabili in una procedura tanto complessa, come quella che ha riguardato la pronuncia qui in esame. Da tali problematiche non è insolito ricavare vizi della procedura che possano comportare l’annullamento con l’effetto di una nuova e corretta valutazione.

La procedura per ottenere l’abilitazione a Professore Universitario di nuovo al vaglio del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
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Trattiamo, in questa sede, di una procedura concorsuale che è stata al centro di una profonda innovazione negli ultimi anni ma, non per questo, risulta essere esente da critiche e vizi di forma.

Ad essere analizzata è un’ultima sentenza pubblicata dal T.A.R. del Lazio, ove l’intervento dei Giudici veniva invocato a seguito di un giudizio negativo sulla domanda di abilitazione a professore ordinario di un noto e stimato docente e ricercatore nel panorama italiano.

Il contenzioso, instaurato con il patrocinio dello Studio Legale Bonetti & Delia con ricorso giurisdizionale dinanzi al predetto Tribunale romano, vedeva contestati i giudizi resi da una Commissione di cinque membri designati dal Ministero dell’Istruzione, incaricati della valutazione delle domande sottoposte da diversi candidati.

DM 496/16: irragionevole l'esclusione dal piano di assunzione dei docenti già di ruolo. Consiglio di Stato, Ord. n. 3001/2017
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Com'è noto, sebbene il Testo Unico in materia di istruzione (d.lgs. n. 297 del 1994, art. 400, comma 1) abbia previsto la cadenza triennale dei concorsi per l'assunzione nel settore scuola, quello del 2012 è stato il primo concorso dopo 13 anni di silenzio.

Vizio dell’anonimato: il peccato originario
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Correva l’anno 2007 ed in un test, molto similare a quello attuale, venivano adottate modalità di svolgimento della prova non sufficienti a garantire l’anonimato.

Nel test del 2007, pregno di brogli e procedimenti penali riuniti dalla Procura di Roma per le varie sedi universitarie della Repubblica, il problema nasceva dalla presenza all’interno della scheda anagrafica, oltre al nome e cognome del candidato, di un codice alfanumerico posto immediatamente sotto il codice a barre.

L’alto Commissario per l’Anticorruzione propose così l’eliminazione di detto codice: levando quella semplice riga dal test l’anonimato non sarebbe più stato leso. Come del resto accade in quasi tutti gli altri concorsi pubblici le cui prove preselettive iniziano col test.

Il codice a barre, infatti, rimane comunque leggibile, nel senso che dalla lettura ottica si evince proprio il codice segreto; basta un qualsiasi smartphone dotato di un’applicazione gratuita scaricabile da Google per leggere tali codici; proprio come accade quando si fa la spesa in un supermercato: su ogni prodotto vi è un codice a barre senza un “numero segreto”.