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STEPCHILD-ADOPTION: IL TRIBUNALE DI ROMA APRE LE PORTE ALL’ADOZIONE A FAVORE DELLE COPPIE OMOSESSUALI EX ART. 44 L. 184/83

by Dott.ssa Rossella Staine on10 Settembre 2014

Ha fatto molto scalpore in questi giorni la decisione del Tribunale dei Minorenni di Roma che il 29 agosto scorso ha riconosciuto l’adozione a favore della partner della madre naturale di una minore di 5 anni. Le due donne, sposatesi all’estero ed intenzionate ad intraprendere un progetto di genitorialità condivisa, hanno concepito la bambina tramite procreazione assistita eterologa in Spagna concordando, sulla scorta di un criterio anagrafico, che la madre biologica fosse la più giovane tra le due.

La compagna, dopo essersi rivolta all’Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e minori, ha presentato domanda di adozione della minore ex art 44, lettera d) legge 184/1983, riguardante l’adozione  “in casi speciali”. Tale tipologia di adozione non va confusa con quella comunemente intesa ex art 6 L. 184/1983 concernente l’adozione dei minori in stato di abbandonoche, ex art. 8 L. 184/83, si verifica quando gli stessi si trovino “privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”. L’art. 6 prosegue prevendendo che tale adozione sia consentita “ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni” e, poiché nel nostro ordinamento non è previsto e regolamentato il matrimonio tra coppie omosessuali, ne consegue che alle stesse non sia consentito adottare.

L’adozionein casi particolari ex art. 44 comma 1 L. 184/83 prevede invece, con presupposti meno stringenti, che i minori che non si trovino in stato di abbandono possano essere adottati “a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre; b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge; c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre; d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.” In tali casi, esclusa la lettera b), l’adozione sarà consentita ,oltre che ai coniugi, “anche a chi non è coniugatoex art 44 comma 3. La ratio legis è quella di tutelare e salvaguardare il particolare legame affettivo creatosi tra il minore e chi se ne prende cura, e, pertanto, tale tipologia di adozione è consentita ex lege sia a persone singole che a “coppie conviventi”.

Il Tribunale di Roma, interpretando la lettera d) dell’articolo in questione, ha riconosciuto alla compagna della madre biologica il diritto di adottare la minore, seguendo una serie di interessanti argomentazioni. In primo luogo, la decisione ha tenuto conto dell’interesse primario della bambina, la quale ha il diritto di crescere con chi, assieme alla madre biologica, ne ha seguito con cura ogni fase della propria vita, indipendentemente dall’orientamento sessuale della stessa.

In secondo luogo, sarebbe discriminatorio interpretare restrittivamente l’art. 44 L. 184/83 e prevedere che le “coppie conviventi” cui è testualmente consentito adottare nei casi speciali debbano necessariamente essere eterosessuali. Nulla osta, quindi, ad una interpretazione estensiva della norna tale da ricomprendervi anche le coppie omosessuali. L’orientamento sessuale o l’uguaglianza dei sessi non sono, secondo la pronuncia, “circostanze astrattamente contrarie all’interesse del minore”.  I giudici citano a tal proposito la sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010, nella quale l’unione tra omosessuali viene definita come “formazione sociale da tutelare ex art. 2 e 3 Cost”., della quale va ottenuto il riconoscimento giuridico “con i connessi diritti e doveri [..] nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge”. Una eventuale discriminazione entrerebbe in contrasto, tra l’altro, con gli articoli 14 e 8 della Cedu.

L’interpretazione data dai Giudici romani all’art. 44 L. 184/83 apre così le porte anche in Italia alla c.d. “Stepchild-adoption” (letteralmente adozione del figliastro, anche detta Stepparent adoption, da noi tradotta come “adozione cogenitoriale”), che generalmente si riferisce alla procedura agevolata per l’adozione dei figli naturali o adottivi del proprio partner, siano le coppie eterosessuali o omosessuali.

La Stepchild-adoption, di creazione anglosassone, è utilizzata in paesi come la Germania, la Finlandia e la Groenlandia che, sebbene non consentano l’adozione vera e propria da parte di coppie dello stesso sesso, permettono alle coppie omosessuali registrate di adottare i figli naturali o adottivi del partner.  In altri paesi europei come il Regno Unito, la Francia, la Spagna, la Norvegia la Svezia, la Danimarca, l’Islanda, i Paesi Bassi ed il Belgio l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso è invece legalmente riconosciuta, ma è altresì prevista la Stepchild-adoption nei casi in cui il genitore biologico o adottivo sia uno solo dei due partner.

Sulla Stepchild-adoption è intervenuta di recente la Corte europea dei diritti dell’uomo accogliendo, (il 19 febbraio 2013 nel caso X e altri contro Austria), il ricorso di una donna austriaca in una coppia omosessuale che, secondo le leggi nazionali, non aveva il diritto di adottare il figlio della convivente, essendo ciò consentito alle sole coppie eterosessuali. La Corte, nel riconoscere alla donna il diritto ad adottare il bambino, ha affermato che una tale negazione costituisce “discriminazione per orientamento sessuale e violazione del diritto al rispetto della vita familiare”.

Precedentemente la Corte Europea dei diritti umani aveva risolto positivamente un’analoga questione nel caso E.B. contro Francia, 22 gennaio 2008, ricorso n. 43546, affermando che l’orientamento sessuale non può essere la ragione per respingere la domanda di adozione da parte del convivente omosessuale del genitore biologico, essendo centrale e predominante l’interesse del bambino.

In America la Stepchild-adoption è consentita negli USA (dove può adottare persino il single omosessuale) nonché in Argentina, in Brasile, nel Mexico ed in Uruguay. Tale forma di adozione trova inoltre fondamento nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 e nel Regolamento CE n. 2201/2003.

La pronuncia del Tribunale di Roma appare quindi perfettamente in linea con quanto riconosciuto dalle legislazioni europee ed internazionali. I giudici hanno statuito senza mezzi termini che “l’omogenitorialità è una genitorialità diversa, ma parimenti sana e meritevole di essere riconosciuta in quanto tale”. Poiché l’adozione “in casi particolari” è consentita a coppie eterosessuali non sposate ed ai single, sarebbe lesivo della sfera giuridica delle coppie omosessuali non riconoscere anche ad esse tale diritto alla luce del disposto dell’art. 44 L.183/84. Il Collegio afferma testualmente che la minore è “nata e cresciuta con la ricorrente e la sua compagna, madre biologica, instaurando con loro un legame inscindibile che, a prescindere da qualsiasi classificazione giuridica, nulla ha di diverso rispetto a un vero e proprio vincolo genitoriale”.

Nelle argomentazioni della sentenza i Giudici proseguono precisando come nel caso de quo non si sia trattato di riconoscere un diritto ex novo o di creare una situazione inesistente, ma di tutelare la minorenne e il suo sviluppo psico-fisico legittimando una situazione di fatto già consolidatasi (presupposto della Stepchild-adoption). La decisione è epocale e senza precedenti in Italia. Paradossale è il fatto che la legge 184/83 sia in vigore nel nostro ordinamento da trentuno anni, ma per la prima volta ne è stata data attuazione in tutta la sua portata applicativa. L’Italia difetta di una legislazione in cui venga puntualmente disciplinato il regime delle adozioni per le coppie omosessuali e perciò in questi anni è stato compito della magistratura accertarsi, partendo dai singoli casi concreti, se l’omosessualità potesse o meno essere di ostacolo alla crescita e al benessere dei minori e quindi all’applicazione dell’art 44 L. 184/83. Orientandosi sulla base dei principi costituzionali e convenzionali (europei e internazionali) poc’anzi descritti, una volta appurato che lo stesso sesso dei genitori non sia lesivo del benessere psico-fisico del minore, i giudici romani hanno finalmente dato alla norma in esame la dovuta interpretazione. Ovviamente, parimenti che per le coppie eterosessuali, ogni qual volta il giudice si troverà di fronte ad una ipotesi di Stepchild-adoption dovrà accertarsi, come prima cosa, se concretamente sussista un pregresso e solido rapporto tra il minore e chi ne chiede l’adozione.

Ciò che appare lampante in questa vicenda è come ancora una volta la magistratura abbia fatto il passo più lungo della legislazione: la Stepchild-adoption per le coppie omosessuali è prevista all’interno di un progetto di legge sulle unioni civili che giace inerte sul tavolo da mesi senza che ci si decida ad approvarlo. L’art. 230-septies del suddetto progetto di legge dovrebbe recitare così : “In caso di unione civile la parte contraente è considerata genitore del figlio dell’altra parte fin dal momento del concepimento in costanza di unione civile, anche quando il concepimento avviene mediante il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita. La parte dell’unione civile può adottare il figlio minore anche adottivo dell’altra parte dell’unione. A tali casi si applicano le disposizioni di cui al Titolo IV, della legge 4 maggio 1983, n. 184, relative all’adozione da parte del coniuge dei minori figli anche adottivi dell’altro coniuge”.

Il testo non include un diritto pieno all’adozione, così come i giudici, nel loro lavoro di interpretazione della L. 184/83, non possono certo spingersi sino a legittimarla anche in capo alle coppie omosessuali. Bisognerebbe dapprima consentire alle stesse il diritto di poter contrarre matrimonio e, solo in un secondo momento, ne discenderebbe il conseguente diritto all’adozione piena.

Ma nonostante la strada verso il riconoscimento di tali diritti sia ancora lunga e impervia, un grande passo è stato compiuto grazie alla interpretazione costituzionalmente orientata che il Tribunale romano ha dato della legge sull’adozione: da adesso in poi (almeno per quanto concerne l’adozione di bambini già nati o adottati, ma è un ottimo punto di partenza per rivisitare in senso lato pregiudizi e preconcetti) l’omogenitorialità non è più aprioristicamente considerata un ostacolo al benessere e allo sviluppo psico-fisico del minore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ultima modifica il 10 Settembre 2014