Il mancato o errato consenso informato produce un danno suscettibile di autonomo risarcimento
Nota a Cassazione civile, 20 maggio 2016, n.10414, sez. III
Il volto oscuro dell’autoriciclaggio: la fine di privilegi o la violazione di princìpi?
Incalzanti le richieste[1], spasmodica l’attesa, numerose le proposte sul tappeto[2] ed ormai davvero troppi i rinvii. Inevitabile l’epilogo, imperdibile l’occasione: nel momento in cui con la voluntary disclosure si offre al contribuente la possibilità di sanare ogni violazione risalente nel tempo il legislatore non può che affidarsi all’introduzione dell’autoriciclaggio per lanciare l’ennesimo messaggio “del bastone e della carota” in chiave puramente generalpreventiva.
Vizio dell’anonimato: il peccato originario
Correva l’anno 2007 ed in un test, molto similare a quello attuale, venivano adottate modalità di svolgimento della prova non sufficienti a garantire l’anonimato.
Nel test del 2007, pregno di brogli e procedimenti penali riuniti dalla Procura di Roma per le varie sedi universitarie della Repubblica, il problema nasceva dalla presenza all’interno della scheda anagrafica, oltre al nome e cognome del candidato, di un codice alfanumerico posto immediatamente sotto il codice a barre.
L’alto Commissario per l’Anticorruzione propose così l’eliminazione di detto codice: levando quella semplice riga dal test l’anonimato non sarebbe più stato leso. Come del resto accade in quasi tutti gli altri concorsi pubblici le cui prove preselettive iniziano col test.
Il codice a barre, infatti, rimane comunque leggibile, nel senso che dalla lettura ottica si evince proprio il codice segreto; basta un qualsiasi smartphone dotato di un’applicazione gratuita scaricabile da Google per leggere tali codici; proprio come accade quando si fa la spesa in un supermercato: su ogni prodotto vi è un codice a barre senza un “numero segreto”.
VIOLAZIONE DELL’ANONIMATO: DOPO L’ADUNANZA PLENARIA IL PRINCIPIO PASSA ANCHE AL CONSIGLIO DI STATO
La sezione VI° del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale con ordinanza n. 251 del 2014 ha accolto l’istanza cautelare di una nostra ricorrente.
La vicenda concerne la nota questione della violazione dell’anonimato nei concorsi pubblici più volte affrontata nella nostra rivista