Con sentenza del 16 maggio 2022, la sez. V del TAR del Lazio si è pronunciata su un ricorso, patrocinato dallo studio legale Bonetti & Delia, volto all’annullamentodel diniego di ostensione opposto dall’Amministrazione all’istanza di accesso agli atti formulata da un privato ai sensi dell’art. 22 e ss. della L. n. 241 del 1990.
La vicenda traeva origine da un procedimento di restituzione di somme asseritamente percepita a titolo di indebito da parte del cittadino. L’Amministrazione evadeva una prima istanza di accesso agli atti formulata dal cittadino e dall’analisi della documentazione fornita emergeva come l’indagine istruttoria a carico del privato fosse stata avviata dalla P.A. soltanto a seguito di una segnalazione anonima.
Pertanto, il cittadino inoltrava un’ulteriore istanza di accesso agli atti al fine di conoscere tale segnalazione, costituendo la stessa presupposto logico e giuridico della richiesta di restituzione delle somme richieste.
L’Amministrazione non consentiva l’accesso a quanto richiesto, in quanto non riteneva sussistente un interesse diretto, attuale e concreto all’accesso dei documenti, avendo l’interessato, sia con diverse note difensive sia con autonomo ricorso al TAR con cui veniva impugnata la richiesta restitutoria, dimostrato di essere in piena cognizione delle motivazioni sulla base delle quali si procedeva alla revisione delle somme erogate.
Il privato cittadino adiva così il TAR del Lazio, lamentando l’impossibilità di far valere le proprie ragioni in contraddittorio senza la piena conoscenza di tutti gli atti in possesso dell’Amministrazione, con ciò subendo una lesione del proprio diritto di difesa costituzionalmente garantito.
L’Amministrazione, dall’altro lato, insisteva sul difetto di interesse del ricorrente all’accesso poiché la segnalazione anonima si configurava come elemento fattuale esterno al procedimento, risultando del tutto irrilevante conoscerne l’esistenza (Cons. Stato, Sez. III, n. 1717/2021).
Ebbene il TAR del Lazio ha accolto il ricorso patrocinato dallo studio Bonetti & Delia, ordinando l’ostensione della segnalazione anonima.
Nel percorso logico-giuridico operato dal Giudice Amministrativo, si è partiti dal principio, più volte sancito dal Consiglio di Stato, secondo cui la legittimazione all’accesso “ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata, sicché, una volta accertato il collegamento tra l'interesse e il documento, ogni ulteriore indagine sull'utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull'esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili è del tutto ultronea” (Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 2020, n. 1664).
Alla luce di tale principio, il TAR del Lazio riteneva che le finalità difensive addotte dal ricorrente fossero meritevoli di tutela, in quanto la conoscenza del contenuto della segnalazione anonima poteva rivelarsi utile per valutare l’attendibilità e la coerenza di quanto richiesto dall’Amministrazione.
Né d’altronde la pendenza dell’autonomo giudizio, mediante cui il ricorrente impugnava la richiesta restitutoria sempre dinanzi al TAR, poteva essere addotto quale motivo per negare l’accesso. Sul punto, ribadendo quanto sancito dall’Adunanza Plenaria n. 4/2011, il Collegio del TAR del Lazio precisava che“la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990”.
Solamente in particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto, in ragioni dei rapporti con il denunciato, ad azioni discriminatorie o indebite pressioni, il principio di trasparenza deve ritenersi soccombente rispetto a quello alla riservatezza, ipotesi non ravvisabile, secondo il TAR, nel caso di specie.
In conclusione il TAR del Lazio, annullando il diniego all’accesso, si pronunciava conformemente alla giurisprudenza amministrativa che ritiene che“nell’ambito di un procedimento ispettivo, o comunque di controllo, al privato è riconosciuta la titolarità di un interesse qualificato a conoscere i documenti utilizzati per l’iniziativa di vigilanza che lo riguarda, inclusi gli esposti o denunce suscettibili, per la loro valenza probatoria, di concorrere all’accertamento di fatti pregiudizievoli per il denunciato” (ex multis cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 26 maggio 2020. n. 5955; TAR Toscana, Sez. I, 3 luglio 2017, n. 898; TAR. Lombardia, Brescia, Sez. I, 12 luglio 2016, n. 980; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 1 giugno 2011, n. 4989; Cons. Stato, Sez. V, 19 maggio 2009, n. 3081).