(sia vittima che autrice del reato), in quanto la libertà personale rappresenta un "bene" che può essere sacrificato sempre e solo per ragioni di ordine processuale.
A sostegno di tale tesi, va, ad esempio, sottolineato che l’imputato, qualora venga condannato con sentenza definitiva, non può essere sottoposto, durante la detenzione, a pene che si sostanzino in trattamenti contrati al senso di umanità, in quanto le pene sono finalizzate alla rieducazione del condannato (articolo 27, commi secondo e terzo, della Costituzione della Repubblica Italiana).
Ciò premesso, non risulta, dunque, giammai, semplice bilanciare ed introdurre, all’interno di un ordinamento giuridico come il nostro (fondato sulla concezione dello Stato di Diritto), previsioni legislative di matrice penalistica tese, da un lato, a salvaguardare la vita e la dignità della vittima (anche potenziale) di un reato e, dell’altro, a punire significativamente, ma mai in maniera degradante ed umiliante, il reo.
Questi sono gli "svantaggi" della vigenza di un ordinamento giuridico garantista, mente in un ordinamento giuridico tipico di uno Stato di polizia (o quantomeno basato sulla prevenzione, a spada tratta, dei reati), tali problemi non si pongono mai.
Questo scontro tra le due esigenze di tutela suindicate (parimenti significative) si avverte fortemente nel processo penale che, fondandosi su quanto statuito all’articolo 27, commi secondo e terzo, della Costituzione della Repubblica Italiana (come precedentemente evidenziato) deve concretarsi, nello svolgersi dell’attività giudiziaria, nell’attuazione tangibile di quanto statuito all’articolo 111, commi da n.1 a n.6 della nostra Carta Costituzionale, nonché di quanto previsto all’articolo 6, commi 2 e 3, lett a) e d) e 7 della Legge 4 agosto 1955, n. 848 del 955( "Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952". (GU Serie Generale n.221 del 24-09-1955)),quale meccanismo normativo operante nel nostro ordinamento giuridico in virtù dell’articolo 10, primo comma, della nostra Costituzione.
Ne deriva che, solo la puntuale e precisa attuazione, da parte dei giudici, dei meccanismi legislativi suindicati, si traduce nell’attuazione di un processo penale realmente "equilibrato" con pari garanzia di tutela della libertà sia della parte "potenzialmente" lesa dal reato che di quella autrice del reato, in modo che l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura (art. 104, primo comma, Cost.) siano realmente "mezzi processuali" al servizio di una"giustizia amministrata in nome del popolo" (art. 101, primo comma, Cost.) e non dell’esercizio arbitrario della funzione giurisdizionale.
Analisi dei punti focali del Ddl di Riforma del Processo Penale.
Fermo restando quanto sin qui illustrato e passando ad analizzare i "punti focali" del Ddl di Riforma del Processo Penale, meglio conosciuto come DDL n. 2067 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, va osservato che:
1) Con riferimento alla previsione della estinzione del reato per riparazione (per alcuni reati penalmente perseguibili, previa proposizione della querela di parte (es. la truffa; la diffamazione) risulta quantomeno ardito pensare che essi si possano estinguere, o pagando il risarcimento oppure eliminando le conseguenze dannose del reato.
Tale conclusione legislativa è risultato di un compromesso, peraltro mal riuscito, tra esigenze di prevenzione ed esigenze riparatorie con riferimento al reato commesso in danno alla vittima.
In altri termini:di fronte alla commissione di reati contro la persona, specialmente se molto lesivi della libertà e della "immagine sociale" della vittima, la misura del risarcimento del danno depenalizza paurosamente le fattispecie criminose, trasformandole in contravvenzioni estinguibili, ai sensi dell’art. 162 c.p., con oblazione.
In tale modo viene preclusa la possibilità, in favore della vittima del reato, di costituirsi parte civile, ai sensi degli articoli da 75 a 79 c.p.p. (fermo restando l’operatività dei meccanismi legislativi previsti negli articoli da 80 ad 82 c.p.p.), mandando "in soffitta" la migliore giurisprudenza attestante la validità risarcitoria (in sede processuale) della costituzione di parte civile (si leggano a titolo esemplificativo e non esaustivo: Cass. pen, sez. IV, 28 novembre 2003, n. 45982 (ud. 27 maggio 2003) Casadei [RV226720] e Cass. pen., sez. V, 30 magio 1997, n. 5096 (ud. 20 marzo 1997) Caratelli L.M. [RV208151]).
Tale "facoltà" riconosciuta, in sede processuale, al soggetto leso dal reato non può, dunque, venir così repentinamente cancellata in sede legislativa.
Ne deriva che l’ eventuale eliminazione di un meccanismo processuale-penale, innescatosi, a carico dell’imputato, a mezzo di proposizione della querela da parte della vittima del reato, può e deve avvenire elusivamente attraverso la remissione della querela, ai sensi degli articoli 152 e 153 c.p e 340 c.p.p., ad opera della "persona offesa dal reato" (Cass. V sent. 22495 del 27-5-2016 (ud. 18-11-2015) rv 267199).
Per cui tale previsione va cassata in sede di lavori parlamentari.
2) Con riguardo, invece, all’ipotesi normativa di estinzione del reato per riparazione, da parte del reo, delle conseguenze negative prodottesi in danno alla vittima, a seguito della commissione della fattispecie criminosa, quest’ultima costituisce a ben vedere una previsione superflua in quanto basta ed avanza quanto previsto, come circostanza attenuante, all’articolo 62, punto n. 6, c.p.
Alla stregua di tale motivo anche tale disposizione normativa va cassata in sede di lavori parlamentari, perché in caso contrario, l’operatività della medesima, come disposizione del codice penale "autonoma" rischia di rendere, nei casi normativamente previsti, improcedibile o peggio ancora, inesistente, qualsiasi azione di matrice processuale –penale nei confronti del reo.
3) Non va, invece, avanzata alcuna critica ma solamente elogi per l’eccellente lavoro compiuto in sede di lavori parlamentari, circa la previsione di pene più severe per i reati più gravi come il voto di scambio (politico-mafioso) (da 6 a 12 anni contro gli attuali da 4 a 10), così come per i reati di furto in abitazione, furto con strappo e rapina, considerato che la commissione dei medesimi crea notevole disordine sociale nonché malessere esistenziale alle vittime dei medesimi.
4) Con altrettanta maestria è stata elaborata in Parlamento, la normativa sulla prescrizione, specialmente quella relativa alla prescrizione differita per i reati più gravi contro i minori (stalking, violenza sessuale, prostituzione, pornografia etc.) che decorre dal compimento diciottesimo anno di età da parte della vittima del reato.
Non risulta, tuttavia, meno degna di nota la normativa sulla prescrizione per il reato di corruzione (ed induzione indebita) per cui una volta iniziato il processo, il tempo di prescrizione potrà aumentare della metà (anziché ¼ come oggi).
Tutto quanto sin qui illustrato vale, salvo i casi di assoluzione ai sensi dell’articolo 530 c.p.p., per i reati per cui si procede e la sospensione della prescrizione è operativa anche nel caso di rogatorie all’estero (6 mesi), mentre, in caso di interrogatorio reso alla Polizia Giudiziaria su delega del P.M. e per tutti coloro che hanno commesso il reato, diviene operativa l’interruzione della prescrizione.
In tal modo si è ripristinato lo scopo originario con cui furono ideate le previsioni normative di cui agli articoli 157 e 158 c.p., ossia: dimostrare "l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato , e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza" (Cass. pen., 14 giugno 2016, n. 33609), evitando così che le disposizioni penalistiche suindicate fungano semplicemente da "salvacondotto", tale da consentire al reo, per le lungaggini processuali, di farla franca.
Con riferimento, invece, al cambio di regime di procedibilità per alcuni reati, va osservato che tale legge contiene anche la delega al Governo per la modifica del codice penale, con riferimento ai seguenti istituti:
Regime di procedibilità di alcuni reati che saranno procedibili previa presentazione della querela ad opera dell’offeso per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, eccetto nei seguenti casi:
a) Delitto di violenza privata (art. 610 c.p.) e reati contro il patrimonio;
b) Quando la persona offesa è incapace per età o per infermità;
c) Quando ricorrono particolari circostanze aggravanti.
La delega contenuta in tale disegno di legge concerne, però, anche la riforma delle misure di sicurezza, rivedendo, ad esempio, il principio del cosiddetto "doppio binario" che prevede l’applicazione congiunta di pena e misure di sicurezza e d allo stesso tempo viene richiesta anche di prevedere la destinazione alle "Residenze di Esecuzione delle Misure di Sicurezza" (Rems) delle persone riconosciute inferme al momento della commissione del reato, tenendo conto del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Non va, tuttavia, omesso di evidenziare come sia ben strutturata anche la Riforma del Casellario giudiziale, varata, all’interno di tale legge, sulla scia delle modifiche normative intervenute a livello nazionale ed europeo in materia di protezione dei dati personali.
In altri termini, si intende così perseguire importanti obiettivi, quali: la semplificazione e la riduzione degli adempimenti amministrativi (eliminazione dell’iscrizione al fine di adeguarli allaattuale durata media della vita umana; eliminazione dell’iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto; ridefinizione dei limiti temporali tesi all’eliminazione delle iscrizioni di condanna per fatti di modesta entità).
Sulla validità degli intenti di tali aspetti della Riforma del Processo Penale non c’è da muovere nessuna obiezione, ma solo da auspicare che tali obiettivi possano essere pienamente attuati nel rispetto dei principi di "buon andamento" ed "imparzialità", sanciti all’articolo 97, secondo comma, Cost.
Conclusa la disamina di tutti gli aspetti sin qui illustrati e passando ad esaminare approfonditamente gli aspetti processuali della legge in commento, va osservato che è stato ottimamente svolto il lavoro del Parlamento in riferimento a: 1) l’accertamento della capacità dell’imputato; 2) la disciplina delle indagini preliminari; 3) gli accertamenti tecnici non ripetibili; 4) la disciplina del provvedimento di archiviazione e di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere; 5) i requisiti della sentenza; 6) le modifiche in materia di riti alternativi (giudizio abbreviato; riduzione della pena; sentenza di patteggiamento; correzione di errori materiali e impugnazione (anche se risulta degno di critica il dato di fatto per cui nel ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie il valore di un giorno di pena è ridotto da 250 a 75 € - una riduzione veramente troppo drastica!) e sulla disciplina delle impugnazioni sia in appello che dinanzi alla Corte di Cassazione.
In tutte queste disposizioni si riscontra un buon bilanciamento nell’esercizio del diritto di difesa, sancito all’articolo 24 Cost., tra la parte attrice e quella convenuta.
Una disciplina altrettanto ben congegnata è quella relativa alle mansioni affidate al P.M., che, dovendo esercitare l’azione penale con certosino impegno, si ritrova, naturalmente e con fondati motivi, oberato anche di nove prerogative a difesa del contesto sociale (es. in materia di reati ambientali).
Vanno, invece, analizzate con acuto spirito critico le disposizioni di tale legge relative ai poteri conferiti ai procuratori generali, tra cui quello di avocare a sé i procedimenti se entro tre mesi (prorogabili di altri tre mesi che arrivano a 14 mesi nei casi di reati più gravi come mafia e terrorismo) dalla chiusura delle indagine non viene fatta richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio.
Indubbiamente non è da guardare in maniera totalmente sfavorevole, in termini di efficienza nella repressione del crimine, la figura di un "superprocuratore generale", qualora lo stesso prima come persona e di conseguenza come magistrato si adoperi diligentemente, facendo in modo che tanti processi penali non esistano solo "sulla carta"e siano poi col tempo, gettati, di fatto, nel dimenticatoio.
La preoccupazione di fondo è indubbiamente quella che così si rischi di creare, nei fatti, un centro di potere assoluto, ma tale pericolo può essere fermato sul nascere, facendo in modo che il Parlamento vari un emendamento che prescriva, per casi come questi, l’utilizzo dello strumento processuale della ricusazione, previsto all’articolo 97 c.p.p. da presentarsi, con riguardo alla gerarchia del ruolo ricoperto da tale magistrato e considerata la delicatezza delle funzioni affidategli, direttamente presso la Corte di Cassazione e per conoscenza al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), così che l’accoglimento od il rigetto dell’istanza di ricusazione possa avvenire in maniera concordata, assicurando, però, al magistrato "sotto ricusazione" di poter ricorrere, con ricorso al Presidente della Repubblica in caso di disaccordo tra la Corte di Cassazione ed il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm).
Su questo punto s’invita dunque il Parlamento a lavorarci ancora su per disciplinare tali aspetti secondo i suggerimenti ivi indicati (od almeno tenendo conto dei medesimi).
Passando, infine, all’analisi della disciplina delle intercettazioni, va osservato che la disciplina di base è formulata in maniera ottima (specialmente con riguardo al divieto di registrazioni fraudolente tra privati), in quanto pure nell’esercizio del diritto di difesa vanno utilizzate correttamente, mentre l’utilizzo delle medesime ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca ( da parte dei giornalisti) risulta preoccupante in quanto costoro possono sentirsi autorizzati a trasformarsi in spie.
Per questo motivo la parte relativa a tale inciso andrebbe radicalmente mitigata anzi addirittura cancellata dal Parlamento.
Non meno preoccupante risulta essere l’utilizzo del Trojan nei processi antimafia ed antiterrorismo, pure se inviato da remoto con trasferimento della registrazione solo verso il server della Procura.
Si rischia così di creare dei cyber- processi penali totalmente affidati alla tecnologia informatica, senza nessun valido coinvolgimento, se non marginale, del fattore umano in funzione inquirente (sia come Magistratura che come Polizia Giudiziaria), con grave rischio per la tutela dell’onore ed il decoro del soggetto coinvolto.
La tecnologia informatica deve essere utilizzata, nel corso delle indagini condotte dal P.M. e dalla Polizia Giudiziaria, come supporto e non come unico mezzo di indagine, con accettazione passiva dei risultati ottenuti con l’utilizzo di essa, eludendo approfonditi riscontri sul campo da eseguire "in carne ed ossa".
Conclusioni.
In molti punti il presente Ddl è egregiamente progettato, ma in altri punti necessità una rigorosa quanto tempestiva opera di ampliamento/modifica o di cancellazione/ritorno al passato delle disposizioni varate, come dimostrato nel corso di tale trattazione.
Bibliografia.
Processo Penale
Ddl penale: Ok Camera alla fiducia.
Contrari i penalisti e Anm
Pubblicato 14/6/2017 su Guida al Diritto (http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/)
Penale - Procedura Penale
Codice penale e di procedura penale:la riforma è legge
Legge, approvata in via definitiva il 14/6/2017
Pubblicato il 15/06/2017 (www.altalex.com/documents/leggi/2017/03/15/riforma-codice-penale-e-procedura).
I codici commentati con la giurisprudenza 2012 – Ammesso alla prova scritta per l’esame di avvocato –Piermaria Corso – Codice di Procedura Penale e Processo Penale Minorile – Annotato con le ultime novitàò normative e giurisprudenziali – Trentaduesima Edizione – Celt – CasaEditriceLaTribuna – art. 76 c.p.p. (Cass. pen., sez. IV, 28 novembre 2003, n. 45982 (ud. 27 maggio 2003, Casadei [RV 226720] e Cass. pen., sez. V, 30 maggio 1997, n. 5096 (ud. 20 marzo 1997) Caratelli L.M. [RV208151] pagg. 238 e 239 ).
(Disegno di Legge approvato il 15 marzo 2017 recante "Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario"
testo risultante dall'unificazione dei Disegni di legge n. 2067-1844-2032-176-209-299-381-382-384-385-386-387-389-468-581-597-609-614-700-708-709-1008-1113-1456-1587-1681-1682-1683-1684-1693-1713-1824-1905-1921-1922-2103-2295-2457).