Pubblicato in Altri diritti

La mediazione familiare come strumento di risoluzione delle liti genitoriali internazionali

by Avv. Maria Elena Casarano on17 Maggio 2015

Ove sussistano le condizioni normative del consenso dei genitori e della valutazione del giudice circa la opportunità, nell’esclusivo interesse dei figli, che la controversia sia risolta al di fuori delle aule di giustizia, la mediazione familiare

può rappresentare un opportuno strumento  finalizzato a contribuire al raggiungimento di soluzioni reciprocamente accettabili nei casi di sottrazione internazionale di minori.

Con ordinanza del 5 marzo 2015, il Tribunale per i Minorenni di Bologna si pronuncia sul delicato tema della sottrazione internazionale di minori.

Il caso di specie riguarda la richiesta di un padre rivolta alla competente autorità statunitense (ai sensi della Convenzione dell’Aja ratificata con L. 64/1994 sia dagli Stati Uniti, sia dall’Italia) al fine di ottenere il rimpatrio dei due figli minori situati in Italia con la madre. A tale istanza seguiva  la trasmissione degli atti al Dipartimento Giustizia Minorile italiano, e di seguito, al predetto Tribunale per i Minorenni affinché si pronunciasse in merito alla istanza dell’uomo, considerata la prospettazione da parte di quest’ultimo di una “illecita sottrazione dei minori in violazione delle sue prerogative genitoriali”.

L’ordinanza  in esame evidenzia la primaria necessità  che il giudice adito svolga, in presenza di una simile fattispecie, una approfondita indagine in merito alle modalità attraverso le quali dare concretezza al superiore interesse della prole,anche effettuando un giudizio prognostico circa i possibili sviluppi dei rapporti tra i genitori. Tale analisi, sottolinea il giudice minorile, non deve basarsi nel modo più assoluto su misure stereotipate (cfr. Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013, Pres. Jočienė - Affaire Lombardo c/ Italia), ma va effettuata caso per caso, tenendo in debita considerazione oltre che il quadro normativo, anche la condizione personale dei  genitori, lo stato del minore, l’evolversi della specifica situazione.

Ove, poi, nel caso concreto, emerga la disponibilità dei genitori alla ricerca di un accordo, si impongono, al Tribunale, tutti gli sforzi necessari per far sì che si possa giungere a una risoluzione bonaria della controversia.

Se, infatti, dinanzi all’accertamento della sussistenza della sottrazione internazionale, una  pronuncia giudiziale comporterebbe l’ordine di ricondurre immediatamente i minori nello Stato di residenza abituale (sempre che ciò appaia conforme al loro interesse) e, di contro, una pronuncia che accerti la insussistenza di detta  sottrazione condurrebbe a un non luogo a provvedere, tuttavia,  entrambi i provvedimenti lascerebbero comunque insoluti i conflitti tra i genitori, destinati a ripercuotersi in modo inevitabile sui figli.  

In altre parole, la decisione  del tribunale, pur definendo giuridicamente  la lite tra le parti, non metterebbe fine allo scontro; per quanto rispettosa, infatti, della normativa vigente,  essa  rischierebbe, in un caso come questo, di violare uno dei principi cardine dell’ordinamento: quello  del perseguimento, in primis, del superiore interesse del minore, il quale non deve più considerarsi, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti, bensì soggetto titolare di diritti (Cass. pen., sez. VI, 17 dicembre 2009, n. 48272).

In un tale peculiare contesto, la mediazione familiare può porsi quale strumento alternativo di risoluzione delle controversie attraverso una rivisitazione del conflitto che viene letto come risorsa; essa, infatti  - si legge nel provvedimento de quo - non  si propone di offrire un risarcimento del danno o di ripristinare la realtà antecedente allo scontro fra i genitori, bensì di sciogliere le trame della lite in modo da restituire ai minori un ristoro a lungo termine, liberandoli dalla tensione causata dal conflitto riguardante le loro collocazione geografica.

Se, infatti, la legge non prevede,  in modo espresso, l’istituto della mediazione dei conflitti in applicazione a fattispecie di sottrazione internazionale di minori, ciò non toglie che, a livello europeo, essa rappresenti un istituto sperimentato anche per il caso di liti genitoriali internazionali: basti pensare alla figura del mediatore del Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori, il cui compito è quello di contribuire al raggiungimento di soluzioni reciprocamente accettabili nell’interesse superiore del bambino.  Nei casi di sottrazione internazionale, tra l’altro, la scelta dello strumento della mediazione familiare è divenuta proposta anche nelle conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma (2009) e nel Piano d’azione per l’attuazione del programma di Stoccolma della Commissione (2010).

Naturalmente, l’esito del confronto tra le parti  (in alcun modo predeterminabile) non dovrà condurre necessariamente alla riconciliazione della coppia, ma dovrà tendere a rimettere in discussione tutti gli interessi in gioco per giungere, però, all’unica conclusione della più adeguata e più efficace tutela per i figli. Non è detto, infatti, che debba esserci una inevitabile coincidenza tra la riconciliazione dei genitori e le scelte maggiormente in grado di tutelare i minori.

Sarà quindi compito dei genitori, sempre che sia stata espressa  (e che permanga) una disponibilità in tal senso al magistrato (e che non dovrà essere in alcun modo forzata o indotta), mettere in campo tutte le risorse di cui sono dotati per raggiungere l’obiettivo di identificare ed elaborare la soluzione più vantaggiosa non per le parti in causa bensì per i minori.

Nel perseguimento del comune  obiettivo  di definizione di un accordo condiviso, la coppia sarà  costantemente accompagnata dal mediatore familiare che ha il compito di favorire il mantenimento della responsabilità genitoriale e di prevenire conflitti futuri, destinati a ripercussioni dolorose sui figli.

I principi cardine dell’ordinanza appaiono espressi in modo eloquente in questi passaggi:  “La costruzione dei diritti dell’infanzia passa necessariamente attraverso il cambiamento dell’adulto e la sua volontà di riconoscere l’identità di un minore, anche al fine di rispondere ai suoi bisogni primari di protezione ed educazione; pertanto, il giudice minorile deve farsi garante della“realizzazione di un diritto che ormai non è più sui minori, ma per i minori, utilizzando allo scopo tutti gli istituti giuridici ritenuti significativi per il raggiungimento di questo obiettivo”. 

Ultima modifica il 17 Maggio 2015