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LO STATO ATTUALE DELLE CARCERI ITALIANE: PROBLEMATICHE E POSSIBILI RIMEDI. LA PAROLA AL GIUDICE FRANCESCO CARINGELLA

by Dott.ssa e giornalista Roberta Nardi on12 Ottobre 2015

La situazione delle carceri in Italia non è di sicuro delle migliori, sia per i detenuti sia per coloro che lavorano nell’amministrazione penitenziaria e sono a stretto contatto con loro.

Il personale risulta insufficiente, gli assistenti sociali in organico sono meno di quelli che dovrebbero essere, e lo stesso vale per educatori e psicologi. Anche l’organizzazione ai livelli dirigenziali risulta carente nei numeri, l'organico previsto è inferiore a quello che dovrebbe essere, tra direttori, coordinatori e collaboratori. Quanto poi ai detenuti, non di rado accade che nelle nostre carceri una cella di due metri per quattro sia abitata da sei persone.

Si tratta di una questione di non poca complessità che necessita senza dubbio di riforme strutturali ed incisive. La detenzione e la custodia cautelare in primo luogo, oltre alle difficoltà di reinserimento dei detenuti nella società, con sempre minori risorse rivolte al mantenimento, alla assistenza e alla rieducazione degli stessi rappresentano le principali problematiche con cui ci si trova a dover fare i conti ai giorni nostri.

L’articolo 299 comma 1 del codice di procedura penale recita testualmente: "Le misure coercitive sono immediatamente revocate quando risultino mancanti le condizioni di applicabilità previste dalle singole misure".  Misure, quelle cautelari in carcere, disciplinate dall’articolo 285, comma 1, dello stesso codice. L’articolo parla esplicitamente di "istituto di custodia", una definizione che una lettura costituzionalmente orientata della disposizione impone che "l’istituto di custodia sia conforme alle norme poste a tutela dell’umanità del detenuto".

Più nello specifico, le caratteristiche di un carcere vengono disciplinate dall’articolo 6 della legge del 26 luglio 1975 n. 354, la legge di riforma dell’Ordinamento Penitenziario. L’articolo recita in particolare: "I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura".

Esiste ancora un livello più alto di regole da rispettare, rappresentate dal dettato dell’articolo 27 comma 3 della Costituzione secondo il quale "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Con 64mila detenuti e 47mila posti disponibili negli istituti, l’Italia ha collezionato una serie di condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo negli ultimi anni. L’8 gennaio 2013, ad esempio, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, pronunciandosi sul caso Torreggiani, ha condannato l’Italia ed il suo sistema penitenziario per il trattamento inumano e degradante di sette carcerati detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza. Vivevano in celle in cui avevano a disposizione meno di 3 metri ciascuno come spazio vitale e a ciascuno andrà un risarcimento di 100mila euro per danni morali.

Proprio dalla necessità di restituire alle persone detenute la possibilità di un effettivo esercizio dei diritti fondamentali e di affrontare il fenomeno dell’ormai endemico sovraffollamento carcerario, nel rispetto delle non meno importanti istanze di sicurezza della collettività nasce nel dicembre 2013 il decreto legge "svuotacarceri" a firma dell’allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri.

La sentenza Torreggiani della Corte Europea dei diritti dell’uomo imponeva infatti l’adozione di misure compensative interne per il sovraffollamento e, per tale ragione, il testo del decreto in parola non ometteva la previsione di soluzioni compensative per i detenuti che hanno vissuto in condizioni degradanti e disumane in carcere. Con un successivo intervento (L. 117/2014), il legislatore ha implementato il quadro normativo delineato dalla Legge di conversione del D.L. “svuotacarceri” (L. n. 10 del 2014), prevedendo con maggiore organicità un sistema compensativo diretto a risarcire i detenuti sottoposti a carcerazione in condizioni disumane.

Il Giudice Francesco Caringella, Consigliere di Stato nonché illustre giurista ed esperto della situazione carceraria italiana ha gentilmente accettato di rilasciare qualche breve dichiarazione sull’argomento.

Preg.mo Consigliere, la legge intervenuta nello scorso agosto (l. 117/2014) ha previsto tra le sue disposizioni in risposta alle condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo il c.d. “sistema compensativo”: se la pena è ancora da espiare è previsto un abbuono di un giorno ogni dieci passati in celle sovraffollate. A chi è già fuori andranno invece 8 euro per ogni giornata in cui si è subita la reclusione in condizioni disumane. Lei come valuta questa soluzione?

E’ una situazione critica, visto che il carcere deve tendere alla rieducazione e, quindi, per definizione non può risolversi in trattamenti disumani. Bisognerebbe  ricordare, con Oscar Wilde, che dietro ogni delitto e, quindi, che anche  nel buio freddo di ogni cella  c’è sempre una vicenda umana più importante di quella processuale, un uomo che ha sbagliato e che deve essere aiutato a non ripetere l’errore.

La Corte europea dei diritti umani recentemente ha respinto una serie di ricorsi contro la condizione dei detenuti in Italia dando con ciò un segnale di apprezzamento dei progressi compiuti dall'Italia sul sovraffollamento carcerario. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si è mostrato entusiasta per siffatto pronunciamento della Corte di Strasburgo. Secondo Lei, Ill.mo Consigliere, siamo di fronte ad un'inversione di tendenza che potrebbe impedire in futuro l'apertura di nuovi procedimenti di infrazione?

E’ l’inizio di una strada lunga. Certamente non basta ma, come dice il saggio, senza un primo passo non si arriva da nessuna parte.

Preg.mo Consigliere, quali sono, a Suo avviso, gli interventi da adottare per riformare il sistema carcerario italiano? Quanto siamo ancora lontani dai principi enunciati da Beccaria?

Al di là degli spazi più adeguati c’è bisogno di garantire il lavoro. Un uomo che non lavora non è uomo fino in fondo.

Ringraziamo il Consigliere Francesco Caringella per aver esaudito le nostre curiosità nonché per la sua grande disponibilità.

Ultima modifica il 13 Ottobre 2015