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ESAME PER L’ABILITAZIONE ALLA PROFESSIONE DI AVVOCATO: LA NECESSARIETA’ DELLA MOTIVAZIONE PER LE VALUTAZIONI VICINE ALLA SUFFICIENZA

Probabilmente in molti, nel corso degli anni, non avendo visto il proprio nome tra i soggetti ammessi alla prova orale ed incuriositi dagli errori che gli sono costati un anno di attesa, hanno provveduto a presentare all’Amministrazione competente un accesso agli atti al fine di esaminare la propria prova. Tuttavia, spesso dette prove, nonostante non siano state valutate con votazione sufficiente, ma comunque vicina al voto di 90 richiesto per l’accesso alla prova orale, non presentano alcuna motivazione o comunque correzioni che possano giustificare il mancato raggiungimento del punteggio richiesto, situazione che fa sorgere spontanei diversi interrogativi: perché non ho superato la prova? cos’ho sbagliato?

 Ebbene la succitata sentenza è stata emanata in conseguenze di un ricorso presentato da un’aspirante avvocato, il quale avendo sostenuto l’esame nel 2011 non superava la prova scritta; effettuato l’accesso agli e ottenuta la prova il ricorrente verificava di aver ottenuto un punteggio di 84 (28 parere di diritto civile, 28 parere di diritto penale, 28 prova pratica di diritto penale), non riscontrava alcuna motivazione circa il mancato raggiungimento del punteggio di 90, situazione resa ancor più grava dal fatto che i diversi compiti non presentavano alcun segno di correzione; proprio in conseguenza di dette condizioni l’aspirante avvocato decideva di proporre ricorso presso il TAR Lazio chiedendo l’annullamento previa sospensione dell’esecuzione del verbale n. 11 della Commissione esaminatrice degli Esami di Avvocato Sessione 2011 in conseguenza di un palese difetto di motivazione.
In conseguenza della proposizione di detto ricorso, i Giudici Amministrativi contravvenivano ad un orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa secondo il quale “il voto numerico attribuito dalla Commissione esaminatrice esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della Commissione medesima, contenendo in sé la sua motivazione senza bisogno di ulteriori spiegazione e chiarimenti; il giudizio della Commissione esaminatrice ha infatti ad oggetto il valore complessivo dell’elaborato e quindi la mancanza di annotazioni, sottolineature o altri segni grafici a margine non può costituire in sé sintomo di omessa valutazione, anche perché nessuna norma impone alla Commissione di apporre annotazioni o segni di correzione sugli elaborati”. Gli stessi Giudici del TAR Lazio specificano nella sent. n. 7289/2013 che il semplice voto numerico è sufficiente solo ove siano stati fissati dei criteri cui la Commissione esaminatrice deve attenersi nella fase di correzione degli elaborati; ed invero gli stessi Giudici Amministrativi specificano che in tali casi, ovvero ove siano stati fissati dei criteri di correzione delle prove, quale potere discrezionale delle Commissioni, l’operato di queste non può essere mai sindacato dal Giudice Amministrativo.
A detto orientamento il TAR Lazio con la succitata sentenza pone, tuttavia, delle limitazione e cioè nel caso in cui le decisioni delle Commissioni “si manifestino illogiche, irragionevoli ed irrazionali, il sindacato del Giudice amministrativo si estende al giudizio espresso dalla Commissione”. Con riferimento al ricorso presentato presso il Tribunale Amministrativo di Roma, il Collegio giudicante rilevava l’illegittimità dell’operato della Commissione, la quale aveva proceduto alla valutazione degli elaborati del candidato senza la precisa determinazione delle modalità di attribuzione del punteggio, contrariamente a quanto disposto nel verbale della Commissione Centrale istituita presso il Ministero della Giustizia per l’esame di Avvocato sessione 2011 del 5.12.2011, che ciascuna Commissione esaminatrice era tenuta a recepire. Proprio in considerazione del Verbale della Commissione Centrale, il TAR Lazio specifica nella sent. n. 7289/2013 che tutte le Sottocommissioni “(…) avrebbero dovuto esplicitare le modalità con le quali hanno proceduto a valutare gli elaborati e, quindi, ad integrare il voto assegnato ai candidati con espressioni o manifestazioni idonei a rendere percepibile il significato”, specificando, inoltre, che “proprio l’attribuzione di un punteggio ai limiti della sufficienza imponeva alla Commissione di esternare la pur minima giustificazione in merito al complessivo voto attribuito”.
Per tutto ciò il TAR Lazio con la sentenza n. 7289/2013 ha offerto un importante orientamento con riferimento proprio ai punteggi vicini alla sufficienza, determinando l’obbligo per le Commissioni esaminatrici di fornire giustificazioni in merito al punteggio complessivo attribuito.
Il Tribunale Amministrativo ha, in conseguenza dell’accertato vizio, disposto una nuova correzione di tutte e tre le prove svolte dal ricorrente, da parte di una nuova Commissione che dovrà costituirsi ad hoc, con le opportune garanzie dell’anonimato.

Ultima modifica il 03 Marzo 2014