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Disposizioni per la razionalizzazione delle competenze in materia di demolizione dei manufatti abusivi – il ddl Falanga.

by Avv. Maria Cristina Palumbo on08 Maggio 2014

Con il titolo definitivo di “Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi”, è stato recentemente approvato in Senato il cd. “Disegno di Legge Falanga” con 189 si, 61 no e 7 astenuti. Con successivo Atto C 1994 del 27 Gennaio il Testo licenziato dal Senato è stato poi trasmesso alla Camera dei Deputati dove sta per essere discusso.

 

Il d.d.l. nasce dall’iniziativa dei Senatori Falanga, Aiello, Barani, Caliendo (relatore) ed altri e, come si legge testualmente nella Relazione al Senato, prende le mosse dalla “condizione, oggettivamente molto grave, in cui versa la regione Campania dove, da un lato la stratificazione nel tempo di interventi edilizi abusivi e, dall’altro, la mancata applicazione degli ultimi condoni edilizi per effetto di due leggi regionali (….) ha determinato una situazione palesemente ingestibile, nella quale sono stati pronunciati ormai 70.000 ordini di demolizione e vi è un numero triplo di procedimenti avviati”.

Il testo iniziale del disegno di legge in esame proponeva sostanzialmente la modifica dell’art. 31, comma 9, del D.P.R. 380/01.

Tale disposizione attualmente prevede che per le opere abusive individuate dall’art. 31 del medesimo D.P.R. il Giudice con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44 ordini la loro demolizione “se ancora non sia stata altrimenti eseguita”. Mediante questa previsione è stato introdotto nell’impianto normativo del D.P.R. 380/01 il cd. “meccanismo del doppio binario” nel contrasto all’abusivismo edilizio. In virtù di tale sistema è stata prevista per la fase esecutiva delle demolizioni sia la competenza delle autorità amministrative (Comuni, Regioni e, da ultimo ai sensi del modificato art. 41 D.P.R., Prefetture) che quella dell’autorità giudiziaria, la quale scatta però solo in presenza della condanna del Giudice penale per i reati previsti dall’art. 44 del medesimo D.P.R.

La formulazione inizialmente proposta dal testo del d.d.l. Falanga prevedeva il superamento di questo “doppio binario” attraverso la concentrazione delle competenze in materia di demolizioni in capo al Prefetto. Il testo inizialmente predisposto prevedeva infatti che il Giudice con la sentenza di condanna ai sensi dell’art. 44 dello stesso T.U. avrebbe dovuto disporne “la trasmissione di una copia al Prefetto del luogo dove sorgeva il manufatto, affinché questi provveda ex art 41 alla demolizione dell’opera abusiva, qualora non fosse già stata altrimenti eseguita, assicurando l’ordine pubblico”.

Nel caso in cui il Giudice avesse già pronunciato l’ordine di demolizione e fossero già state attivate a cura del P.M. competente le procedure dirette ad eseguirlo, il Giudice stesso avrebbe dovuto invece disporre “la trasmissione, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, degli atti relativi alle suddette procedure al prefetto del luogo in cui è stato realizzato l’immobile”.

In tal modo si intendeva attribuire al Prefetto la valutazione in merito ai criteri da seguire per dare esecuzione ai provvedimenti, dei quali, in ogni caso, era garantita una pronta o comunque celere comunicazione.

Nel corso del dibattito in Commissione Giustizia, a cui il provvedimento era stato assegnato, erano emerse differenti valutazioni in merito all’idoneità dello strumento predisposto dal disegno di legge e si era paventato il timore che la concentrazione di competenze in materia di demolizioni in mano al Prefetto, in assenza di un adeguato meccanismo di controllo della discrezionalità riconosciutagli nella fissazione dell’ordine di priorità nell’esecuzione delle stesse, rischiava di essere interpretata come una sorta di condono implicito per tutte quelle opere che erano già state oggetto di condanna penale e che attendevano la loro esecuzione.

Stante la difficoltà di trovare un adeguato punto d’incontro sulla questione si è deciso di convergere verso un altro tipo di intervento che, lasciando intatto il sistema del doppio binario, ha portato alla previsione di una serie di criteri di priorità da seguire nelle procedure di demolizione delle opere abusive sulla scorta della prassi adottata da alcune procure della Repubblica dei distretti di Napoli e Salerno e di Santa Maria Capua Vetere.

Nel testo predisposto dalla Commissione, pertanto, l’art. 1 ha previsto l’inserimento, dopo l’art. 44 del T.U. D.P.R. 380/01, dell’art. 44 bis il quale prescrive una serie di criteri di priorità per l’esecuzione delle procedure di demolizione che sono vincolanti per il P.M. nell’esecuzione della sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 41 D.P.R. 380/01. Si tratta di criteri calibrati su parametri di varia natura e che vanno, a mero titolo esemplificativo, dall’individuazione del grado di pericolosità della struttura abusiva [lett. a) co. 1 art. 44 bis] alla valutazione di alternative disponibili in capo ai soggetti proprietari dell’immobile da demolire [lett. m)]. 

La norma prevede poi che in caso di pluralità di procedure aventi ad oggetto una medesima categoria di immobili, la priorità deve essere valutata tenendo conto della gravità della pena inflitta con la sentenza di condanna e della data di accertamento del reato.

Il comma 3 nel testo licenziato dal Senato prevede infine la possibilità di derogare all’ordine di priorità indicato dal comma 1 prescrivendo che “Il P.M. può derogare all’ordine dei criteri indicati al comma 1, ad eccezione di quelli di cui alle lettere i), l) e m), con riferimento al singolo caso e motivandone specificamente le ragioni”.

Secondo il d.d.l. nel testo attuale, pertanto, in caso di pluralità di demolizioni si dovrà procedere secondo le seguenti priorità: a) gli immobili che costituiscono pericolo già accertato per la pubblica o privata incolumità, anche nel caso in cui l’immobile sia abitato o utilizzato; b) quelli in costruzione o comunque non ultimati; c) quelli anche abusivamente occupati, utilizzati per lo svolgimento di attività criminali; d) quelli nella disponibilità di soggetti condannati per reati mafiosi o colpiti da misure irrevocabili di prevenzione, anche se nella disponibilità di componenti della famiglia, purché non confiscati; e) immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o archeologico; f) immobili di complessi o villaggi turistici o comunque oggetto di lottizzazione abusiva; g) seconde case o case vacanza; h) immobili adibiti ad attività produttive industriali o commerciali; i) immobili abitati la cui titolarità sia in capo a soggetti appartenenti ad altri nuclei familiari che dispongano di altra soluzione abitativa; l) altri immobili non compresi nelle precedenti categorie, ad eccezione di quelli di cui alla lettera m); m) immobili abitati, la cui titolarità sia riconducibile a soggetti che non dispongono di altre soluzioni abitative, con contestuale comunicazione alle competenti amministrazioni comunali, in caso si tratti di soggetti indigenti.

Anche con il testo così modificato il disegno di legge è stato fortemente criticato da più parti, specialmente da movimenti e rappresentanze politiche di matrice ambientalista, le quali hanno visto comunque adombrato un tentativo di condono implicito che, di fatto, potrebbe materializzarsi proprio a causa di quegli stessi vincoli prioritari di natura burocratica previsti nel testo licenziato dal Senato, i quali potrebbero verosimilmente dare vita ad un numero crescente di ricorsi al Tar con le relative richieste di sospensiva.

Un rischio quest’ultimo che potrebbe avere caratteri esponenziali se si pensa che in realtà il d.d.l., come già ricordato, prende le mosse dalla necessità di far fronte ad un arretrato di demolizioni edilizie registrato in un’unica regione, la Campania, e che, di fatto, andando a modificare il T.U. sull’edilizia, si trova a dover fare i conti con la realtà dell’intero Paese.

Osservazioni e critiche a cui lo stesso proponente ha ribattuto sostenendo come l’ordine di priorità previsto dall’art. 44 bis si sia reso necessario in ragione dell’esiguità delle risorse a disposizione per abbattere in tempi stretti tutti gli immobili abusivi. Non si tratterebbe, pertanto, ad avviso dei proponenti, di un condono mascherato poiché altrimenti si registrerebbero diversi presupposti: il condono regolarizza l’immobile sotto il profilo amministrativo, mentre, invece, in questo caso saremmo in presenza di una “questione di giustizia” con la previsione di un ordine di priorità funzionale ad eliminare con assoluta precedenza i danni più rilevanti per l’ambiente e per la comunità.

Ultima modifica il 10 Maggio 2014