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Pubblicato in Altri diritti

La motivazione delle sentenze del Giudice Amministrativo

by Alessandra Scafuri on17 Novembre 2014

Roma - La splendida Sala Pompeo di Palazzo Spada è stata teatro di un interessantissimo convegno organizzato dall’Ufficio studi massimario e formazione della Giustizia Amministrativa riguardo alla motivazione delle sentenze del Giudice Amministrativo.

L’argomento si prestava a eclettici interventi non solo da parte degli operatori del diritto, ma anche del Prof. Emerito di Storia della lingua italiana presso l’Università di Roma Tre, Francesco Sabatini, attento osservatore della tecnica redazionale delle sentenze, che ha rimarcato la rilevanza di tale provvedimento, quale testo che opera nella società svolgendo funzioni del linguaggio umano di grande importanza. Le decisioni dei Giudici si pongono come espressione di terzietà della posizione di “indifferenza” assunta dal magistrato rispetto alla controversia. La sentenza, essendo per definizione il provvedimento giurisdizionale a carattere decisorio, non dovrà - stilisticamente parlando- presentare elementi di “inutili complicazioni”, ma dovrà contenere avverbi di giudizio che diano maggior certezza e solennità alla pronuncia.

Nonostante l’eterogeneità del tema, l’accento si è subito posto sulle questioni giuridiche legate alle motivazioni delle sentenze nelle esperienze giuridiche degli Stati membri dell’Unione europea.

Philippe Martin, Président de la section des travaux publics du Conseil d’Etat, ha affermato che i giudici francesi discutono già nel collegio le ragioni delle decisioni, promuovendo in tal modo un doppio confronto, in due momenti processuali differenti; con una ludica espressione il Presidente ha ricordato come, in base ad una visione antropologica, gli italiani siano “barocchi”, rispetto ai francesi “kantiani”, riferendosi all’atteggiamento che concretamente i giudici assumono nei confronti delle parti e all’interno del collegio.

Da tale asserzione possiamo riflettere sul modo in cui il legislatore ha voluto prevedere l’obbligo per i Giudici Amministrativi di motivare con sentenza in forma semplificata le controversie in materia di appalti pubblici, ai sensi dell’art. 40 del D.L. 90/2014 sulla semplificazione e trasparenza amministrativa nonché all'efficienza degli uffici giudiziari, convertito in legge 114 del 2014. Atale tema è stato dedicato l’ampio dibattito previsto in programma, dal quale sono emerse visioni convergenti che auspicano a una maggior chiarezza da parte del Legislatore su una materia così delicata, che deve tener conto dei molteplici interessi coinvolti. Sicuramente se si vuole promuovere la celerità dei processi de quo lo strumento di cui all’articolo 74 del codice del processo amministrativo si rileva di grande utilità, premesso che la caratteristica dello stesso consta nell’immediatezza della decisione, conseguente alla pronta risoluzione e alle altre ipotesi previste dalla norma e non nella cognitio sommaria della controversia.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati” sancisce la nostra Costituzione all’articolo 111 e l’articolo 3 del codice del processo amministrativo prescrive il dovere di motivazione e sinteticità degli atti: l’ordinamento non potrà mai rinunciare all’importante funzione di garanzia svolta dalla motivazione nei confronti delle parti e della collettività. In merito alle conclusioni delle sentenze, oggi si è sviluppata una logica argomentativa delle stesse, il cui fine non è dimostrare ma persuadere circa la ragionevolezza dell’argomentazione giuridica addotta dal magistrato.

L’intervento del Prof. Mattarella ha risposto compiutamente a cinque quesiti. Perché si motiva? In primis per giustificare il proprio potere, affermando la propria autorità nel rispetto della legalità e qualificando il potere esercitato (ciò appare evidente soprattutto nel diritto tributario); si motiva anche per agevolare il c.d. effetto conformativo del giudicato, ma non sempre. Ancora, riguardo alle Corti Supreme, esse motivano per svolgere quella fondamentale funzione nomofilattica per garantire l’unità nell’interpretazione della legge. Ecco che tra le tante ragioni, quella di fondo è dettata dall’esigenza di razionalità cui deve rispondere il testo, ossia mostrare la soggezione del pubblico potere alla logica. La motivazione pertanto diviene proceduralizzazione della razionalità. Per chi si motiva? La motivazione come esigenza sociale: si motiva per le parti alle quali bisogna dar conto di aver preso cognizione degli atti di causa, ma soprattutto per render conto alla propria ragione, ossia il giudice motiva per sé stesso. Da questo quesito in particolare è emerso come la sentenza con la sua motivazione sia l’unico strumento di comunicazione del giudice con la collettività, pur non dovendone rispondere in termini di responsabilità. Non dimentichiamo, infatti, che le sentenze sono pronunciate “Nel nome del popolo italiano” e affinché ciò non sia una mera intestazione la pronuncia giurisdizionale deve rivolgersi ai cittadini in maniera concreta.

Ecco che naturale oggetto della motivazione è una materia semplice, o meglio semplificata da parte del giudice mediante il suo processo di sussunzione. Le sentenze vertono sul fatto e sul diritto di una data controversia, che può essere più o meno complessa. Il Prof. ha operato inoltre un’analisi tra la relazione della legge con la sentenza: né il Legislatore né il Giudice devono giustificare il proprio potere, è ciò rappresenta un paradosso.

Quanto deve essere approfondito il discorso, o meglio quanto deve essere proceduralizzata la razionalità? Se il conflitto tra le due esigenze di sinteticità e della puntuale ricostruzione del percorso logico sussiste per l’autorità amministrativa, esso si ripresenta anche per il Giudice, il quale vedrà dipendere il grado di profondità della motivazione dalla materia o anche dal numero di cause che dovrà decidere. Sicuramente la sentenza, rispetto ad altri provvedimenti, deve ragionare come racconto, esponendo con chiarezza l’iter logico giuridico percorso dal Giudice.

Il Prof. Satta ha poi precisato che i principi di ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza saranno realizzati solo mediante la rigorosa ricostruzione nel processo amministrativo dei fatti, riqualificando la sua concezione classica di processo “di annullamento”.

Nell’esperienza dell’Antitrust presentata dal Presidente Giovanni Pitruzzella emerge il valore della concorrenza e il principio della ragionevole durata del processo, necessità data dai tempi rapidi su cui viaggia l’economia. La celerità nell’emissione della pronuncia non deve collidere con la certezza del diritto. Occorre che il giudice operi una valutazione unitaria e complessiva degli elementi in un testo sintetico, quindi circoscrivendone la lunghezza. Il Presidente ha ammesso che per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato la sinteticità assume un rilievo notevole.

La sentenza rappresenta un momento di ricognizione di tutti i fatti allegati dalle parti, un momento di consapevolezza del Giudice Amministrativo che nella stesura della motivazione prende finalmente atto del proprio lavoro, frutto di ragionamenti ponderati dalle norme dettate dai rappresentanti dei cittadini. 

Ultima modifica il 17 Novembre 2014