Il Consiglio di Stato dispone l’ammissione alla prova orale per la procedura concorsuale abilitante per l’assunzione di docenti per la classe di concorso EEEM.
Con ordinanza n. 3336 pubblicata in data 04.09.2024, per il giudizio avente n. 6418/2024 R.G., il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, accoglie l’appello e, in riforma dell’ordinanza impugnata n. 3275 resa dal T.A.R. Lazio Sez. III bis nel procedimento n. 6006/2024 r.g., consente all’appellante di sottoporsi alla prova orale della procedura concorsuale abilitante, bandita con D.D. n. 1330 del 4 agosto 2023 “per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente relativi all'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria” primo concorso in assoluto per l’assunzione di docenti per la classe di concorso EEEM che consente a coloro che risulteranno vincitori di essere convocati per le immissioni in ruolo già a partire dall’anno scolastico 2024/2025.
Parte appellante, che aveva sostenuto la prova scritta computer based conseguendo un punteggio di 66 punti, poi rettificato in 68/70 a seguito di un intervento in via di autotutela del MIM sul quesito relativo all’ormone GH, e che mancava dell’attribuzione del punteggio di una sola domanda per rientrare nei posti disponibili per la regione Lazio, riscontrava numerose illegittimità e faceva richiesta di disporre CTU sui quesiti contestati, compreso quello sul fair play.
A seguito dell’udienza in camera di consiglio del 16 luglio 2024, il TAR del Lazio si era pronunciato con il provvedimento gravato respingendo la domanda cautelare di parte appellante, prendendo in considerazione i dati emersi a seguito di verificazione disposta nell’ambito di un ulteriore procedimento sul quesito del fair play, senza tuttavia considerare le deduzioni da parte appellante avanzate.
Ad oggi, i Giudici di Palazzo Spada, reputando “apprezzabile favorevolmente l’interesse all’assegnazione di un incarico per l’imminente anno scolastico”, dispongono l’ammissione di parte appellante alla prova orale della procedura concorsuale, accogliendo il ricorso in appello da noi patrocinato anche nel fumus.
Inderogabilità del collegio perfetto e abuso di funzione da parte del DS: la sentenza del Consiglio di Stato
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 30 novembre 2020 n. 7533
Presidente Estensore Dott. Sergio Santoro
Nota a sentenza
“Il consiglio di classe […] nell'attività valutativa opera come un collegio perfetto e come tale deve deliberare con la partecipazione di tutti i suoi componenti, essendo richiesto il quorum integrale nei collegi con funzioni giudicatrici”.
“Deve ritenersi illegittimo il provvedimento con cui il consiglio di classe non abbia promosso un alunno alla classe successiva, ove dal verbale della relativa riunione risulti l'assenza di un docente, non sostituito da altro collega della stessa materia, non essendo sufficiente la sostituzione dell’assente col dirigente scolastico, che in tal caso svolgerebbe illegittimamente la duplice funzione di coordinatore della seduta e di docente della materia del professore sostituito”.
ANALISI DEL CASO
I ricorrenti, esercenti la potestà genitoriale sul minore, agivano dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, sede di Trieste, al fine di veder annullato il verbale del consiglio di classe con cui il proprio figlio non veniva ammesso alla classe seconda della scuola secondaria di primo grado.
Parte ricorrente adduceva quale motivazione che l’assenza della docente di matematica e scienze, in quanto sostituita dal Dirigente Scolastico e non da un altro insegnante della medesima materia, aveva determinato la violazione del principio del “collegio perfetto” viziando irrimediabilmente l’atto reso in tale sede.
Il Giudice di primo grado, in accoglimento del ricorso, richiamava sul punto la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, riportandosi alla sentenza n. 1870/2003 e affermando che “il Collegio dei docenti nella scuola secondaria è organo collegiale perfetto, che pertanto può legittimamente decidere solo nella completezza dei suoi componenti, il che, nel caso in esame, non è avvenuto”.
A seguito del ricorso in appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha confermato la decisione del TAR rimarcando e ampliando le argomentazioni sulla necessarietà del collegio perfetto nonché affermando l’illegittimità della posizione di uno dei membri del collegio nello svolgimento di una duplice funzione; nella specie si è rilevata illegittima la posizione del Dirigente Scolastico che svolgeva al contempo la funzione di coordinatore della seduta e di docente della materia del professore sostituito.
COMMENTO
È noto come dottrina e giurisprudenza riconoscano la natura di “collegio perfetto” agli organi collegiali tecnici, con funzione di giudizio, per le cui deliberazioni è necessario il quorum strutturale del plenum dei componenti.
Ciò in quanto, nei collegi con compiti di giudizio tecnico-discrezionale, come nel caso oggetto della sentenza in commento, la valutazione operata da ciascun componente è espressione di competenza e professionalità proprie, che ciascun membro del collegio è chiamato a impegnare nell’espletamento delle proprie funzioni. La necessaria presenza di tutti i membri del collegio, dunque, deriva dalla infungibilità della competenza di ciascuno, in ragione delle diverse materie di pertinenza.
Tale aspetto, non deve essere confuso con l’impossibilità di sostituire uno dei componenti del collegio con un soggetto con la medesima professionalità, che possa sopperire, da un punto di vista strettamente tecnico, all’assenza del membro titolare.
La pregevolissima pronuncia del Consiglio di Stato consente di cogliere appieno tali aspetti muovendo, appunto, dal principio del collegio perfetto coordinato con la normativa di riferimento. L’efficace disamina dell’Ecc.mo Giudicante muove dal presupposto che, a norma degli artt. 5, comma 7, e 193, comma 1, del D. Lgs. 16.04.1994, n. 297, nelle scuole di istruzione secondaria la valutazione periodica e finale degli alunni spetta al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti e che, dunque, detto consiglio sia costituito da tutti i docenti della classe e (meramente) presieduto dal dirigente scolastico.
Il sapiente punto di vista offerto dal Consiglio di Stato delinea i confini delle funzioni riconosciute in capo ad ogni soggetto coinvolto: ai membri del collegio, dotati di consapevole conoscenza e di strumenti idonei per la valutazione degli elementi da porre alla base del giudizio tecnico-discrezionale che sono chiamati a pronunciare, e al presidente del collegio (nel caso della sentenza in commento, il Dirigente Scolastico) al quale, diversamente, è riservata la sola funzione di coordinatore della seduta. Ove l’organo di valutazione non risulti completo da un punto di vista tecnico o funzionale, il relativo provvedimento reso non può che dirsi viziato.
La “funzione giudicatrice”, difatti, essendo espressione di una valutazione strettamente tecnico-discrezionale, può essere effettuata solo da soggetti con competenze specifiche, non potendo ritenersi sufficiente una mera “lettura del registro” per sopperire alla mancanza dei prerequisiti necessari ai fini del giudicare.
In tale ottica la natura di collegio perfetto non è inficiata dalla nomina di supplenti, anzi, ne è confermata ove il soggetto chiamato a sostituire il componente impossibilitato a presenziare ne mantenga le caratteristiche tecniche.
La casistica fattuale in commento, invero, si è completamente discostata da tali principi cardine, determinando il G.A. ad annullare il verbale del collegio docenti imperfetto da un punto di vista funzionale quanto tecnico. Il Collegio, difatti, ha chiaramente affermato l’illegittimità del ruolo di sostituto assunto (“impropriamente”) dal Dirigente Scolastico pur senza possedere le necessarie competenze sulla materia e precisando come tale circostanza abbia integrato un’ulteriore illegittimità consistente nell’aver ricoperto la duplice funzione di membro nonché coordinatore del collegio, circostanza non prevista ex lege e che ne ha determinato la composizione imperfetta.
L’autorevole pronuncia del Consiglio di Stato, dunque, rimarca l’inderogabilità della composizione degli organi collegiali tecnici con funzione di giudizio proprio in ragione dei peculiari e delicati compiti affidati.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 30 novembre 2020 n. 7533
Docenti PAS: accolto l’appello, i precari mantengono il ruolo fino al provvedimento di merito.
IL CONSIGLIO DI STATO SUGLI ONERI DECADENZIALI DELLE GRADUATORIE DI MEDICINA E ODONTOIATRIA
È stato pubblicato oggi un nuovo ed importantissimo provvedimento, a firma dell’Ecc.mo Presidente del Consiglio di Stato, con il quale si introduce un’importante apertura in tema di accesso programmato ai corsi di laurea di Medicina ed Odontoiatria.
Trattasi di un’ordinanza cautelare in cui il Supremo Collegio prende posizione in maniera netta ed innovativa sulla nota questione della decadenza dalle graduatorie per non aver effettuato la conferma di interesse disciplinata dall’art. 10 del D.M. n. 337/2018.
La rilevanza del pronunciamento riguarda il fatto che trattasi di una nuova giurisprudenza del Supremo Consiglio di Stato, resa in grado di appello, che può aprire la strada ai ricorrenti che incolpevolmente risultano decaduti.
Con il provvedimento viene accolto il ricorso collettivo patrocinato dagli Avv.ti Michele Bonetti e Santi Delia, consentendo l’immatricolazione con riserva ai ricorrenti con punteggio elevato conseguito ai test.
Il tema è sempre quello della mancata assegnazione dei posti disponibili e non banditi, già accolto con ordinanze e sentenze del G.A.
Nel caso di specie, viene affermato che “la Sezione tuttavia non ravvisa gli estremi della decadenza ex art. 10 lett. d) del D.M. n. 337/2018, sul rilievo che il mancato adempimento all’onere di conferma dell’interesse a rimanere nella graduatoria deve risultare da prova certa (…) prova che però nella specie non è stata data”.
Nell’interessante caso in esame si pone in capo all’Amministrazione l’onere di dimostrare che l’intervenuta decadenza sia imputabile al candidato che ha proposto ricorso, imponendo l’obbligo di un avviso formale ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. Non basta dunque il semplice rilievo processuale dell’eccezione di decadenza “ed è appena il caso di rilevare che l’Amministrazione invoca la decadenza del candidato per la prima volta in questa sede, senza averla mai prima contestata all’interessata, in spregio dell’art. 10-bis della legge 241 del 1990”.
Infine, in questo periodo molto particolare e alla luce della grave emergenza sanitaria, non mancano spunti di dibattito che portino a ridefinite molte delle norme che limitano l’accesso al mondo universitario.
Bocciatura illegittima in mancanza di valutazione del contesto psicologico ed ambientale del ragazzo sottoposto a maltrattamenti a scuola: la nuova sentenza del Consiglio di Stato.
Con il provvedimento n. 2423/2020 del 15.04.2020 il Giudice amministrativo d’appello torna ad occuparsi di un contenzioso afferente alla mancata ammissione di un alunno alla seconda classe della scuola secondaria di secondo grado. Trattasi, come noto, di situazioni sempre più frequentemente rimesse alla giustizia amministrativa e che richiedono uno scrutinio approfondito quanto lungimirante laddove rilevano irregolarità macroscopiche nell’applicazione della normativa vigente (a tal proposito si veda l’approfondimento reperibile al presente link) o soprattutto si fanno portavoce di un malessere, un turbamento dell’alunno, come avvenuto nel caso in argomento.
La situazione sottoposta al giudice, difatti, non atteneva unicamente alla bontà della valutazione operata dagli insegnanti, bensì si incardinava in un contesto ben più peculiare, contraddistinto, in base ai rilievi forniti dai genitori, da presunti reiterati maltrattamenti perpetrati da un professore a danno degli alunni. In considerazione degli stessi, i quali inevitabilmente si erano ripercossi negativamente sulla resa scolastica del ricorrente, i genitori avevano adito il TAR Basilicata chiedendo l’annullamento dei provvedimenti del Consiglio di classe che, tralasciando ogni valutazione sulla condotta del docente, si erano limitati a calcolare la media aritmetica dei voti del ragazzo senza considerare le variabili personali, temporali ed ambientali, e conseguentemente ne avevano disposto la bocciatura.
Il giudice di primo grado investito, però, aveva respinto le doglianze del ricorrente facendo leva sul rendimento scolastico insufficiente. Non veniva dunque presa in esame la peculiare situazione dell’alunno, le sevizie eventualmente subite e lo stato psicologico con cui lo stesso si sarebbe approcciato alla scuola proprio a seguito di quanto accaduto tra le mura dell’istituto. Anzi, tale situazione specifica passava del tutto in secondo piano, surclassata dalle risultanze del Consiglio di classe.
Secondo il TAR, la mera media aritmetica, oggettiva ed indefettibile, era l’unico dato rilevante ai fini della promozione o bocciatura dell’alunno, senza che le altre componenti psicologiche o ambientali potessero in alcun modo influire sulle prospettive future del ragazzo.
Avverso la sentenza di rigetto del giudice di prime cure si è adito il Consiglio di Stato che, con la pronuncia in argomento, ha ribaltato il punto di vista del TAR accordando al discente piena tutela.
Il giudice d’appello, difatti, ha preso le mosse proprio dalla situazione di turbamento e disagio paventata dal ricorrente e, anche in considerazione della denuncia querela formulata dai genitori e del successivo avviso di conclusione delle indagini preliminari (in base al quale il Tribunale di Matera ha proceduto nei confronti del professore per il delitto di cui agli arti. 81 cpv. e 572 c.p.), ha disposto un approfondimento istruttorio circa la consistenza dei fatti addebitati al docente.
Le vicissitudini richiamate all’interno della querela, invero, attenevano a condotte del professore particolarmente gravi, come punizioni fisiche agli alunni, reiterate mortificazioni degli stessi anche innanzi all’intera classe e addirittura episodi di maltrattamenti che terminavano con danni fisici ai ragazzi. Fatti che, laddove dovessero essere veritieri, non potrebbero non aver modificato, distorto, la percezione dell’adolescente sulla scuola, facendone plausibilmente un luogo di sofferenza e turbamento anziché uno di comprensione e formazione.
Non può tacersi, quindi, la portata degli episodi in trattazione che, in antitesi ai plurimi interventi di sensibilizzazione contro il bullismo ed il cyber bullismo dilagante negli istituti di istruzione, potrebbe aver costituito uno strumento di vero e proprio bullismo dell’insegnante sull’alunno.
Ebbene il giudice d’appello, sensibile ad una situazione tanto delicata, e nell’intento di approfondire quanto più possibile la veridicità degli episodi di maltrattamenti subiti dal ricorrente, disponeva un’ampia istruttoria, raccomandando all’amministrazione di fornire ogni elemento utile per chiarire i fatti ed altresì, d’ufficio, l'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che fossero nella disponibilità della pubblica amministrazione.
A differenza di quanto avvenuto in primo grado, quindi, veniva accordata un’importanza imprescindibile alla situazione specifica patita dall’alunno, su cui si chiedeva all’amministrazione di approfondire.
Se il TAR si era dimostrato sordo alla contestualizzazione della resa scolastica del ragazzo, come inevitabilmente influenzata dalle vicissitudini evidenziate, il Consiglio di Stato si è invece concentrato proprio su di esse, manifestando una preoccupazione viva, umana, su quanto accaduto tra le mura scolastiche.
E proprio l’inerzia immotivata dell’amministrazione sulle richieste del Consesso è posta a fondamento della decisione d’appello. Il significativo inadempimento processuale perpetrato dalla PA, difatti, è stato valutato ai sensi dell’art. 64 cpa, sia in ottemperanza al principio di non contestazione sia in termini di contegno della parte processuale. Va da sé evidentemente che, in mancanza di depositi in grado di smontare la tesi del ricorrente, debba presumersi l’inesistenza stessa di documenti, dati, informazioni che possano controbattere alle doglianze dell’alunno, soprattutto in considerazione del fatto che l’omesso deposito non è in alcun modo motivato dall’amministrazione.
L’inerzia immotivata su rilievi irrinunciabili ai fini della definizione del contenzioso, ha condotto all’accoglimento dell’appello con conseguente ammissione dell’alunno alla classe successiva.
Ancora una volta il Consiglio di Stato manifesta il proprio orientamento a garanzia dei singoli, confermando la preoccupazione ad emettere pronunce che siano il risultato di uno scrutinio rigoroso ed approfondito, di una visione d’insieme a 360 gradi atta a valutare tutte le componenti del contenzioso e ad accordare tutela a coloro i quali sono lesi da operatori che, in spregio ai principi posti a fondamento dell’attività amministrativa, abusano dei poteri loro forniti.
Ciò emerge a maggior ragione nel nostro caso, ove trattasi di ragazzi in erba, individui alla scoperta della propria identità e del proprio futuro, lesi proprio nel luogo preposto alla loro cura e formazione.
Senza interventi giurisprudenziali quali quello in esame gli alunni farebbero le spese di un sistema inefficiente, della carenza nei controlli, della condotta abusiva di alcuni individui. Si possono forse comprendere in tal senso le posizioni di coloro che premono per la fruizione ordinaria della didattica online, strumento oggi posto al centro dell’attenzione in virtù dell’emergenza pandemica, ma anche protagonista di un ampio dibattito sul futuro dell’insegnamento, le cui sorti sono immancabilmente legate alla propria duttilità al cambiamento secondo seri correttivi.
CONSIGLIO DI STATO: SÌ ALL’AMMISSIONE DEI MEDICI AI POSTI DELLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE.
Il Consiglio di Stato prosegue ad accogliere i ricorsi dei medici specializzandi patrocinati dagli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia.
Il massimo organo della Giustizia Amministrativa, con plurimi provvedimenti favorevoli, si è espresso ai fini dell’ammissione dei medici ai posti delle scuole di specializzazione, da anni vacanti e mai riassegnati, riconoscendo dunque come non procrastinabile la necessità di procedere ad un aumento degli specializzandi.
Nei provvedimenti resi difatti appare diretto il riferimento all’attuale emergenza sanitaria Covid-19, che vede impegnato tutto il personale medico e sanitario del Paese, ed alla conseguente esigenza di reclutare immediatamente ulteriori medici. In particolare, il G.A. fa leva sul recente D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all'emergenza COVID-19) che, all’art. 1, primo comma, lett. a), stabilisce che si proceda “al reclutamento delle professioni sanitarie, (…), nonché di medici specializzandi, iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, anche ove non collocati nelle graduatorie (…), conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi, prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza, sino al 2020, in deroga all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. I medici specializzandi restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria, e continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta”.
Altresì Palazzo Spada è giunto alla conclusione secondo cui, per effetto dell’art.1, primo comma, lett. a) del D.L. 09/03/2020, n. 14 cit. e dei provvedimenti conseguenti, “i limiti del contingente stabilito dal Ministero, anche senza calcolare il numero delle borse vacanti, inutilizzate e/o “bruciate”, dovrà inevitabilmente essere rimodulato”.
Come dichiarato dalla Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn nel proprio comunicato, le anzidette pronunce del Consiglio di Stato che riassegnano i posti delle specializzazioni di anno in anno rimasti vacanti e non assegnati (circa 300 l’anno), rappresentano un importante traguardo, anche e soprattutto a motivo della contingente situazione che sta interessando l’Italia, e si auspica che le forze politiche si muovano nella direzione che possa condurre ad un aumento delle borse di specializzazione medica.
L’Avv. Bonetti così commenta: “Siamo lieti di aver ottenuto un altro provvedimento che in realtà attendevamo già prima del diffondersi dell’emergenza Covid-19. Non si può nascondere che il collasso che sta toccando il nostro SSN in questo tragico contesto di emergenza sanitaria rappresenti la conseguenza anche dell’aver trascurato per anni settori fondamentali quali la sanità pubblica, l’istruzione nonché la ricerca scientifica. Ritengo perciò che fondamentale l’apertura degli accessi non solo alla facoltà di Medicina ma anche alla formazione post lauream e dunque alle specializzazioni mediche. In tal modo si garantisce non solo il diritto allo studio ma anche il diritto alla salute, entrambi diritti costituzionalmente garantiti, dei cittadini che per anni hanno visto programmazioni sottostimate da parte degli Atenei e dai Ministeri dell’Università e della Salute”.
I provvedimenti del Giudice di seconde cure si collocano così in linea e a supporto dell’emergenza che sta investendo il Paese e che ha comportato la necessità e l’urgenza nella richiesta di una forma di intervento repentina di ulteriori medici all’interno delle strutture sanitarie dislocate sull’intera penisola.
In allegato e di seguito i link in cui è reperibile la news:
https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=82790
https://www.avvocatosantidelia.it/categoria/news/
La bocciatura a scuola tra divieto di legge e comportamento processuale dell’amministrazione: commento all’Ordinanza del Consiglio di Stato del 10 febbraio 2020
Ci troviamo a commentare un’ordinanza del Supremo Consiglio, di recentissima pubblicazione, con rilevanza non solo sul merito della questione, che di seguito si analizzerà, ma che lascia spunti anche di carattere processual amministrativo.
Quello che i Giudici di Palazzo Spada hanno sancito è un principio, già in precedenza esplicitato dalla magistratura amministrativa (http://www.semprediritti.it/index.php/aree-di-interesse/scuola-e-universita/item/728-se-la-bocciatura-a-scuola-arriva-dinanzi-ai-giudici-la-dura-verit%C3%A0-di-provare-a-far-rispettare-le-leggi), di massima tutela per i giovanisimi studenti della scuola di primo grado.
Il tema è quello delle bocciature nella scuola primaria, molto delicato in quanto in questa particolare fase della crescita e formazione scolastica l’alunno può trovarsi nella difficoltà di dover afforontare un percorso non sempre caratterizzato da un rendimento omogeneo.
Su tale presupposto la legge, ed in particolare il D.lgs. 13 aprile 2017 n. 62 e la Circolare n.1865 del 10.10.2017, si preoccupa di dettare regole di favore per lo studente della scuola media. Il consiglio di classe è obbligato a tenere in considerazione periodi scolastici ampi per decretare l’eventuale bocciatura. In ogni caso si accorda preferenza a strumenti alternativi e meno invasivi della bocciatura per consentire all’alunno di recuperare le lacune anche in più materie.
Il caso in esame, per l’appunto, concerne un giudizio (illegittimo) del consiglio di classe di mancata ammissione all’esame di terza media, adottato considerando il solo arco temporale dell’ultimo quadrimestre dell’ultimo anno scolastico.
Gli spunti critici ulteriori sulla vicenda nascono, però, dal rilievo effettuato dal Consiglio di Stato circa il comportamento tenuto dall’Amministrazione nel processo.
Evidenzia il Collegio giudicante che, nonostante il provvedimento (ovvero, la bocciatura) si fondasse dichiaratamente sull’analisi del “secondo quadrimestre”, la difesa dell’Amministrazione aveva in realtà affermato una diversa e contrastante ricostruzione dei fatti. Per la prima volta nel corso del giudizio, infatti, emergeva la deduzione che la mancata ammissione all’esame avesse alla base una valutazione operata sull’intero arco scolastico dell’alunna e che le lacune si riferissero, dunque, ad una condizione insanabile su tutto il triennio.
Tra l’altro il provvedimento ben si adatta al caso di specie considerando la circostanza che la media dei voti era prossima alla sufficienza e che, nei fatti, in sole due materie vi fossero insufficienze (di cui una non grave).
Non è mancata la chiara presa di posizione del Supremo Collegio. Vi è una contraddizione insanabile tra quanto affermato nell’atto amministrativo impugnato e le deduzioni difensive prodotte dall’Amministrazione in appello.
Nel caso di specie, dagli atti procedimentali della scuola emergeva la sola considerazione del quadrimestre “incriminato”, mentre ciò che veniva dichiarato (e che non risultava agli atti) concerneva una presunta analisi più ampia, come impone la giurisprudenza maggioritaria in materia.
Quello che viene sancito, oltre all’importanza della pronuncia per la tutela degli interessi dei soggetti coinvolti, è un’applicazione peculiare dei poteri valutativi del giudice. Nella fattispecie è risultato decisivo il comportamento processuale tenuto dalla parte pubblica, difesasi con argomentazioni aggiuntive e contrastanti rispetto al contenuto dell’atto amministrativo emanato.
L’acuta osservazione dell’Ordinanza rielabora in chiave tecnica e garantista i principi di cui all’art. 114 c.p.c., fatti propri dal c.p.a. con l’art. 64, che considera il comportamento processuale un argomento di prova.
L’antitesi tra la posizione della difesa erariale e l’atto amministrativo, in un contesto pubblicistico come quello di specie, che verte in tema di diritti costituzionali e beni della vita, non può che portare alle condivisibili deduzioni dell’Ordinanza del Consiglio di Stato.
Nel processo amministrativo rilevano, dunque, le deduzioni svolte dalla parte pubblica in quanto in contraddizione con le motivazioni del provvedimento amministrativo.
La contraddizione tra la motivazione addotta dalla difesa dell’Amministrazione e quella presente nel provvedimento impugnato impone, come condivisibile, il riesame invocato nel giudizio per il tramite di un’istanza cautelare, nel caso di specie, finalizzata alla rinnovazione del giudizio di ammissione.
In tal modo il pronunciamento pare collocarsi in linea con le ordinanze propulsive tramite le quali il Giudice Amministrativo, in sede collegiale, può sollecitare un’attività della P.A.; e così, con la misura cautelare del riesame, o di remand, non si sospendono semplicemente gli effetti del provvedimento impugnato, ma in modo equilibrato il Giudice di seconde cure in sede collegiale richiede all’Amministrazione di riesaminare la questione e di rideterminarsi.
Il piccolo studente ed i suoi genitori vedranno, grazie al provvedimento in analisi, una riforma del giudizio comminato dalla scuola in senso conforme alle norme di legge.
Vittoria al Consiglio di Stato sulle concessioni di servizi in ambito scolastico.
La procedura pubblica relativa ai servizi bar/ristoro all’interno degli istituti scolastici deve qualificarsi come concessione di servizi. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato (confermando la sentenza emessa dal TAR del Lazio) con l’ordinanza del 6.12.2019.
Il contenzioso ci ha visto protagonisti in difesa di una società attiva nell’ambito food, ristorazione e catering; qualificando la gara quale concessione di servizi, abbiamo richiesto l’applicazione degli obblighi ex art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016 relativamente ai costi per la manodopera ed agli oneri di sicurezza.
La gestione del punto ristoro all’interno degli Istituti, difatti, non può che discendere da un contratto strettamente correlato alle esigenze di continuità della presenza in sede del personale nonché degli utenti del vero e proprio servizio pubblico. Trattasi dunque di un servizio strumentale ed ulteriore rispetto a quello istituzionale ma che nondimeno va a implementarne l’efficienza.
Non può quindi dimenticarsi che l’utilizzo del bene pubblico, identificato nei locali adibiti all’esercizio del servizio bar, è meramente strumentale ed accessorio rispetto all’attività di ristoro effettuata a disposizione della struttura scolastica, e pertanto non in grado di alterare la natura giuridica della concessione presupposta.
In base a tale qualificazione è quindi inevitabile l’applicazione dei limiti e degli obblighi sanciti all’interno del cd. codice dei contratti pubblici, in particolare in riferimento all’inserimento degli oneri di sicurezza e dei costi di manodopera all’interno delle offerte economiche.
È proprio l’art. 164 d.lgs. 50/2016 a disporre che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni relative (tra l’altro) ai criteri di aggiudicazione di cui al citato art. 95 cod. contr. pubbl.
A ciò si aggiunge che, in ottemperanza alla più ampia giurisprudenza in proposito (ex plurimis Ad. Pl., 24 gennaio 2019, n. 3), l’amministrazione non potrebbe neppure procedere all’integrazione della documentazione relativa ai costi suddetti poiché l’articolo 83, comma 9, d.Lgs. 50/2016 espressamente esclude l’utilizzo di tale rimedio per le violazioni relative al contenuto dell’offerta economica.
Il Consiglio di Stato ha condiviso la nostra tesi, rigettando il gravame e marcando così la linea di confine tra concessione di servizi pubblici e concessione di usufrutto di bene demaniale anche in ambito scolastico. L’alto Consesso ha quindi ribadito l’obbligatorietà dell’indicazione dei costi di sicurezza e manodopera la cui omissione comporta l’esclusione dalla procedura pubblica senza possibilità di ricorrere all’istituto del soccorso istruttorio.
IL CONSIGLIO DI STATO SI PRONUNCIA SULLA QUESTIONE DELLA DECADENZA UNIVERSITARIA.
Il Consiglio di Stato si è pronunciato, accogliendo l’azione patrocinata dal nostro studio, sulla questione della decadenza dalla carriera universitaria di una studentessa consentendole la prosecuzione del proprio percorso accademico.
L’Ateneo in questione, in maniera del tutto errata, prevedeva difatti che la studentessa fosse incorsa nella decadenza dalla qualità di studente ai sensi dell’art. 149 del T.U. 1933/1592, dall’anno accademico 2009/10, poiché tra il sostenimento di due esami di profitto intercorrevano più di otto anni.
Tuttavia, con pronuncia del Consiglio di Stato, la studentessa ha visto riconosciuto il diritto alla prosecuzione della propria carriera universitaria. In particolare, il massimo organo della giustizia amministrativa ha fondato le proprie ragioni sulla base del principio del legittimo affidamento in base al quale “ la Pubblica Amministrazione nel rispetto dei principi fondamentali fissati dall’art. 97 della Costituzione, è tenuta ad improntare la sua azione non solo agli specifici principi di legalità, imparzialità e buon andamento, ma anche al principio generale di comportamento secondo buona fede, cui corrisponde l’onere di sopportare le conseguenze sfavorevoli del proprio comportamento che abbia ingenerato nel cittadino incolpevole un legittimo affidamento”.
Nel caso di specie l’Università, dapprima, permetteva alla studentessa di prenotare e sostenere regolarmente gli esami universitari, nonché partecipare attivamente alla proprio corso di laurea e successivamente le comunicava l’intervenuta decadenza, violando di fatto il principio del legittimo affidamento.
Trattasi di una importante pronuncia volta a consentire agli studenti la possibilità di non interrompere il proprio percorso accademico.
Il parere è consultabile al seguente link: https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=consul&nrg=201701067&nomeFile=201801591_27.html&subDir=Provvedimenti
GARANTITO IL DIRITTO ALLO STUDIO AD UN BAMBINO AFFETTO DA AUTISMO GRAZIE ALLA PRONUNCIA DEL CONSIGLIO DI STATO
È di poche ore fa la decisione del Consiglio di Stato che, con un decreto monocratico presidenziale a firma del Dott. Sergio Santoro, in accoglimento del ricorso in appello proposto dall’Avv. Alfonso Amoroso, ha disposto che venga “urgentemente assegnato in deroga, per il massimo delle ore consentite per finalità di sostegno […] un assistente educativo e culturale […] così come richiesto nella esibita certificazione, al fine di garantire all’alunno con disabilità il diritto allo studio e alla partecipazione a tutte le attività scolastiche”.
Il ricorso in parola è stato proposto per l’annullamento degli atti che avevano determinato la diminuzione delle ore di sostegno e di assistenza educativa per un bambino affetto da autismo, pregiudicando gravemente la possibilità per l’alunno di integrarsi nelle attività didattiche e formative.
La pronuncia del Consiglio di Stato è di grande rilevanza in quanto afferma l’importanza del “sostegno” per gli studenti affetti da disabilità, che funge da ponte tra il bambino e la collettività degli studenti.
L’insegnante di sostegno, diversamente dalla curriculare, media i rapporti tra tutte le figure che ruotano intorno all’alunno in una logica di rete (insegnanti di classe, ASL, dirigente scolastico, educatori, genitori, enti locali) al fine di accompagnare il progetto di vita dello studente e facilitare i processi di integrazione e realizzazione di obiettivi mirati.
La programmazione didattica predisposta dall’insegnante di sostegno, dunque, seppur strettamente legata a quella delle singole discipline cui provvede l’insegnante curriculare, è completamente diversa ed ispirata a criteri che esulano dalle sole finalità didattiche e centrata più sulle necessità specifiche dello studente.
In relazione al provvedimento in questione non mancano i commenti delle diverse associazioni del settore tra cui la ONLUS “Le Ali dei Pesci” che accoglie con entusiasmo ed ottimismo la decisione del Consiglio di Stato: “La Giustizia Amministrativa, ed in particolare il Consiglio di Stato, ancora una volta ha dimostrato di essere sensibile alle tematiche sociali più delicate. Siamo contenti che il bambino in questione possa ritrovare il giusto supporto, sia qualitativo che quantitativo, alla propria attività scolastica”.