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RIFLESSIONI SULLA DECADENZA DALLA CARRIERA UNIVERSITARIA

È circostanza comune a molti studenti intraprendere un percorso universitario che, per diversi motivi protraggono i loro studi per un periodo superiore a otto anni. L’art. 149 del R.D. n. 1592 del 1933 prevede la decadenza della qualità di studente. A tal proposito la normativa in parola così recita: “coloro i quali abbiano compiuto l’intero corso degli studi universitari senza conseguire la laurea o il diploma, o che, per qualsiasi motivo abbiano interrotto gli studi stessi, qualora intendano esercitare i diritti derivanti dalla iscrizione, sono tenuti a chiedere ogni anno all’Università la ricognizione della loro qualità di studenti e a pagare la speciale tassa di cui alla tabella (…).

Coloro i quali, pure avendo adempiuto a tale obbligo, non sostengono esami per otto anni consecutivi, debbono rinnovare l’iscrizione ai corsi e ripetere le prove già superate.”Trattasi della c.d. decadenza per inattività dalla carriera universitaria. 

Orbene,  se da un lato il dato testuale della disposizione succitata  risulta essere rigido senza lasciare nessun tipo di interpretazione, dall’altro la semplice prenotazione di esami o addirttura l’esito negativo di una prova, la partecipazione a seminari, implicano una attività da parte dello studente che, andrebbe ad  interrompere i termini decadenziali.  Pertanto, per far sì che lo studente decada dalla propria qualità di studente si deve far riferimento ad una completa inattività  che si sostanzia in una assenza totale dalla vita universitaria per più di otto anni.

A supporto di quanto appena rappresentato, merita di essere sottolineato come la giurisprudenza amministrativa abbia ormai da tempo e in maniera pressocché unanime, avallato il principio secondo cui: “perché si verifichi la decadenza dalla qualità di studente universitario, ai sensi dell'art. 149 del t.u. approvato con r.d. 31 agosto 1933 n. 1592, è necessario il decorso di otto anni, da intendersi come anni accademici e non solari - trattandosi del computo obiettivo di un'attività di studio che si svolge nell'ambito di un Istituto Universitario - senza che l'interessato abbia sostenuto, anche con esito negativo, una prova d'esame del corrispondente piano di studi.(T.A.R. Lazio Sez. III, 31/10/2002, n. 9333).

Pertanto, se come asserito poc’anzi la ratio della normativa in parola è quella di “sanzionare” l’inattività dello studente, non potrà subire tale declaratoria colui che, seppur non sia riuscito a sostenere esami con esito positivo, abbia comunque partecipato alla vita universitaria.

Non v’è alcun dubbio che al fine di dare effettiva prova della “non inattività” dello studente al fine di comminare la sanzione della decadenza, debba essere accertata la mancanza di esami sostenuti e non superati e la partecipazione alle attività accademiche (frequenza di corsi, seminari, prove preselettive, ecc.), che sarebbero idonee ad interrompere il decorso dei termini dell’istituto in esame.

La norma de qua, come chiarito in precedenza, è volta a sanzionare la condizione di inattività di chi ometta di sostenere esami per più di otto anni consecutivi, non certo la condotta di chi, pur partecipando alla attività didattiche e sostenendo esami, non riesca a superarli con profitto.

Per questo motivo lo studio legale Bonetti & Partners da tempo assiste gli studenti che incorrono nella perdita illegittima della qualità di studenti a seguito di una valutazione di inattività comminata dall’Università di appartenenza.

Ultima modifica il 23 Luglio 2018