Trasferimenti ad anni successivi al primo - Bando anni successivi al primo, corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria – a.a. 2018/2019 - pubblicato dalla Sapienza Università di Roma
Pubblicato in La voce del diritto

Con sentenza il Consiglio di Stato accoglie definendo il ricorso per il trasferimento ad anni successivi al primo presso l’Università Sapienza di Roma.

Il ricorrente proveniva dall’Università Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana, emanazione di atenei nazionali, e per rientrare in Italia partecipava al bando per anni successivi al primo.

L’ateneo romano escludeva l’equivalenza del test per l’accesso superato in Albania con quello svolto in base all’ordinamento nazionale.

Sebbene il Consiglio di Stato asserisca nel provvedimento che non può trovare applicazione l’art. 4, co. 2 bis, D.L. 2005 n. 115, convertito poi con L. 2005 n. 168, evidenzia come nel caso di specie si tratti di un trasferimento da ateneo estero che era stato precluso sulla base della non equivalenza fra il test sostenuto per accedere all’ateneo albanese collegato all’Università di Roma “Torvergata” e ad altri atenei italiani e quello previsto dalla disciplina nazionale.

In tal modo per il Consiglio di Stato si è espressa una preferenza nei confronti di trasferimenti all’interno del territorio nazionale.

Il ricorrente ha dimostrato durante il giudizio, per il tramite di una brillantissima carriera universitaria e mediante plurimi crediti formativi conseguiti e con l’interesse sostanziale azionato, di possedere doti attitudinali e capacità tecniche.

L’Amministrazione non ha manifestato poi alcun interesse all’invalidazione del percorso universitario.

Oltretutto si dimostrava, come sottolineato al Consiglio di Stato, la presenza di posti vacanti presso l’ateneo appellato con conseguente assenza di posizioni di controinteresse.

Il ricorrente pertanto proseguirà la sua brillantissima carriera presso l’Università  Sapienza di Roma.

Ingresso al corso di Studi in Medicina e Chirurgia. Il TAR ordina all’Amministrazione di inserire il ricorrente in graduatoria.
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Attraverso una domanda di urgenza, il nostro Studio Legale è riuscito a ottenere una pronuncia favorevole da parte dei Giudice della Terza Sezione del TAR del Lazio, volta al reinserimento nella graduatoria nazionale di Medicina e Chirurgia di uno studente figurante come “rinunciatario”, in quanto sostanzialmente decaduto dalla graduatoria.

La questione è nata quando il giovane ricorrente non riusciva ad effettuare tutte le procedure burocratiche necessarie ai fini dell’immatricolazione nell’arco temporale di 4 giorni a causa di una condizione medica che proprio in quella settimana lo costringeva ad essere sottoposto a delicate cure familiari.

Per tale ragione, una volta accortosi che il sistema informatico aveva rubricato la sua posizione quale rinunciatario, attraverso un meccanismo automatico che, quindi, gli impediva di immatricolarsi, si rivolgeva al nostro Studio Legale per la cura dei propri interessi.

Il Collegio, nel valutare la questione ha ritenuto determinante la condizione dello studente che, a causa della propria condizione medica, era impossibilitato a svolgere le operazioni burocratiche necessarie ai fini dell’immatricolazione. A tal proposito il Giudice ha rilevato che la predetta condizione medica costituisse un impedimento oggettivo tale da poter giustificare il ritardo nella procedura di immatricolazione.

In sostanza, grazie a tale impedimento oggettivo comprovato dalla documentazione depositata in atti, è stato possibile evitare gli effetti dirimenti della rinuncia, intervenuta per un automatico meccanismo del sistema informatico.

Commenta l’Avvocato Michele Bonetti, founder dello Studio Legale Bonetti & Delia: “trattasi di una pronuncia molto importante perché il Giudice ha ritenuto dirimente la presenza di un concreto impedimento oggettivo che non ha consentito al ricorrente di espletare nel lasso temporale concessogli, le operazioni necessarie per il perfezionamento dell’immatricolazione presso l’Ateneo indicato. Tale pronuncia testimonia una apertura giurisprudenziale su un terreno particolarmente complesso. Altro aspetto interessante evidenziato dal Collegio è la differenza tra gli incombenti richiesti per la mera conferma di interesse e l’immatricolazione. Nonostante la diversità con la conferma di interesse, e la relativa decadenza in caso di omissione, non può non ribadirsi l’apertura del TAR su questi aspetti formali da cui scaturiscono dei veri e propri mutamenti e cambiamenti di vita dei giovani e delle loro famiglie, incidenti, anche, sui diritti costituzionali”.

Anche alla luce della più recente giurisprudenza – sempre negativa sul punto in primo grado – il reinserimento in graduatoria del ricorrente è motivo di grande orgoglio e soddisfazione, e testimonia l’impegno profuso dal nostro Studio nell’analisi della controversia.

In allegato si rimette l’ordinanza favorevole.

ACCOLTO IL RICORSO GERARCHICO SULLA QUESTIONE DELLA DECADENZA DAGLI STUDI UNIVERSITARI
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Decadenza universitaria: L’ ateneo in via di autotutela, riammette al corso di laurea lo studente inizialmente dichiarato decaduto.
Con provvedimento in via di autotutela, il Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia ha accolto il nostro ricorso gerarchico, con contestuale richiesta di autotutela, accogliendo le tesi in materia di decadenza confermate dalla giurisprudenza amministrativa relativa a contenziosi da noi patrocinati clicca qui
Nella vicenda in esame l’Ateneo, esaminata l’istanza, ha infatti emesso provvedimento amministrativo di rettifica, consentendo ad uno studente ingiustamente dichiarato decaduto per inattività, di proseguire il percorso di studi.
Evidente come la decisione dell’Ateneo abbia consentito di evitare un inutile contenzioso, dall’esito certamente positivo per lo studente, evitando peraltro i tempi lunghi di un procedimento giudiziario.
La Pubblica Amministrazione dunque è ritornata su una decisione già presa per rimuovere gli effetti del provvedimento originario, con efficacia retroattiva, risolvendo conflitti, attuali o potenziali, senza l'intervento di un giudice.
Nello specifico, l’Ateneo in maniera del tutto illegittima aveva ritenuto che lo studente fosse incorso nella decadenza dalla qualità di studente ai sensi dell’art. 32 del regolamento didattico “che prevede che lo studente, decade qualora non superi alcun esame di profitto per cinque anni accademici consecutivi”.
Tuttavia, contrariamente da quanto asserito nel proprio regolamento di Ateneo, l’art. 149 del T.U. 1933/1592, prevede la decadenza dalla qualità di studente nel caso di soggetti che non abbiano sostenuto esami per otto anni consecutivi, e non cinque come previsto erroneamente dall’Ateneo in questione.
L’Ateneo ha, pertanto, riattivato la carriera universitaria in Medicina e Chirurgia del ricorrente.
Trattasi dell’ennesima pronuncia favorevole che, tuttavia, è avvenuta in via di autotutela e con tempi sicuramente più brevi, rispetto a quelli dettati dinanzi al Giudice Amministrativo.

La procedura per ottenere l’abilitazione a Professore Universitario di nuovo al vaglio del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
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Trattiamo, in questa sede, di una procedura concorsuale che è stata al centro di una profonda innovazione negli ultimi anni ma, non per questo, risulta essere esente da critiche e vizi di forma.

Ad essere analizzata è un’ultima sentenza pubblicata dal T.A.R. del Lazio, ove l’intervento dei Giudici veniva invocato a seguito di un giudizio negativo sulla domanda di abilitazione a professore ordinario di un noto e stimato docente e ricercatore nel panorama italiano.

Il contenzioso, instaurato con il patrocinio dello Studio Legale Bonetti & Delia con ricorso giurisdizionale dinanzi al predetto Tribunale romano, vedeva contestati i giudizi resi da una Commissione di cinque membri designati dal Ministero dell’Istruzione, incaricati della valutazione delle domande sottoposte da diversi candidati.

IL T.A.R. LAZIO SI PRONUNCIA SULLA QUESTIONE DELLA DECADENZA UNIVERSITARIA.
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Il T.A.R. Lazio  si è pronunciato, accogliendo l’azione patrocinata dal nostro studio, sulla questione della decadenza dalla carriera universitaria di uno studente consentendogli la prosecuzione del proprio percorso accademico.

L’Ateneo in questione, in maniera del tutto errata, prevedeva difatti che lo studente fosse incorso nella  decadenza  dalla qualità di studente ai sensi dell’art. 149 del T.U. 1933/1592, dall’anno accademico 2014/15, poiché  tra il sostenimento di due esami di profitto intercorrevano più di otto  anni.

Tuttavia, con pronuncia del T.A.R. Lazio, il ricorrente  ha visto riconosciuto il diritto alla prosecuzione della propria carriera universitaria.

Nel caso di specie l’Università, dapprima,  permetteva allo studente di prenotare e sostenere  regolarmente gli esami universitari, nonché partecipare attivamente al proprio corso di laurea e successivamente gli comunicava l’intervenuta decadenza, violando di fatto il principio del legittimo affidamento.

Trattasi di una importante pronuncia volta a consentire agli studenti la possibilità di non interrompere il proprio percorso accademico.

 

IL CONSIGLIO DI STATO SI PRONUNCIA SULLA QUESTIONE DELLA DECADENZA UNIVERSITARIA.
Pubblicato in Istruzione

Il Consiglio di Stato si è pronunciato, accogliendo l’azione patrocinata dal nostro studio, sulla questione della decadenza dalla carriera universitaria di una studentessa consentendole la prosecuzione del proprio percorso accademico.

L’Ateneo in questione, in maniera del tutto errata, prevedeva difatti che la studentessa fosse incorsa nella  decadenza  dalla qualità di studente ai sensi dell’art. 149 del T.U. 1933/1592, dall’anno accademico 2009/10, poiché  tra il sostenimento di due esami di profitto intercorrevano più di otto  anni.

Tuttavia, con pronuncia del Consiglio di Stato, la studentessa ha visto riconosciuto il diritto alla prosecuzione della propria carriera universitaria. In particolare, il massimo organo della giustizia amministrativa ha fondato le proprie ragioni sulla base del principio del legittimo affidamento in base al quale “ la  Pubblica Amministrazione nel rispetto dei principi fondamentali fissati dall’art. 97 della Costituzione, è tenuta ad improntare la sua azione non solo agli specifici principi di legalità, imparzialità e buon andamento, ma anche al principio generale di comportamento secondo buona fede, cui corrisponde l’onere di sopportare le conseguenze sfavorevoli del proprio comportamento che abbia ingenerato nel cittadino incolpevole un legittimo affidamento”.

Nel caso di specie l’Università, dapprima,  permetteva alla studentessa di prenotare e sostenere  regolarmente gli esami universitari, nonché partecipare attivamente alla proprio corso di laurea e successivamente le comunicava l’intervenuta decadenza, violando di fatto il principio del legittimo affidamento.

Trattasi di una importante pronuncia volta a consentire agli studenti la possibilità di non interrompere il proprio percorso accademico.

Il parere è consultabile al seguente link: https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=consul&nrg=201701067&nomeFile=201801591_27.html&subDir=Provvedimenti

RIFLESSIONI SULLA DECADENZA DALLA CARRIERA UNIVERSITARIA
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È circostanza comune a molti studenti intraprendere un percorso universitario che, per diversi motivi protraggono i loro studi per un periodo superiore a otto anni. L’art. 149 del R.D. n. 1592 del 1933 prevede la decadenza della qualità di studente. A tal proposito la normativa in parola così recita: “coloro i quali abbiano compiuto l’intero corso degli studi universitari senza conseguire la laurea o il diploma, o che, per qualsiasi motivo abbiano interrotto gli studi stessi, qualora intendano esercitare i diritti derivanti dalla iscrizione, sono tenuti a chiedere ogni anno all’Università la ricognizione della loro qualità di studenti e a pagare la speciale tassa di cui alla tabella (…).

Coloro i quali, pure avendo adempiuto a tale obbligo, non sostengono esami per otto anni consecutivi, debbono rinnovare l’iscrizione ai corsi e ripetere le prove già superate.”Trattasi della c.d. decadenza per inattività dalla carriera universitaria. 

Orbene,  se da un lato il dato testuale della disposizione succitata  risulta essere rigido senza lasciare nessun tipo di interpretazione, dall’altro la semplice prenotazione di esami o addirttura l’esito negativo di una prova, la partecipazione a seminari, implicano una attività da parte dello studente che, andrebbe ad  interrompere i termini decadenziali.  Pertanto, per far sì che lo studente decada dalla propria qualità di studente si deve far riferimento ad una completa inattività  che si sostanzia in una assenza totale dalla vita universitaria per più di otto anni.

A supporto di quanto appena rappresentato, merita di essere sottolineato come la giurisprudenza amministrativa abbia ormai da tempo e in maniera pressocché unanime, avallato il principio secondo cui: “perché si verifichi la decadenza dalla qualità di studente universitario, ai sensi dell'art. 149 del t.u. approvato con r.d. 31 agosto 1933 n. 1592, è necessario il decorso di otto anni, da intendersi come anni accademici e non solari - trattandosi del computo obiettivo di un'attività di studio che si svolge nell'ambito di un Istituto Universitario - senza che l'interessato abbia sostenuto, anche con esito negativo, una prova d'esame del corrispondente piano di studi.(T.A.R. Lazio Sez. III, 31/10/2002, n. 9333).

Pertanto, se come asserito poc’anzi la ratio della normativa in parola è quella di “sanzionare” l’inattività dello studente, non potrà subire tale declaratoria colui che, seppur non sia riuscito a sostenere esami con esito positivo, abbia comunque partecipato alla vita universitaria.

Non v’è alcun dubbio che al fine di dare effettiva prova della “non inattività” dello studente al fine di comminare la sanzione della decadenza, debba essere accertata la mancanza di esami sostenuti e non superati e la partecipazione alle attività accademiche (frequenza di corsi, seminari, prove preselettive, ecc.), che sarebbero idonee ad interrompere il decorso dei termini dell’istituto in esame.

La norma de qua, come chiarito in precedenza, è volta a sanzionare la condizione di inattività di chi ometta di sostenere esami per più di otto anni consecutivi, non certo la condotta di chi, pur partecipando alla attività didattiche e sostenendo esami, non riesca a superarli con profitto.

Per questo motivo lo studio legale Bonetti & Partners da tempo assiste gli studenti che incorrono nella perdita illegittima della qualità di studenti a seguito di una valutazione di inattività comminata dall’Università di appartenenza.

CEPUS DEI. IL DECLINO DELLA CLASSE MEDICA: IL LIBRO INCHIESTA
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A chi giova il numero chiuso? Se lo chiedono gli autori del libro Cepus Dei che descrivono un tentativo di colpo di Stato nel campo dell’Istruzione pubblica e della Sanità 

MIUR, Università e Cineca: il nuovo modello dell'in house providing passa dai rapporti tra questi 3 soggetti
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1. Significative novità su aspetti essenziali delle caratteristiche del modello in house giungono, da ultimo, dal dato positivo dell’Unione. 

L’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei docenti universitari nella legge Gelmini
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L’art. 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 s.m.i. è intervenuto anche sulla materia disciplinare, dettando una nuova procedura per l’irrogazione delle relative sanzioni[1].