La nota procedura concorsuale indetta da Sapienza per il trasferimento ad anni successivi al primo per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia, a.a. 2022/2023, è stata annullata dal TAR del Lazio con sentenza emessa in data 14.12.2023 su di un ricorso patrocinato dall’Avv. Michele Bonetti.

Nel citato provvedimento si legge: “(…) rispetto alla domanda formulata in ricorso…consegua l’annullamento in parte qua del gravato avviso pubblico (quanto agli evidenziati profili inerenti alla predeterminazione dei criteri di valutazione ad opera della lex specialis della procedura) e, per l’effetto, l’annullamento dei conseguenti atti della procedura valutativa oggetto di impugnazione (in ragione delle ricadute in via derivata dei rilevati profili di illegittimità della lex specialis)”.

Il Collegio, accogliendo le censure avanzate con l’atto introduttivo, dichiara la procedura illegittima in relazione ai criteri di selezione indicati nel bando di concorso poiché assunti in violazione dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria (n. 1 del 2015).

La procedura de quo creava difatti delle postergazioni fra gli studenti che venivano selezionati non sulla base del merito, che postula un’accurata valutazione dei CFU conseguiti e degli esami sostenuti, ma unicamente sulla base dell’Ateneo di provenienza; di fatto, l’immatricolazione era quindi consentita ai soli candidati provenienti da Atenei pubblici a discapito di quanti diversamente provenissero da Atenei privati.

A distanza di più di un anno dall’instaurazione del contenzioso in parola il TAR ha dunque posto fine ad una vicenda che ha tenuto in sospeso centinai di studenti.

Secondo l’Avv. Michele Bonetti, dello Studio legale Bonetti-Delia, “ora per la prima volta deciderà il Consiglio di Stato se confermare la decisione assunta dal Giudice di prime cure; il Consiglio di Stato si è già pronunciato per ben due volte in sede di appello cautelare sui nostri ricorsi accogliendo ex art. 55 co. 10 c.p.a. deducendo: “Ritenuto che la suddetta questione merita l’opportuno approfondimento in sede di decisione di merito, dovendosi rimettere al giudizio del Tar la prudente valutazione circa la compatibilità dei succitati artt. 1, lettera a), e 5 del bando rispetto ai principi di diritto enunciati dalla Plenaria n. 1/2015, applicabile con riferimento ai trasferimenti degli studenti sia da Atenei stranieri, sia da quelli nazionali, profilandosi la possibilità che, sulla base delle previste distinzioni “in ordine di importanza” fondate su categorie di appartenenza fra i candidati, si vengano a creare postergazioni di fatto fra studenti che già hanno frequentato il primo anno di studi, sostenendo i relativi esami di cui chiedono il riconoscimento, malgrado il fatto che la suddetta aspirazione al riconoscimento di carriera parrebbe fondarsi, invece, sulla base di criteri oggettivi, positivamente apprezzabili, quali gli esami sostenuti e i crediti formativi conseguiti, e non più sulle esigenze organizzative e funzionali proprie della programmazione dei posti disponibili per l’accesso al primo anno, le quali, sole, invece, si fondano sui principi dell’effettuazione e superamento del test di ingresso”.

Il principio del c.d. consolidamento viene applicato anche dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato, che giudica sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica e che, sino ad ora, non aveva sempre applicato il suddetto principio ormai da anni affermato dinanzi alle sezioni giurisdizionali.

La determinazione in tal senso emerge dai recentissimi pareri definitivi pubblicati dalla I sezione consultiva del Consiglio di Stato in relazione ai ricorsi per l’ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria, nell’ambito dei quali il Collegio ha affermato la non necessarietà di una decisione di merito della controversia considerando che gli studenti hanno ormai raggiunto l’obiettivo (c.d. bene della vita) a cui aspiravano tramite la proposizione del ricorso.

Nei provvedimenti si legge che il superamento degli esami universitari dimostra il consolidamento del diritto alla frequenza universitaria e “comprova la realizzazione della esigenza formativa cui era preordinata l’iniziativa giudiziale intrapresa e, quindi, il soddisfacimento dell’interesse sostanziale azionato in giudizio, i cui effetti non potrebbero essere posti nel nulla, sul piano ontologico, neppure nel caso di reiezione delle domande azionate”.

Il Consiglio di Stato aggiunge poi che “deve in effetti ritenersi cessata la materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, comma 5, cod. proc. amm., avuto riguardo alla situazione venutasi a creare dopo la sospensiva ottenuta dal ricorrente, con la sua progressione nel corso di studi universitario al quale era stato originariamente ammesso con riserva, in esecuzione di un provvedimento di carattere interinale”.

La I sezione consultiva del Consiglio di Stato ha dato finalmente continuità alla giurisprudenza maggioritaria della sezione giurisdizionale, superando le precedenti incertezze” commenta l’Avv Michele Bonetti dello Studio Legale Bonetti&Delia che ha patrocinato i ricorsi. “Il Collegio ha preso atto della circostanza che i ricorrenti hanno dimostrato nei fatti di poter frequentare i corsi di laurea a numero programmato, da cui erano stati esclusi per non aver superato un test a crocette, con il superamento degli esami del primo anno e con l’iscrizione al secondo anno di corso”.

Tale decisione è conforme anche ai principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2015 la quale ha confermato che lo svolgimento del percorso di studi utile all’ammissione al secondo anno ben può superare l’eventuale carenza di un punteggio utile al test di selezione. La suddetta pronuncia dell’A.P., dunque, non quantifica il numero di esami necessari per l’applicazione del principio del c.d. consolidamento, e tratteggia i contorni per l’applicazione di tale istituto quando lo studente abbia dimostrato il passaggio al secondo anno, anno in cui non è previsto il test. La Plenaria esamina i trasferimenti dall’estero al secondo anno, consentendo il trasferimento senza il test, per l’appunto previsto al primo anno, e la stessa Amministrazione ha recepito tali indicazioni nei bandi dei trasferimenti addirittura consentendoli da facoltà affini e sulla base dei soli crediti formativi universitari e dal secondo anno accademico in poi.

Il Consiglio di Stato ritiene così che, anche con il solo superamento degli esami del primo anno, si dimostri non solo il passaggio all’anno successivo, ma anche l’attitudine allo studio delle discipline oggetto del primo anno di corso.

Il principio dell’assorbimento, dunque, nasce per prendere atto degli effetti del percorso di studi. Superando lo stato di matricola si supera l’effetto stesso delle prove di accesso e, dunque, la posizione deve essere dichirata improcedibile per cessazione della materia del contendere o sopravvenuta carenza di interesse, stante la circostanza che il bene della vita a cui i ricorrenti aspiravano (ovverosia l’immatricolazione al corso di laurea) è ormai soddisfatto.

Voto di maturità rivisto dall’Amministrazione per due studenti: Liceo romano rivaluta in melius il punteggio attribuito all’esame di maturità a due studenti in seguito all’inoltro di un ricorso in via di autotutela.
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Sono centinaia di migliaia gli studenti che annualmente sostengono l’esame di Stato e sovente capita che fra questi, ve ne siano alcuni che lamentano l’erroneità della votazione finale conseguita.

L’Avv. Michele Bonetti, esperto anche del settore scolastico, ha ottenuto la rettifica del punteggio finale conseguito all’esame di Stato da due studentesse di un Liceo classico romano a seguito dell’inoltro ai competenti uffici di un apposito ricorso gerarchico ed in via di autotutela e con il quale si richiedeva che il punteggio fosse ricalcolato sulla base delle censure avanzate.

Nel caso de quo i due studenti lamentavano la mancata e dunque erronea attribuzione dei c.d. “punti bonus” che solitamente sono assegnati dalla commissione esaminatrice alla luce di alcuni parametri e linee guida precedentemente determinati in sede di consiglio di classe; sebbene in detto ambito l’Amministrazione goda di una cospicua discrezionalità occorre sottolineare come, una volta stabiliti i criteri di attribuzione del citato punteggio, questi non possano essere arbitrariamente ed immotivatamente disattesi.

Gli studenti dunque avanzavano inizialmente, per il tramite del nostro studio legale, una istanza di accesso agli atti all’Istituto Scolastico, in modo da poter avere contezza di come la Commissione esaminatrice avesse valutato le prove scritte ed il colloquio orale; dal riscontro pervenuto in merito, si aveva contezza della erronea valutazione perpetrata dai docenti ai danni delle studentesse.

Difatti, ad ambedue gli studenti, non erano stati attributi i richiamati punti bonus sebbene le stesse ne avessero diritto alla luce del raggiungimento degli obiettivi previsti per l’attribuzione degli stessi.

Le instanti procedevano quindi all’inoltro del citato ricorso deducendo l’illegittimità dell’agere dell’Amministrazione.

L’Istituto Scolastico a seguito della ricezione del ricorso gerarchico decideva di procedere alla rettifica del punteggio finale conseguito dalle studentesse, attribuendo alle stesse i c.d. punti bonus che avrebbero dovuto conseguire sin dall’inizio.

La vicenda in parola dimostra come l’azione amministrativa debba, in ogni caso, necessariamente conformarsi ai canoni legislativi nonché ai criteri che, la stessa, autonomamente si impone.

Entrambi gli studenti hanno avuto ed ottenuto in questo modo un punteggio ulteriore all’esame di maturità che porteranno con sé nella loro vita.

Peraltro, la pronuncia amministrativa è particolarmente innovativa in quanto considera che per le motivazioni dedotte nell’istanza i due interessati abbiano rappresentato un interesse concreto ed attuale con tanto di ammissibilità dell’autotutela stessa.

ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE: IL CONSIGLIO DI STATO ACCOGLIE IL NOSTRO APPELLO, ACCOLTO IL RICORSO DI PRIMO GRADO SUI MOTIVI AGGIUNTI, VENGONO ANNULLATI I DUE GIUDIZI DELLA COMMISSIONE
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È di novembre 2023 una lodevole sentenza del Consiglio di Stato che accoglie il ricorso in appello, patrocinato dall’Avv. Michele Bonetti, dello studio Michele Bonetti e Santi Delia, ove si disquisiva del provvedimento di non idoneità per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di II fascia.

Si tratta di un’importante decisione, in quanto il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza di aprile 2022, aveva giudicato il ricorrente, non idoneo ad entrambe le sessioni per cui aveva presentato domanda. 

Le censure avanzate dallo scrivente e dirette a confutare il giudizio di non idoneità alla funzione di professore associato, sono state ritenute fondate. Il Consiglio di Stato concorda sulla laconicità del primo giudizio, fondato esclusivamente sull’allocazione bassa nell’ambito del panorama scientifico mondiale per il settore delle riviste scientifiche su cui sono edite le pubblicazioni presentate. La commissione si riferiva così ad un parametro privo di base normativa, tale da evidenziarne l’illegittimità del giudizio. Anche il secondo giudizio intervenuto nelle more, a seguito di un’ulteriore domanda del ricorrente era stato censurato in primo grado con motivi aggiunti. Per quanto articolato anche tale ulteriore secondo giudizio è stato censurato dal Consiglio di Stato.

Il giudice di seconde cure ritiene che i dati obiettivi esposti dall’appellante contrastino con la valutazione di scarsa qualità espressa dalla commissione nei confronti delle sue pubblicazioni. In ciò si estrinseca l’insufficienza motivazionale e il contrasto tra la valutazione della commissione e la collazione editoriale della rivista che determina profili di eccesso di potere, rilevati sul piano della legittimità amministrativa ex. art 4. D. M.  2016 n. 120. Il Consiglio di Stato censura per l’appunto aprioristiche esclusioni dei lavori del candidato, motivate sul numero di autori e sulla mera collazione del ricorrente in posizione intermedia. Il Consiglio di Stato conclude accogliendo pertanto il ricorso e i motivi aggiunti, riformando la sentenza impugnata e ordinando al Ministero dell’Università e della Ricerca di nominare un nuovo commissario per rivalutare le pubblicazioni scientifiche.

 

Giustificata l’integrale compensazione delle spese di lite, anche in caso di giudizio favorevole per l’Amminsitrazione, se questa non ha collaborato con il cittadino
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Le spese di lite devono essere integralmente compensate quando si dimostra che l’Amministrazione (vittoriosa) non abbia collaborato con il cittadino (soccombente) prima di incardinare il giudizio.

È quanto emerge dalla sentenza del TAR Lombardia n. 2499 pubblicata in data 26 ottobre 2023.

La vicenda riguardava una docente che chiedeva la rettifica delle proprie dichiarazioni rese in sede di compilazione della domanda di partecipazione al concorso. Il bando prevedeva espressamente che tali dichiarazioni potessero essere integrate o rettificate tuttavia, nonostante i plurimi reclami e istanze stragiudiziali presentati dalla docente, l’Amministrazione aveva sempre tenuto un comportamento completamente omissivo al punto da costringere la docente ad incardinare il ricorso.

Il TAR, in prima battuta, aveva respinto il ricorso in fase cautelare condannando la ricorrente a pagare all’Amministrazione la condanna alla spese dell’incidente cautelare, quantificate in € 2.000,00 oltre iva, c.p.a. e spese generali (ovverosia quasi 3000 euro di spese).  Anche il Consiglio di Stato, adito limitatamente al capo delle spese, non aveva ritenuto di riformare l’ordinanza.

In sede di merito, invece, il TAR ha così statuito: “la circostanza che la ricorrente abbia presentato, prima della pubblicazione della graduatoria, un reclamo all’amministrazione, in ordine al contestato difetto di inserimento di titoli nel sistema telematico di gestione della procedura, di cui l’amministrazione non risulta avere tenuto conto, conducono a ritenere sussistenti i presupposti per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite, comprese, quindi, quelle della fase cautelare”.

La ricorrente, dunque, non dovrà farsi carico delle spese processuali.

Riconoscimento titoli spagnoli. Nel procedimento di riconoscimento del titolo estero degli insegnanti deve essere considerata la posizione professionale ricoperta (in Italia) dal docente. La sentenza del TAR Lazio.
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Ancora una sentenza di accoglimento pubblicata dal TAR del Lazio in relazione al riconoscimento dei titoli di abilitazione e specializzazione conseguiti in Spagna.

Il TAR, difatti, continua ad annullare gli atti di diniego al riconoscimento dei titoli di abilitazione conseguiti dagli insegnanti all’estero e ciò in ragione dei principi enunciati dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ma non solo.

Nel caso di specie la docente aveva conseguito il titolo di abilitazione in Spagna ma il Ministero aveva respinto la domanda in quanto la docente non aveva dimostrato il riconoscimento all’estero del titolo di laurea conseguito in Italia.

A seguito di provvedimento cautelare la docente veniva inserita nelle graduatorie per l’insegnamento e otteneva il ruolo in virtù del titolo conseguito all’estero. Oggi, nell’esito del procedimento di merito, il TAR specifica non solo che la documentazione prodotta dalla docente era completa, ma che l’Amministrazione dovrà riconoscere il titolo conformandosi ai principi eurocomunitari di ragionevolezza e proporzionalità nonché a quelli enunziati dalle sentenze dall’Adunanza Plenaria. Nella sentenza si legge altresì che dovrà “tenersi nella dovuta considerazione, nell’attività di cui sopra che l’amministrazione ha l’obbligo di porre in essere, la documentata assunzione in ruolo della ricorrente anche confermata a seguito di superamento dell’anno di prova”.

Il TAR ha accolto la teoria che da anni lo Studio Legale sostiene nei propri ricorsi, ovverosia che nel riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero devono essere considerate tutte le compentenze del docente nel loro insieme e non il solo titolo in discussione” commenta l’Avvocato Michele Bonetti, founder dello Studio Legale Bonetti & Delia. “La sentenza del TAR torna a sottolineare la necessità di una verifica in concreto delle competenze professionali nella loro interezza. Non dovrà essere preso in considerazione il mero titolo, ma anche tutta l’esperienza professionale e culturale dell’insegnante svolta e conseguita in Italia".

 

Bocciatura alla scuola secondaria di primo grado: il TAR annulla il 03 agosto 2023 ordinando il riesame e la scuola rivaluta il 04 agosto ammettendo lo studente alla classe successiva.
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Nel presente link avevamo riportato l’accoglimento del nostro ricorso intervenuto con sentenza semplificata del TAR del Lazio, sempre in data 03 agosto 2023.

A seguito dell’accoglimento ottenuto d’innanzi il Tar del Lazio con pubblicazione in data 03 agosto, lo studio legale notificava il tutto alla scuola prendendo contatti direttamente con la stessa. In data 4 agosto la scuola riapriva lo scrutinio rivalutando anche sulla base delle osservazioni contenute in sentenza la studentessa e ammettendola alla classe successiva.

Sempre in data 04 agosto la scuola notificava alla famiglia ed allo studio legale un provvedimento motivato ove per l’appunto, agendo in ottemperanza alla sentenza, ammetteva alla classe successiva la studentessa.

La vicenda rappresenta l’efficienza della giustizia amministrativa” a parlare è l’Avv. Michele Bonetti, founder dello studio legale Bonetti & Delia “In meno di un mese è stata resa una articolata e puntuale sentenza debitamente eseguita dall’Amministrazione; la celerità della corretta pronuncia del Tar del Lazio potrà consentire alla studentessa anche di recuperare eventuali lacune seguendo dei percorsi individualizzati organizzati dalla scuola”.

ASN: Il TAR accoglie sulla I° fascia, ordina la rivalutazione e condanna alle spese del giudizio l’Amministrazione.
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La questione concerne l’impugnazione dei provvedimenti inerenti una procedura di abilitazione scientifica nazionale definita negativamente per il candidato a seguito di una votazione dei Commissari conclusasi 3 a 2.

Il giudizio collegiale è stato ritenuto dal TAR non sufficiente in quanto frutto di una chiara ripetizione del contenuto dei giudizi individuali di due soli commissari con violazione dell’art. 3 del D.M. 120/2016 e dell’art.8 del D.P.R. 95/2016.

La valutazione dei commissari favorevoli veniva obliterata nella motivazione del giudizio collegiale e a parere della nostra difesa ciò non si conciliava con la natura personale delle singole valutazioni; infatti la discussione collegiale non può mai prescindere dall’apporto individuale di ogni singolo commissario. Veniva così censurato in modo particolareil giudizio individuale dei uno dei tre commissari che aveva fornito il giudizio negativo, mettendo in luce come non venissero considerate diverse pubblicazioni da un lato, e dall’altro come il giudizio fosse particolarmente sintetico.

Gli “appunti” del terzo commissario apparivano particolarmente stereotipati, così come il giudizio generico sulla ripetitività delle riflessioni, delle imprecisioni ecc. In tal modo non è stato possibile ripercorrere gli argomenti logici che avevano portato il commissario “decisivo” a ritenere la non idoneità.

Il ricorrente produceva in giudizio delle perizie che il TAR ha tenuto in debita considerazione anche in virtù mancata contestazione avversaria.

In una articolata, ma ben scritta, sentenza a livello teorico, il collegio del TAR del Lazio ha esaminato tutti i motivi della difesa, non tanto per la singola rilevanza, ma in quanto vi era una complessiva consistenza tra i vari motivi volti a dimostrare la carenza di istruttoria e di motivazione; il tutto motivando anche sulle perizie in atti che valutavano eccellenti i prodotti del ricorrente, pronunciandosi altresì sulla mancata contestazione avversaria.

Interessante e degno di attenzione è il giudizio espresso in sentenza sull’abnorme divergenza di giudizio tra i vari commissari; il TAR sul punto rileva come non si possa far prevalere il giudizio del commissario “decisivo”, in quanto troppo generico.

In questo modo la valutazione negativa “decisiva” è stata poco approfondita; la stessa non era integrabile con i giudizi più critici e con la valutazione complessiva svolta in sede di giudizio collegiale.

Per tali motivi il TAR ha accolto il ricorso del nostro ricorrente, annullando gli atti impugnati ed ordinando all’Amministrazione di rivalutare il candidato con una nuova commissione composta da differenti commissari e condannando alle spese del giudizio la P.A.

Concorso a 200 posti per l’accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia. IlTAR del Lazio accoglie le doglianze, un "cuore" nel compito in determinati casi può non essere un segno di riconoscimento.
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Il TAR Lazio accoglie il ricorso avanzato dal nostro Studio Legale disponendo la correzione della prova scritta di una candidata che era stata esclusa dalla procedura concorsuale a causa dell’apposizione, nella mala copia di uno degli elaborati, di due “cuoricini” valutati dalla Commissione come segni di riconoscimento.

L’On.le Collegio, richiamando la granitica giurisprudenza in materia, afferma che: “(…) al fine di configurare la presenza di un segno grafico in un elaborato come segno di riconoscimento, la particolarità deve assumere “un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta” (cfr. Tar Lazio, III, 3 marzo 2020, n. 2770)”.

La candidata difatti, nel caso di specie, si serviva dell’utilizzo di due “cuoricini” nella redazione della mala copia dell’elaborato al fine di rendere immediatamente riconoscibile, al momento della trascrizione in “bella copia”, la ricostruzione dei passaggi effettuati, nonché l’ordine degli stessi ed evitare inoltre un notevole dispendio di tempo.

Lo Studio Legale ha, sin dall’inizio della vicenda, rappresentato come i simboli utilizzati ed apposti nel compito dalla candidata fossero dei meri rimandi tra le varie correzioni e rielaborazioni del testo iniziale che veniva successivamente trascritto in “bella” secondo l’esatto ordine dato nella “mala copia”.

A tal proposito, il TAR Lazio riporta: “dal raffronto tra la “brutta copia” e la “bella copia” dell’elaborato della ricorrente pare potersi desumere che l’utilizzo dei “cuoricini” da parte della stessa (…) sia stato funzionale alla redazione del testo da parte della ricorrente; l’utilizzo di tale simbolo (…) non pare prima facie potersi qualificare come oggettivamente e incontestabilmente anomalo”.

L’On.le Collegio supporta ed accoglie le doglianze prospettate dalla difesa ritenendo di dover accogliere la domanda cautelare disponendo la correzione, della prova oggetto di contestazione, da parte di una commissione diversa da quella che ha espresso l’esclusione impugnata.

 

Studentessa bocciata in I^ media: il TAR annulla il provvedimento di non ammissione alla classe successiva.
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Il TAR Lazio accoglie il ricorso avanzato dal nostro Studio Legale disponendo l’annullamento del provvedimento che deliberava la non ammissione alla classe successiva di un’alunna di I^ media la cui bocciatura era stata esclusivamente motivata sul non raggiungimento della sufficienza in tutte le materie. In particolare la studentessa aveva una insufficienza grave e 5 insufficienze lievi.

Il Consiglio di classe limitava la propria valutazione ai voti numerici ed ometteva di considerare che durante l’anno scolastico l’alunna aveva migliorato i suoi voti in molte materie, oltre che il suo comportamento nei confronti dei compagni e degli insegnanti.

Il TAR del Lazio, richiamando la giurisprudenza di secondo grado, ha ritenuto che “la non ammissione alla classe successiva nella scuola media inferiore deve essere considerata un’eccezione, dato che anche quando si registri un’insufficiente acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline la non ammissione non è automatica ma “può” essere deliberata con adeguata motivazione”.

Con parole forti ma giuste l’On.le Collegio di primo grado ha poi proseguito affermando che “in via di sintesi, avendo il legislatore sostanzialmente elevato a regola la promozione per “le alunne e gli alunni della scuola secondaria di primo grado”, la non ammissione alla classe successiva, anche a fronte di un quadro sull’andamento scolastico critico (…) deve essere assistito da una più pregnante motivazione, che non si limiti semplicemente a trarre le conclusioni e a dare contezza della “parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline”, dato che (…) quest’ultima ne costituisce un presupposto, ma non può essere la ragione determinante a fondamento della delibera di non ammissione alla classe successiva”.

Nel caso di specie, si è omesso dunque di formulare, in maniera espressa ed intellegibile, il giudizio prognostico sulla sussistenza o meno di concrete possibilità per il minore di recuperare il deficit di apprendimento riscontrato, colmandolo eventualmente nel corso del successivo anno scolastico.

Il giudizio, quindi, va svolto avendo riguardo al grado di insufficienza del deficit stesso, ritraibile dai voti assegnati al minore nelle singole discipline, alla sua complessiva entità e incidenza, al miglioramento che l’alunna ha fatto registrare tra il primo e il secondo quadrimestre (l’alunna appariva infatti aver migliorato i voti in 7 materie, recuperando 2 insufficienze gravi e 3 insufficienze lievi), oltre ad un adeguato apprezzamento della situazione di partenza da cui muoveva ad inizio anno (definita globalmente lacunosa).

Nell’ambito di tale giudizio prognostico, che si fonda anche sull’apprezzamento dei progressi registrati nell’anno, rilevano altresì le possibilità di recupero concretamente offerte all’alunno, sia tramite l’attivazione di percorsi specifici, sia tramite la possibilità di verifiche periodiche.

La difesa ha messo in luce come in una materia emergesse un’insufficienza sulla base di sole tre prove svolte, peraltro, tra fine febbraio e fine marzo senza che intervenissero successivamente ulteriori verifiche.

Nel riportare il difetto motivazionale e la violazione delle stesse circolari ministeriali, il Collegio ha correttamente rilevato come il giudizio di non amissione alla classe successiva non debba essere considerato quale provvedimento afflittivo o sanzionatorio, rappresentando piuttosto un atto con finalità educative e formative, che si sostanzia nell’accertamento della necessità di rafforzare le proprie competenze ed abilità per affrontare “senza sofferenza e maggiori possibilità di piena maturazione culturale l’ulteriore corso degli studi” (cfr. Cons. Stato, n. 9413 del 2010). Tale giudizio, che costituisce espressione di un giudizio di discrezionalità tecnica che spetta al solo Consiglio di classe, diviene tuttavia censurabile in sede di legittimità dal Giudice Amministrativo nei limiti del difetto di motivazione, della carenza di istruttoria e dell’illogicità manifesta.

Il TAR del Lazio conclude accogliendo sul difetto di motivazione ed annullando il provvedimento di non ammissione per non aver offerto sufficiente evidenza delle ragioni poste a sostegno della indispensabilità della reiterazione dell’esperienza formativa nella classe prima, allo scopo di promuovere e consolidare gli apprendimenti ancora insufficienti. Mancava infatti quella valutazione complessiva dell’andamento scolastico dell’allieva che, anche tenuto conto della condotta mostrata, dei progressi registrati e delle azioni di recupero poste in essere, sulla base di una corretta interpretazione delle norme, deve caratterizzare la scuola dell’obbligo e concretizzarsi in un esame predittivo e ragionato delle possibilità di recupero dell’alunna in u più ampio periodo.

Non si può non concludere senza apprezzare, anche nel caso di specie, l’efficienza e l’efficacia della giustizia amministrativa ed in modo particolare della Sezione III bis. Difatti, il Collegio laziale in sede feriale, con Presidente Dott. Emiliano Raganella ed estensore Dott. Ciro Daniele Piro, ha introitato la causa per la decisione redigendo e pubblicando immediatamente sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a. stilando un preciso ed articolato provvedimento giudiziario oculato.