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Locazione: la dubbia validità dei patti non registrati alla luce dell’ordinanza n. 37/2014 della Suprema Corte di Cassazione. Intervista al Prof. Angelo Danilo De Santis

by Dott. Gabriele Adducci on01 Luglio 2014

La terza sezione civile della Cassazione ha mostrato di non condividere più l’orientamento interpretativo secondo cui la mancata registrazione del contratto di locazione non determina la sua nullità ed ha rimesso la questione interpretativa relativa alla sua validità alle Sezioni Unite, ritenendo superata la precedente posizione (sentenza 16089/2003).

Difatti, in base ad un consolidato principio di legittimità avallato dalla sentenza del 2003 la mancata registrazione del contratto di locazione non produce nullità in quanto, nonostante l’indubbio risalto dato dalla l. n. 431 del 1998 al profilo fiscale relativo alla registrazione del contratto di locazione, la stessa non è stata tuttavia  elevata a requisito di validità del contratto, atteso che l’art. 1, c. 4, l. n. 431 del 1998 richiede quale requisito di validità del contratto di locazione solo la forma scritta e non anche la registrazione.

E’ in particolare con l’ordinanza interlocutoria 3 gennaio 2014 n. 37 che la Suprema Corte ha chiesto alle S.U. di pronunciarsi sulla validità della mancata registrazione del contratto di locazione. Nello specifico gli Ermellini hanno ritenuto in questa occasione che in materia di locazione la nullità del patto non registrato non può neppure essere sanata con la registrazione tardiva in quanto “al locatore non è consentito percepire legittimamente un canone maggiore di quello (originariamente) assoggettato ad imposta”.

La vicenda prende spunto dalla stipula di un contratto di locazione di un immobile per un corrispettivo di euro 378,35 al mese e un accordo integrativo che aumentava il canone di complessivi 1700 euro. Il proprietario dell’immobile aveva citato in giudizio il conduttore per ottenere la risoluzione del contratto per morosità poiché il convenuto aveva iniziato a pagare il solo canone base, cioè l’unico regolarmente registrato.

La questione oggetto di contrasto ha riguardato quindi la possibile nullità del patto che prevede un canone superiore a quello previsto nel contratto scritto e registrato. Tale problematica è stata quindi affrontata nuovamente dalla Sezione III della Cass., la quale ha affermato in primo luogo il principio secondo cui i patti che prevedano un canone maggiore rispetto a quello indicato nel contratto, siano nulli ai sensi dell’art. 13, co. I, l. n. 431/1998. La citata norma, infatti, pone il principio della invariabilità del canone fissato nel contratto originariamente stipulato per tutto il tempo della durata del rapporto stabilita dalla legge.

La previsione di immutabilità del canone, a pena di nullità (ai sensi dell’art. 13 co. 1, l. 431/1998) si coordina, rafforzandola, con quella dell’art. 2 co. 1, secondo periodo L. n. 431/1998 il quale disciplina le ipotesi di modifica delle condizioni contrattuali. Secondo lei l’omessa registrazione del contratto di locazione ed il patto aggiunto che prevede un canone maggiore rispetto a quello indicato nel contratto scritto e registrato realizzano entrambe ed allo stesso modo quelle finalità di elusione fiscale al cui contrasto è ispirata la norma fiscale in questione?

Occorre tenere distinti i diversi profili. Con riferimento alla omessa registrazione, l’ordinanza di rimessione alle sezioni unite ritiene di non conformarsi all’orientamento risalente a Cass. 16089/2003, secondo cui «In tema di locazioni abitative, deve escludersi che l’art. 13, 1º comma, l. 431/98 sanzioni con la nullità, in conseguenza della mancata registrazione, la pattuizione di un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, dovendo intendersi riferita tale disposizione (e, conseguentemente, quella di cui al 2º comma dello stesso articolo, che concede al conduttore l’azione di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte) non all’ipotesi della simulazione parziale del contratto di locazione relativa alla misura del canone, bensì al caso in cui nel corso di svolgimento del rapporto venga pattuito un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, che deve restare invariato, a parte l’eventuale aggiornamento Istat, per tutta la durata del rapporto legalmente imposta».

Può essere utile ricordare che, la dichiarazione di incostituzionalità della disposizione di cui al’art. 7 l. 431/1998 (ad opera di Corte cost. 5 ottobre 2001, n. 333), che escludeva l'azione di rilascio in caso di mancata registrazione del contratto, parrebbe armonizzarsi con l’orientamento dal quale l’ordinanza di rimessione mostra di volere discostarsi.

Discorso diverso va fatto per la pattuizione con la quale si prevede un canone superiore rispetto a quello previsto dal contratto registrato; in questo caso il contratto registrato c'é. Possono configurarsi almeno due ipotesi:

1) la pattuizione è contestuale alla stipulazione del contratto di locazione, ed allora potrebbe configuarsi una simulazione, con conseguente nullità dell’accordo simulatorio. Si tratta di capire a quale tipo di nullità si deve fare riferimento (art. 1418, comma 1, 2 o 3, c.c.?). Dire che la causa in concreto è illegittima significa fare riferimento al comma 2; dire che si tratti di contrarietà a norma imperativa significa fare riferimento alla nullità virtuale (comma 1); c'è poi il comma 3, cui si potrebbe (o forse dovrebbe) fare riferimento, dato che la nullità è espressamente prevista dalla legge (e si potrebbe sostenere che se la pattuizione fosse stata già nulla di per sé non si vede per quale ragione il legislatore ha espressamente previsto la nullità);

2) il prezzo viene aumentato in corso di rapporto; se il patto fosse scritto e poi registrato, non vedo perché non debba essere valido (considerarlo nullo sarebbe una limitazione irragionevole dell'autonomia contrattuale); ed infatti mi sembra che l'ordinanza vada in questo senso. In tal caso il nuovo accordo sarebbe valido (meglio, efficace) dal momento della registrazione. Se non fosse registrato, sarebbe nullo (con i problemi qualificatori di cui al punto precedente).

In un precedente arresto la Suprema Corte (Cassazione n. 16089/2003), ha aderito alla tesi secondo cui un contratto di locazione concluso in forma scritta ma non registrato è vincolante per le parti e può esser fatto valere in giudizio; essa ha affermato altresì che l’accordo avente ad oggetto la maggiorazione del canone può riconoscersi come valido ed efficace. Oggi si ritiene che solamente in caso di nuovo accordo, novativo rispetto al precedente contratto scritto e registrato, le parti possono modificare il precedente assetto negoziale con conseguente assoggettamento alla corrispondente imposizione fiscale. A suo dire risulta condivisibile questo nuovo orientamento?

Non si tratta di un nuovo orientamento e sul punto occorre essere molto cauti. L’ordinanza di rimessione segna una possibile soluzione, ma saranno le sezioni unite a dover fornire, con tutta l’autorevolezza di cui sono espressione, l’indicazione finale agli interpreti.

Un’ultima curiosità. Potrebbe spiegarci secondo quali termini la Cassazione con la sentenza del 28 luglio 2013 n. 19802 prevede un’ulteriore possibile ipotesi per le parti in relazione alla determinazione del canone?

Sul punto, è bene ricordare che in materia di contratto di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo, in relazione alla libera determinabilità convenzionale del canone locativo, la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati (del tutto diversi e indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere d'acquisto della moneta), deve ritenersi legittima ex artt. 32 e 79 della legge sull'equo canone, salvo che non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria.

Il limite invalicabile di validità della pattuizione, in questo caso, è costituito dallo scopo (illecito) di perseguire surrettiziamente il risultato della totale neutralizzazione degli affetti della svalutazione monetaria, che la legge vuole a carico dal locatore per almeno il 25%.

Ultima modifica il 07 Maggio 2015